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giovedì 26 gennaio 2012

Il teppista–30anni maledetti a Milano

Oggi 26 gennaio alle 19 alla Ritter, in via Maiocchi, 28

APERITIVO con Nino Ciccarelli.

Nino, storico leader della Curva Nord, è il protagonista del Libro di Giorgio Specchia, "Il teppista", che sta spopolando, tanto da essere recensito su Gazzetta dello Sport e Sportweek.

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Il romanzo di una Milano e di un’Italia lontane dai luoghi comuni, anche da quelli sulla criminalità, raccontate attraverso l'incredibile vita di Nino Ciccarelli. Personaggio reale e dalle mille incarnazioni, alcune delle quali gli hanno regalato dodici anni di carcere. Una Milano e un'Italia poco conosciute, dove ambienti all‘apparenza lontanissimi sono in realtà collegati. Finanza, politica, spettacolo, calcio, criminalità più o meno organizzata, cultura: un mondo parallelo che per una serie di circostanze ha permesso a un ragazzo di Quarto Oggiaro di dare del tu a personaggi noti in tutto il pianeta. Il protagonista del libro di Giorgio Specchia è un famoso ultrà dell'Inter, ma il calcio e ciò che gli gira intorno sono solo una piccola parte di una storia che racconta tre decenni senza senso. Chi è nato nella seconda metà dei Sessanta o nella prima dei Settanta potrà magari identificarsi in qualche personaggio, qualcuno dirà che questo è un libro generazionale. Ma di una generazione che non dà lezioni di vita. E nemmeno vuole ascoltarne.
IL TEPPISTA - Trent'anni maledetti a Milano, di Giorgio Specchia (Indiscreto Editore, foto di Max & Douglas, grafica di Alessandra Crippa, tatuaggi Studio Bagatto). 160 pagine, in vendita a 12 euro via web presso www.hoepli.ite le altre principali librerie online italiane. Disponibile anche nei negozi tradizionali: quello di riferimento è la Libreria Internazionale Hoepli di Milano, ma siamo un po' ovunque. Nel caso non ci troviate, il vostro libraio sarà in grado di procurarvi il volume in un paio di giorni. E' disponibile anche la versione eBook, attraverso la piattaforma BookRepublic. Per informazioni e segnalazioni potete scrivere direttamente all'editore, Stefano Olivari

