Vogliamo giustizia!

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Giustizia per i morti di Bologna

Ultimissime del giorno da ADNKRONOS

mercoledì 30 novembre 2011

Yukio Mishima. La Musica Alternativa ricorda l’ultimo samurai

“Il valore di un uomo si rivela nell’istante in cui la vita si confronta con la morte”. (da Lezioni spirituali per giovani samurai e altri scritti)

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Quarantuno anni fa, il 25 novembre 1970, moriva Yukio Mishima, pseudonimo di Kimitake Hiraoka. Celebre scrittore e acceso patriota giapponese, Yukio fondò una organizzazione paramilitare chiamata Tate no kai (Associazione degli scudi) che rifiutava in maniera netta ciò che lui definiva una sottomissione del Giappone, ossia il Trattato di San Francisco del 1951 col quale il suo paese aveva rinunciato per sempre a possedere un esercito affidando la propria difesa agli Stati Uniti. Il 5 novembre, occupato l’ufficio del generale Mashita dell’esercito di autodifesa, Yukio si affacciò dal balcone dell’ufficio e pronunciò un celebre discorso di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria. Al termine del discorso, rientrato nell’edificio, e dopo aver inneggiato all’Imperatore, alle dodici e quindici si tolse la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi al ventre e facendosi poi decapitare.

Riportiamo qui di seguito una serie di brani di Musica Alternativa scritti in onore di Yukio Mishima:

D.D.T. – Fuoco di samurai

“Sento solamente noia quando vivo la realtà
Sento l’odio sulla pelle quando guardo la città
Mentre osservo i suoi palazzi, le sue inutili vetrine
Mi riscopro innamorato delle squallide rovine!

Quanto vile conformismo c’è nella democrazia
Quanta sete di potere, servilismo, ipocrisia
Ora siamo giunti a un bivio e di fronte due sentieri
Si può vivere da schiavi o morire da guerrieri!

Ora osserva la mia spada che punta verso il sole
Ascolta nel silenzio le mie ultime parole
Ed allora tu vedrai bruciare ancora il fuoco
Di antichi samurai guerrieri, guerrieri!”

Sköll – Yukio Mishima

“La notte era nera e piena di stelle,
Ma l’orizzonte si cinse di nuvole che a sprazzi di luce lampeggiavano libere
Le lanterne di carta bianca di riso
Si dimenavano al vento come vespe nervose e l’orchestra suonava, ma c’eravamo solo noi
Ed il vento si alzò le prime gocce che caddero
L’orchestra fuggì, noi guardammo in su continuando la danza, nel silenzio del buio
Le gocce erano piume che solleticavano il volto
Ci pulirono gli occhi che scoprirono lo specchio, ci guardammo da fuori abbracciati così
I nostri corpi riflessi i pochi vestiti già fradici
Le lanterne si spensero ma vedemmo più chiaro, allora capimmo di più!

I grandi uomini non parlano come fiori di ciliegio si disperdono
Prima delle discendenze che si ostinano a sopravvivere agli eroi,
Ma come il fiore reciso che io scelsi tra mille per te
Il più bello è il giovane che prima cade sul prato
Dimostrando che vivere non ha senso senza il morire
Ripercorrendo il sostanziale sacrificio degli eroi!”

Sköll – Radio Mishima

“Braccato, mi immergo profondo in tesi diverse
Che fungono da occhio alla mente serena
Eloquenze delle quali esprimo un sciocco sfoggio,
Ma avanzo e non mi fermo, lascio stare le luci e le sirene
Percorro questa via, la mente già segnata,
Sono goccia che annuncia la tempesta,
Sono dell’acqua salmastra e burrascosa!

Su questa terra ciliegi in fiore, persone nuove per l’imperatore!
La lama affonda realtà ed onore, su questa terra ciliegi in fiore!

Risveglio del corpo la cultura, l’azione col sorriso un po’ forzato,
Combatto divertito perché riempio d’imbarazzo
L’accozzaglia che ci insulta e che ci investe
Ridi, ridi, architetto dello stato
L’orgoglio non baratto con un mondo avvelenato
Sono goccia che annuncia la tempesta
Sono dell’acqua salmastra e burrascosa!

