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domenica 20 novembre 2011

Una canzone per i vopos (dispacci da Lorien)

Nel natale del 1965 Leo Valeriano cantò sulla tribunetta del Cheek Point Charlie per testimoniare al mondo che sul muro di Berlino non poteva finire il mondo libero. Nel 22° anniversario della caduta del muro di Berlino, ripercorriamo questa esperienza attraverso un articolo dell’epoca:

“Il vento soffiava più gelido del solito il 31 dicembre a Check Point Charlie, rari i passanti e rarissimi gli stranieri che attraversavano il settore americano per recarsi all’Est. A pochi passi dal luogo in cui Peter Fechter il 17 agosto del 1962 fu lasciato dissanguare dalla criminalità dei comunisti e dalla vile indifferenza degli alleati, si avvicina alla striscia bianca che divide due mondi, a pochi centimetri dal Muro, un ragazzo biondo. A chi lo avesse osservato poteva sembrare un oriundo dalla Prussia. il grande ciuffo gli baciava la fronte. Sulla spalla teneva la sua chitarra: fra qualche momento avrebbe cantato la sua canzone in onore delle vittime del terrorismo comunista, l’avrebbe lanciata al di là « drúben ». Le guardie di frontiera in divisa americana lo guardarono indifferenti, gli « schupò » della Brandtpolizei con le loro piccole mitragliette, simili a giocattoli dì plastica, lo osservarono senza curarsi di lui. Quel giovane, salì ansioso sulla scaletta di legno che porta alla tribunetta di Cheek Point Charlie, prese la sua chitarra, con le dita gelate toccò le corde: i « vopos » a pochi metri di distanza sotto di lui lo stavano osservando. Più lontano dalla baracca del posto di controllo sulla Friederichstrasse, alcuni miliziani della Volks-Armee puntarono i loro binocoli, un sergente mise a fuoco la sua « Leika » munita di teleobiettivo, per riprendere il « menestrello romano ». « … una luce ti splende negli occhi, la speranza nelle mani, è al di là di quel Muro. Ecco, sei quasi arrivato, ecco sei quasi sul Muro, attento… halt… sparano… Ti hanno lasciato morire in mezzo al filo spinato, nessuno stende una mano, nessuno prega per Te». La sua voce riempie accorata e possente la frontiera fra le due Berlino. Si avvicinano alcuni tedeschi, ora arrivano anche gli altri amici italiani che sono venuti con lui da Roma per testimoniare al mondo che lì sul muro insanguinato di Berlino non può finire il mondo libero. Qualcuno applaude, una signora si asciuga una lacrima, irremovibili i « vopos », con ì loro lunghi cappotti verdi aiutano il sergente a scattare innumerevoli fotografie. Il vento sotto il plumbeo cielo nordico, porta quelle note lontano, verso oriente, a coloro che attendono il giorno della liberazione. Il cantautore romano è commosso, ora quasi di corsa prosegue verso la Zimmerstrasse, va verso la croce che ricorda il sacrificio di Fechter. Si inginocchia e bacia le zolle di quella terra insanguinata, terra d’Europa.

BERLIN, MEIN BERLIN …
A nord e a sud si parla
di qua e di là si discute.
Berlino dal muro di fango
ha solo canzoni di morte.
Beriin, oh meín Berlin., Berlín
cantava nel sole
ogni ragazzo
che è morto per te!
E mentre il mondo invoca la pace
sulle tue strade muore ogni giorno
la libertà!
Fate parlare la Friedarichstrasse.
Fate parlare Brandobirger Tor.
Racconteranno di Seiei,
racconteranno di Fechter
e vi diranno le pene
della mia bella città.
Beriin, oh mein Berlin, Berlin
la gente tranquilla
si è già scordata di te.
Daremo ai profughi una coperta
ed un lavoro alle fabbriche Krupp
perché non turbino il sonno
di queste nostre città
Berlin, oh rnein Berlin, Berlin
nessuno più vuole sentire
la tua preghiera.
Lassù si vive solo per una speranza
e non si mendica la libertà
ma sulle croci del muro
c’è l’erba della viltà!
Berlin, oh mein Berlin, Berlin …
Berlin, oh meín Borlin, Berlin …
Berlin…”

Da www.cantiribelli.com

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