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Venduto mai

di Nino Ciccarelli
Non mi sono mai venduto a nessuno, soprattutto a un giornalista. Però un libro, anzi un romanzo, sulla mia vita ci voleva. Perché? Prima di tutto perché sugli ultras ho letto sempre e solo cazzate, scritte da chi gli ultras non li conosce. Come se a me facessero commentare un concerto della Scala o scrivere un editoriale sul debito pubblico. Sulle curve, invece, sdottorano sempre quelli che non possono sapere niente di noi: sociologi, giornalisti, persino scrittori che scoprono il calcio solo dopo un episodio di cronaca nera. Tutta gente, quella lì, che vive su pianeti diversi dal mio e pretende di farmi la morale. Giorgio invece questa storia l’ha vissuta, ha fondato insieme a me e a tanti altri ragazzi un gruppo allo stadio e per parecchi anni abbiamo condiviso gioie e lutti.
La gioia di sentirsi tra amici, senza invidie, ogni volta che ci incontravamo allo stadio e fuori. E la gioia di vivere a mille all’ora, di collaudare il nostro corpo giovane contro altri corpi giovani. Ma anche i lutti, troppi. Molti dei ragazzi che sono citati in questa storia non ci sono più, portati via da droga, incidenti stradali, malattie infami. Sempre sommersi, anche da morti, dalla merda che ci gettano addosso. Ma nella merda spesso ci sono caduti anche loro, i politici e gran parte della stampa. Comunque non mi sento superiore a loro, come invece si sentono quei tipi lì rispetto a noi. Oh, non prendetemi per presuntuoso o montato. La mia è una storia come tante altre. Tutti nella vita abbiamo qualcosa da scrivere su noi stessi. Tutti. Basta saperla raccontare, questa storia. E magari, come ha fatto Giorgio, romanzarla. Però alla fine mi ha convinto a dirgli di sì. Non ho voluto scriverla io, queste faticose righe di prefazione mi sembrano sufficienti. E nemmeno ho voluto che Giorgio scrivesse per conto mio o, peggio ancora, con me a dirgli cosa mettere o non mettere in queste pagine. Lui è l’autore e io sono il protagonista, i ruoli sono chiari. E’ giusto che la gente capisca chi siamo veramente noi ultras, ma di sicuro questo non è uno dei mille libri sugli ultras. Anzi, il calcio e ciò che gli gira intorno sono solo una piccola parte di una storia che racconta tre decenni di Milano, di Italia e di ragazzi senza troppe prospettive. Gli Ottanta delle bande giovanili e della Milano da bere sono il decennio più interessante, ma anche i Novanta e gli Zero sono pieni di vicende mai davvero raccontate da chi le ha vissute. Chi è nato nella seconda metà dei Sessanta o nella prima dei Settanta potrà magari identificarsi in qualche personaggio, in un certo senso questo è un libro generazionale. Sappiate però che non tutti quelli della mia generazione sono come me. Io mi sono solo spinto un po’ più in là. E, per questo, l’ho pagata con le dodici foglie d’edera tatuate sul mio braccio sinistro. Una per ogni anno di galera davvero scontato. Se non fossi andato in curva forse queste foglie sarebbero state di più... In questo libro ci sono una Milano e un’Italia lontane dai luoghi comuni, anche da quelli sulla criminalità. E proprio per questo poco conosciute, perché la gente non si rende conto di quanto ambienti all‘apparenza lontanissimi siano in realtà collegati. La finanza, la politica, lo spettacolo, il calcio, la criminalità più o meno organizzata, la cultura, eccetera: un mondo parallelo che prende per il culo tutti voi, un mondo che per una serie di circostanze ha permesso a un ragazzo di strada come me di dare del tu a personaggi noti in tutto il pianeta. In carcere il tempo per leggere non mi è mancato e devo dire che mai ho trovato qualcosa di interessante sulle periferie e su realtà ai confini di tutto, dove sbagliare è più facile che fare la cosa giusta. Sempre ammesso che una cosa giusta esista. Di solito il giornalista o il sociologo della situazione alternano il loro moralismo a una sorta di passione per i dettagli più violenti e squallidi, senza nemmeno provare a capire che dietro a ogni persona c’è una vita. Magari senza speranze, ma pur sempre una vita. Non sono un critico letterario, come si sarà intuito, quindi non so come classificare questo libro a metà fra storia e romanzo. Forse non è tutto vero quello che leggerete nelle prossime pagine, trovo giusto lasciare il dubbio. Come non è vero, d’altronde, tutto quello che leggete sui giornali sulle pagine di cronaca. Sì, magari è vero che quel tale ha sparato a quell’altro, per la storiella basta copiare i comunicati della polizia. Più difficile è capire il perché, visto che la maggior parte delle disgrazie accade solo perché…accade. Tutto è assurdo e senza senso, chi ha vissuto senza protezioni se ne può rendere conto meglio degli altri. Il problema è che loro pensano di fare cronaca e anche di educare i lettori come se fossero bambini. Questo è bene, questo è male, quel tale è rispettabile, quell’altro no. Invece... Cazzate. Cazzate e solo cazzate. Per evitare equivoci concludo dicendo che non sono certo uno da imitare, anche perché a fare le spese di tante prodezze sono quasi sempre stati mia moglie e i miei figli. Sono partito da Quarto Oggiaro e arrivato non so dove, rischiando più volte di morire lungo il percorso. Non sono una vittima del sistema, non sono un eroe, non cerco approvazione ideologica. Però posso guardarmi allo specchio senza provare vergogna. Non è poco.
Nino Ciccarelli
Milano, ottobre 2011