Su questa terra ciliegi in fiore, persone nuove per l’imperatore!
La lama affonda realtà ed onore, su questa terra ciliegi in fiore!
Su questa terra ciliegi in fiore, persone nuove per l’imperatore!
La lama affonda realtà ed onore, su questa terra ciliegi in fiore!”

Sköll – Sole e acciaio

“Ho passato i miei primi anni a costruire i pensieri che ho in testa
Devo recuperare il tempo già perso e rinforzare questa mia scorza
Perché sarò più forte conoscendo la brezza dell’est
Perché sarò completo solo con l’acciaio intorno a me
Lo spirito cresce quando il mio corpo si espande!

Ma ancora piano piano andrò ai giardini della mia città
E ti passerò tra i capelli questa mano che nessun’altra avrà
E poi ancora a notte fonda racconterò le storie che già sai
E ti parlerò di sole e acciaio, la verità è che adesso tu vivrai, che adesso vivrai!

L’altra notte non ho preso sonno per l’impazienza e voglia di riscatto
La mattina seguente ho preso quota salendo in cielo con un Lockheed F-104 Starfighter
Perché solo dall’alto vedrai più chiara tutta la verità
Il serpente che mangia la coda, anima e corpo nella dualità!
Lo spirito cresce quando il mio corpo si espande!

Ma ancora piano piano andrò ai giardini della mia città
E ti passerò tra i capelli questa mano che nessun’altra avrà
E poi ancora a notte fonda racconterò le storie che già sai
E ti parlerò di sole e acciaio, la verità è che adesso tu vivrai, che adesso vivrai!

Ma ancora piano piano andrò ai giardini della mia città
E ti passerò tra i capelli questa mano che nessun’altra avrà
E poi ancora a notte fonda racconterò le storie che già sai
E ti parlerò di sole e acciaio, la verità è che adesso tu vivrai, che adesso vivrai!”

Antica Tradizione – Y.M.

“Ogni uomo viene da lontano e cammina verso l’eterno
Cammina e riposa da sempre senza nascere o morire
Cammina lungo l’acqua gelida del fiume
E riposa tra le onde del suo mare!

Ogni uomo rinascerà guerriero sotto l’arco del mattino
I suoi occhi brilleranno nella luce di un impero
Quando il vento con la pioggia porteranno nuove lune
Quando il buio si riaccenderà sul confine!

Ogni uomo lo sai porta dentro di sé solo Dio!”

A cura di Zang Tumb Tumb

Onore a Mishima!

Da www.cantiribelli.com

Una sola terra non è sufficiente

Secondo il Global Footprint Network, si consumano ogni anno le risorse di 1,3 pianeti.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 29-11-2011]

terra gfn

Il Global Footprint Network ripete anche quest'anno l'allarme lanciato l'anno scorso, e quasi negli stessi termini: si consuma troppo.

Clicca qui per visualizzare l'articolo

martedì 29 novembre 2011

Ricordando George Harrison

◆ Marco Iacona

Dieci anni dopo il mito resiste. Talento precocissimo, fu tra
i primi ad abbinare le melodie occidentali agli strumenti
orientali, a mescolare il pop alla musica d’avanguardia

