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martedì 23 ottobre 2012

Gli eroi non si piangono, si imitano

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«Noi non siamo qui per piangere». Così esordisce il cappellano che officia la funzione in ricordo dei caduti di El Alamein. Poi, però, si mette a piangere lui, dopo aver steso sull’altare il fazzoletto del battaglione San Marco e annunciato che non può andare oltre senza rivolgere un pensiero ai due ragazzi tenuti in ostaggio in India, che lui conosce personalmente e per cui chiede una preghiera. Per le loro famiglie e le famiglie dei due pescatori uccisi, aggiunge. Guarda intorno, ai nomi che coprono i lati interni dell’ossario e continua: «Guardiamo a questi nostri amici fraterni e proviamo ad ascoltarli. Essi sono presenti anche se spariti, essi parlano anche se morti, perché tutta la loro vita si è eternizzata dal momento che hanno voluto e saputo fare della loro esistenza un dono per gli altri, un dono per noi figli di oggi della stessa Patria che essi ci hanno consegnato e a caro prezzo. Ascoltiamoli, e ci sentiremo dire che essi hanno sempre creduto nella giustizia, nella verità, nella fiducia, fino a dare la vita. Questi non sono uomini qualunque. Uomini che avevano sognato di scendere dal cielo, gloriosamente vi salirono. Churchill disse: “Dobbiamo inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore”. Eccoci, allora, qui, anche noi, inchinati. Ci inchiniamo devotamente e con tutto l’affetto di cui siamo capaci davanti a quella che è stata definita “la legione di anime a presidio del deserto”, per affermare che noi – e tutto il nostro popolo – siamo ancora orgogliosi di loro, capiamo il loro sacrificio, li ringraziamo per esso, li ricordiamo e li amiamo con lo stesso amore con cui dei bravi figli amano i genitori». Io, purtroppo, credo che non sia vero. Credo che da El Alamein non si possa tornare con orgoglio, ma semmai con imbarazzo. Questi italiani che “amano e imitano” non li vedo. Vedo giornalisti che mentono, magistrati che dissacrano la giustizia, politici che tradiscono la fiducia e soprattutto milioni di persone che corrono dietro a chiunque gli prometta qualcosa, pronti a sostenere ogni vincitore e fare chiasso sotto la ghigliottina che decapita il potente al quale fino a ieri si inchinavano. Certo, smettere di credere è il più grande tradimento nei confronti di chi è morto perché credeva. Quindi non ci è concesso. Ma non essendo abbastanza presuntuoso e ipocrita da pensare che riuscirò più a imitarli, io, intanto, i miei eroi li piango.

Fra sabbie non più deserte sono qui di presidio per l’eternità i ragazzi della Folgore, fior fiore di un popolo e di un esercito in armi. Caduti per un’idea, senza rimpianti, onorati dal ricordo dello stesso nemico essi additano agli italiani nella buona e nell’avversa fortuna il cammino dell’onore e della gloria. Viandante arrestati e riverisci. Dio degli eserciti accogli gli spiriti di questi ragazzi in quell’angolo di cielo che riserbi ai martiri e agli eroi”.


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