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di Stefano Basilico

Dodici foglie d’edera tatuate sul braccio. Una per ogni anno di galera scontato. Fino in fondo, senza sconti, dentro e fuori dal carcere per tutta una vita. Una vita, quella di Nino Ciccarelli, che parte da Quarto Oggiaro, il quartiere più duro di Milano. Duro se non ci nasci, perché se vieni da lì lo spaccio e i coltelli si accompagnano alle partitelle in piazza Prealpi e alle birre con gli amici, e tutto rientra nella normalità. Dal pallone per strada si passa in fretta allo stadio, nei settori più caldi e popolari, le curve. A San Siro la situazione è manichea e dopo aver imparato a dire “mamma” e “papà” bisogna scegliere: la Nord è Nerazzurra, la Sud è Rossonera.

Nino sceglie la Nord, e ne diventa uno dei leader più rispettati. La sua storia, raccontata dall’amico Giorgio Specchia nel romanzo “Il teppista”, è anche, in buona parte, la storia di una delle tifoserie organizzate più antiche, temute e rispettate d’Italia. Nino ha contribuito al suo sviluppo negli anni d’oro, presente ad ogni partita e fondatore di uno dei gruppi più forti della Nord, i Viking. E la sua storia si intreccia quella di tutta una città, non a caso il sottotitolo è “Trent’anni maledetti a Milano”. Un percorso e una vita in cui si scopre che i tanto vituperati ultras, carne da macello per giornalisti buonisti in cerca di facili bersagli, non sono che la parte più nobile di una città in cui gli intrecci criminali tra finanza, sport, politica e scommesse la fanno da padrona. Facile prendersela con chi fa macello in piedi su una balaustra, mettendoci faccia, cuore e gola per la propria squadra, e ignorare il sotterraneo fiume melmoso di denaro, cocaina ed escort che attraversa il mondo dei colletti bianchi meneghini più in fretta dei Navigli. Ma alla fine del libro viene da domandarselo, se sarà più rispettabile un omone tatuato e con mille vizi, e che magari picchia duro e vive di espedienti, rispetto ad un politico corrotto, a sportivi tossicodipendenti o che scommettono, ai giovani parvenus dell’alta finanza sempre pronti a sputare giudizi, come fa Efrem, compagno di scuola da bambino che Nino incontrerà anche da adulto, sempre con la stessa spocchia, e sempre meritevole di una sonora lezione.

Sono tante le vite che si intrecciano in questo dipinto vero e verista di Milano, personaggi che sotto la Madonnina sono cresciuti, si sono conosciuti, si sono divertiti, hanno tifato e fatto la galera insieme. In molti purtroppo non ci sono più, vittime della droga o della violenza, ma in tanti sono ancora qui, e se leggeranno “Il teppista” ricorderanno dei tempi in cui si andava con le Dr. Martens in Colonne, degli Skins, delle trasferte e delle partite epiche, dei locali della Milano da bere e di quelle curve uccise dal calcio moderno. Questo libro non vuol essere una risposta alla retorica di chi riempie le pagine sugli “atroci delitti” compiuti dalle tifoserie, o di chi punta il dito ringhiando contro gli ultras davanti alle telecamere per poi cercarne l’appoggio ad ogni elezione. Vuole semplicemente raccontare una storia senza alcun’altra pretesa, e lo fa. Lo fa bene, perché la storia è vera e lo si capisce dal primo all’ultimo capitolo, non vuole muovere a pietà nessuno né implorare perdono davanti a qualche tribunale, e neppure “fare brutto”. Vuole solo raccontare una vita, lo dice Nino stesso: “Non sono una vittima del sistema, non sono un eroe, non cerco approvazione ideologica. Però posso guardarmi allo specchio senza provare vergogna”. Da questa frase traspare tutto il senso di queste 151 pagine, in cui si racconta di scontri feroci, di un’esistenza vissuta a muso duro, ma sempre a testa alta e sempre tenendo in mente il valore più importante che può trasmetterti una curva: la lealtà.

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