George Harrison
Una vita divisa in due parti.  Una vita
divisa in due, con un prima e un dopo.
All’inizio ci sono Paul, John, Ringo e lui, George,
poi ognuno va dove vuole andare. Perché
ognuno si trova già dove vuole essere: lontano
dagli altri e solo con se stesso.
Si sa da almeno quarant’anni, dal 1970, dopo
la celebre intervista di Jann S. Wenner, per
Rolling Stone a John Lennon che i Beatles sono
scomparsi nell’estate del 1967, con la morte del
manager Brian Epstein. Domanda: «Quando
hai capito per la prima volta che i Beatles erano
finiti?». Risposta: «Non me lo ricordo … I
Beatles si sono sciolti dopo la morte di Brian;
realizzammo il doppio album, il tramonto. È
come se ogni singola traccia di quel disco fosse
solo mia o solo di George. Sembrava, l’ho detto
tante volte, come se fossimo io e un gruppo di
supporto, Paul e un gruppo di supporto e non
mi dispiaceva affatto. Fu così». Ma anche George
ha la sua ricetta: i Beatles sono morti per
colpa delle donne, Yoko Ono e Linda Eastman.
È la tesi più accreditata. Sia quel che sia, le tappe
verso la frantumazione del più grande gruppo
pop dell’era moderna sono ben altre. L’annuncio
ufficiale dello scioglimento, il 10 aprile
del 1970, dato da Paul McCartney, le carriere
da solisti dei quattro scarafaggi, che tuttavia
incrociano le chitarre a più riprese. Fino all’8
dicembre del 1980, fino alla morte violenta di
John. E ancora oltre, fino alla scomparsa di George
Harrison, il 29 novembre 2001.
Dieci anni. Tace da dieci anni il Beatle più
spiritoso e cordiale. Ma anche meno sfacciato.
Dei quattro, quello passato alla storia come lo
spiritualista del gruppo. Paul (quello vero o
quello falso, dopo la presunta morte del 1966), è il genio assoluto, che modula simpatia e antipatia
a piacimento: sa benissimo di essere il numero
uno. Quando nei Sessanta i critici coraggiosi
paragonano la musica dei Beatles a quella
di Mozart o di Beethoven è a Paul che pensano,
all’autore di Yesterday e di Hey Jude. È lui
che sorregge le sorti del gruppo. John è il maledetto,
per eccellenza, la sua biografia parla
chiaro: è un predestinato e muore come morirebbe,
nel XX secolo, uno che gode di fama planetaria,
amatissimo ma anche odiato per le
proprie vicende personali. Ringo è il meno dotato
(e il meno bello) del gruppo, forse l’immagine
di quello nato con la camicia che si è trovato  ad essere semplice coprotagonista di un
gruppo musicale, gli sta un po’ stretta. Si dà da
fare anche dopo il 1970, la faccia tosta non gli
manca, ma non riesce mai a sfondare.
E poi c’è George, destinato a rimanere per
qualche tempo un’incognita. Nonostante i successi.
Letteralmente schiacciato fra John e
Paul, che gli bocciano parecchie canzoni, anche
belle, all’inizio dell’avventura dei Beatles
anche il suo ruolo è secondario. Col tempo però,
tutti si accorgono del suo talento. Insieme
ad alcuni brani meno popolari, eseguiti dal
gruppo, scrive canzoni conosciutissime come
Here comes the sun, While my guitar gently wips
e Something. La sua abilità non è roba da
poco, uno dei primi nomi da pronunciare se si
chiacchiera di World music o di New age è il
suo. George è un talento precocissimo e tra l’altro
è uno sperimentatore nato, fra i primi ad
abbinare le melodie occidentali agli strumenti
orientali. Ama mescolare il pop alla musica
d’avanguardia ed è appassionato di strumenti e
ritmi esotici. È il più giovane fra i quattro (25
febbraio 1943, è la data di nascita), ma già dal
1965 è il primo a cercare una propria dimensione
personale, slegata da quella dei tre compagni.
Conosce e frequenta il grande sitarista
Ravi Shankar – il sitar è uno strumento della
tradizione indiana –, dal quale apprende l’uso
di uno strumento così insolito. L’amore per la
musica non occidentale corre parallelamente a
quello per l’intero mondo orientale, per la religione,
gli stili di vita e le aspirazioni dei popoli
lontani. Per un po’ di tempo anche gli altri vogliono seguirlo.
Quando la prima parte della sua vita si conclude
(nel 1970), George ha appena compiuto
ventisette anni. È già abituato alle grandi responsabilità
e ha raggiunto una piena maturità
artistica. Debutta immediatamente con un
triplo album (All things must pass), nel quale è
contenuta la bellissima My sweet lord, una preghiera
dal sapore indù, fra gli halleluja e gli hare
krishna; nulla toglie al fascino della melodia
la lunga e complessa vicenda giudiziaria relativa
al plagio (“inconsapevole”) di He’s so fine
delle Chiffons. È sufficiente la buona riuscita
del primo ellepì post-Beatles per far capire al
mondo che ha guardato al “terzo Beatles” con
occhi di sufficienza, di che pasta sia fatto l’ex
compagno di Paul McCartney. Ma il tempo per
riflettere è sprecato. L’anno successivo c’è
l’evento che può stravolgere la carriera di un
musicista. Il concerto per il Bangladesh, organizzato
da Harrison e da Shankar, il primo
evento musicale del genere, di portata mondiale.
Alle serate di beneficenza oltre a Bob Dylan
partecipa anche Ringo Starr. I proventi vanno
in favore dei profughi della guerra tra India e
Pakistan.
Anche qui non mancano le polemiche, soprattutto
per la fretta con la quale George ha
voluto organizzare il concerto. Stavolta alla base
ci sono i problemi col fisco americano.
Ben oltre i successi, sovente non garantiti
nelle performance dal vivo, o le iniziative in
campo cinematografico, è la beneficienza a caratterizzare
la carriera di Harrison; a far da cemento
fra questa e la musica una carica spirituale
nota non solo agli appassionati del genere.
Ma la relativa estraneità dell’ex Beatle al
mondo dell’industria musicale, ai profitti e alla
commercializzazione dell’arte, nuoce e non
poco alla sua fama internazionale. Dopo i successi
dei primi anni Settanta, i fan devono attendere
la fine degli Ottanta per gustare il meglio
del loro beniamino. Giova molto alla sua
immagine anche la partecipazione al progetto
Traveling Wilburys (due dischi) sempre con
Bob Dylan, Tom Petty Jeff Lynne e Roy Orbison
che muore però già nel 1988.
George, George che inizia da rabbioso capellone
e finisce da mistico universale. Forse
non fortunatissimo nella vita privata, ma altrettanto
generoso. Quando si ammala di cancro
tutti sanno che non può fare molta strada.
Ma lui non ha paura della morte. I fan lo capiscono
già alla fine del ’99 quando subisce
anche lui un’aggressione da parte di un folle.
A salvarlo è la seconda moglie Oliva. La prima
se n’è andata col suo grande amico Eric
Clapton. Ma lui non serba alcun rancore né a
lui né a lei. Quando spiritualità non è solo una
parola di dodici lettere.

Da www.secoloditalia.it

lunedì 28 novembre 2011

Lo scanner da taschino

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Must PageExpress H410

Must PageExpress è uno scanner portatile, funziona senza collegamenti al computer e archivia i dati direttamente su una scheda microSD in formato Jpg o Pdf. Basta poi collegare il dispositivo al computer tramite la porta USB e le vostre scansioni saranno ben archiviate. Sul display potrete vedere le immagini, scansionate a 600dpi, in anteprima e verificare di avere "catturato" proprio quello che vi serviva. Il Must PageExpress H410 costa 69,00 euro con una microSD da 2GB inclusa nel prezzo.
Adriano Sivori

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domenica 27 novembre 2011

“On the run” tour Bologna Paul McCartney: un trionfo!

di Giampiero Moscato

BEATLES : PAUL Mc CARTNEY COMINCIA IL TOUR EUROPEO DA BOLOGNA

CASALECCHIO (BOLOGNA) - "E' bello essere qua per la prima volta. Ciao Bologna, come va?". Paul McCartney ha salutato così i 12.000 dell'Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna), in cui ha aperto, cantando Magical Mistery Tour, l'On the run tour 2011 (altra tappa italiana Milano), che si concluderà nella sua Liverpool il 20 dicembre 2011. In un completo nero lucido stile coreano e camicia bianca, imbracciando il basso Hofner e sfoggiando una voce ancora potente e musicale come poche, il baronetto ha scaldato cuori e anime di un pubblico di appassionati vecchi e giovanissimi, accorsi anche dall'estero per la prima tappa della sua formidabile tournee. Una formazione di cinque elementi - con lui due chitarre, tastiere e batteria - e un impianto voci che ha squarciato senza infastidire le volte del palasport gremito, su un mastodontico e fantascientifico palco ha dato sfoggio del meglio del repertorio di McCartney, dai pezzi mitici dei Beatles a quelli della sua altrettanto fortunata carriera da solista, con i Wings o con le altre formazioni che lo hanno accompagnato. Una scaletta straordinaria di 39 pezzi (diversi i bis), conclusa con la sequenza Golden Slumbers, Carry that weight e The end che chiude anche Abbey Road. "Grazie mille, grazie molte", ha detto ancora prima di annunciare, sempre in italiano, The night before: "Questa è la prima volta che la suono in Italia, a Bologna".

E poi ha sfornato a ritmo inesorabile pezzi come All my loving, Got to get you into my life, Paperback writer, Long and winding road (eseguita suonando il pianoforte a coda, come Maybe I'm amazed e altri titoli), I'm looking through you (alla chitarra come And I love her, cantata anche dalla folla, e Eleanor Rigby), Band on the run, Obla Di Obla Da, Back in the Ussr, I gotta feeling (alla Gibson in un'arrembante nuova versione), Let it be, Live and let die (con i fuochi artificiali sul palco, alla fine il Beatle si è lamentato per il fastidio a occhi e orecchie), Hey Jude (da brivido il coro della folla: "Solo le donne", e poi "tutti insieme"). In mezzo anche un omaggio ai due enormi personaggi che lo hanno accompagnato per un lungo tratto della sua vita e che sono scomparsi prematuramente, stroncati uno da un cancro, l'altro dalla pistola di un folle: George Harrison, con Something ("Dedico questa canzone al mio amico Georgio", suonandola con l'ukulele), e John Lennon, con A day in the life-Give Peace chance e The word/All you need is love. E poi: "Ho scritto questa canzone per il mio amico John, Giovanni", per poi esibirsi in una commovente Here Today. Ieri sera al Lumiere la prima assoluta italiana del film di Martin Scorsese, Living in a material world, sulla vita di Harrison ha avuto un lungo applauso dalla folla, in mezzo anche l'ex ministro dei beni culturali Walter Veltroni: "McCartney è come Steve Jobs - ha detto - ha cambiato le nostre vite". E poi, dopo una strepitosa versione di Foxy lady, in inglese Sir Paul ha precisato: "Questo è un tributo al grande Jimi Hendrix".

Quindi un omaggio anche alla canzone italiana: suonando il mandolino, ha intonato le parole O sole mio, ma era solo l'introduzione del brano Dance tonight. Poi ha sventolato il tricolore, insieme alla Union Jack In mezzo a tanti appassionati, anche Dodi Battaglia dei Pooh e il bolognesissimo Lucio Dalla, ma soprattutto tanta gente, avanguardia di una città che ha accolto con un entusiasmo degno della Beatlesmania anni Sessanta uno dei due sopravvissuti, con Richard Starkey alias Ringo Starr, della favolosa epopea partita dalla Cavern di Liverpool negli anni '50, esplosa nelle taverne di Amburgo e deflagrata come una rivoluzione a partire da Please please me, primo pezzo della colonna sonora della Swinging London e del rock britannico, capace di trasformare il pianeta come seppe fare l'invenzione della ruota. La voglia di suonare é, a 69 anni, intatta, come ai tempi di Love me do e A Taste of Honey, l'energia intonsa, il talento immenso come sempre. Esplosi nella lunga sequenza di bis, in cui ci sono state anche Yesterday e Helter skelter, il miele e l'hard rock. Perché in sir Paul c'é tutto questo. Ed' è trionfo.

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Avrei voluto dire: c’ero anche io! Purtroppo non è così.

La crisi che si fa finta di non vedere

In più di mille per sette posti l'esercito degli aspiranti spazzini: cinquanta laureati al concorso.

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http://www.lanazione.it/lucca/cronaca/2011/11/26/626807-mille.shtml

Lucca, 26 novembre 2011 - Mille e centotré candidati per sette posti. Anche il lavoro del netturbino (1.100 euro al mese) va a ruba di questi tempi. C'erano adulti e giovanissimi ieri mattina all'Itis Enrico Fermi di Lucca per il concorso di 'Sistema Ambiente', l'azienda che gestisce i servizi urbani: il più anziano ha 64 anni, 17 il più giovane. L'emergenza lavoro non conosce età e neanche grado di istruzione: 51 laureati fra i pretendenti spazzini, 520 diplomati. C’era una volta il futuro. Quando lo sviluppo sembrava una costante e il lavoro un’appendice. Poi è arrivata la crisi. Gianluca ha 52 anni ed è arrivato fin qui da Stiava. Lavorava in un cantiere navale. Adesso, da disoccupato, siede a fumare su un muretto in attesa che i bidelli aprano le porte: «No, non credo che vincerò. Perché sono qui? Semplicemente per non avere poi il rimorso di non averle provate tutte», ride. Poco più in là sorride anche Daniele che di anni ne ha 27. Ma il suo è un riso diverso, amaro. Per guadagnarsi uno stipendio fin qui ha fatto molti lavori, l’operaio, il rappresentante della «3», il postino, il dipendente «Esselunga». «Ora invece riposo il giorno per dormire la notte», dice caustico. «Ma la cosa che fa più rabbia — aggiunge — è che qui tutti sappiamo chi vincerà, visto che chi ha già avuto dei contratti con “Sistema Ambiente” parte avvantaggiato. Nonostante ciò, tutti abbiamo pagato 10 euro per partecipare al concorso».

Aggiornamenti EURASIA (19-25/11/11)

eurasia

Di seguito gli aggiornamenti al sito di "Eurasia" di questa settimana (dal 19 al 25 Novembre 2011):

Pubblicazioni

È attualmente disponibile in libreria l'ultimo numero (XXIII) di "Eurasia" (2/2011) dedicato a: "Geopolitica e costituzioni"

Ultime uscite

Il risveglio del Drago

Diego Angelo Bertozzi, Andrea Fais

Dopo Capire le rivolte arabe di P. Longo e D. Scalea e Progetti di egemonia di F. Brunello Zanitti, l'IsAG propone un terzo volume scientifico, concernente questa volta la Cina. Il risveglio del Drago. Politica e strategie della rinascita cinese - questo il titolo dell'opera - è pubblicato assieme alle Edizioni all'Insegna del Veltro di Parma. Gli autori sono Diego Angelo Bertozzi, già artefice del recente La Cina da impero a nazione e Andrea Fais, studioso di geopolitica già contributore di "Eurasia".

Progetti di egemonia

Francesco Brunello Zanitti

Neo-cons USA e neo-revisionisti israeliani a confronto. In seguito alla vittoria di Bush nel 2000 e soprattutto dopo gli attentati dell’11 Settembre i neocons statunitensi hanno influenzato considerevolmente la politica estera della Casa Bianca. Allo stesso tempo, l’ultimo decennio della politica israeliana è stato caratterizzato dal rafforzamento della destra, in particolare del Likud, partito erede del neorevisionismo, movimento politico basato su alcuni concetti già espressi dal sionismo revisionista e dal suo capo, Vladimir Jabotinsky. Si può parlare in questo contesto di un singolare legame tra i neocons e gli esponenti del Likud? Il neoconservatorismo e il neorevisionismo, pur essendo movimenti nati in ambienti politici e geografici lontani e differenti, hanno elementi in comune nelle loro ideologie? L’analisi del pensiero dei due movimenti politici e le azioni intraprese in politica estera dagli appartenenti a queste correnti possono offrire una chiave di lettura per comprendere le somiglianze e le differenze tra neoconservatorismo statunitense e neorevisionismo israeliano.


Altre pubblicazioni IsAG

Capire le rivolte arabe

Pietro Longo, Daniele Scalea

Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario, il nuovo libro dei nostri redattori Daniele Scalea e Pietro Longo (rispettivamente segretario scientifico e ricercatore dell'IsAG), è ora disponibile all'acquisto presso la libreria online Librad. Il volume, edito da Avatarèditions per conto dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), consta di 168 pagine ed è acquistabile al prezzo di 18 euro. Si tratta della prima pubblicazione con marchio IsAG, oltre alla rivista "Eurasia". Il ricavato andrà a finanziare le attività dell'Istituto.

Iniziative ed eventi patrocinati da Eurasia e IsAG

Straordinario successo del seminario geopolitico
Oltre novanta persone tra accademici, imprenditori, professionisti, giornalisti e studenti universitari, sabato scorso hanno preso parte al convegno di geopolitica intitolato “La prospettiva Eurasiatica. Le rivolte arabe”, presentato dal Prof. Tiberio Graziani direttore di “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici” e presidente dell’“IsAG – Istituto di Alti Studi di Geopolitica e Scienze Ausiliarie”. L’evento, che ha avuto luogo in un palazzo antico di Trinitapoli, su invito della padrona di casa Maria Antonietta Piscitelli, organizzatrice del seminario, ha riscosso particolare successo sia per lo spessore e l’attualità dei contenuti sia per l’atmosfera di convivialità che hanno favorito il dibattito tra relatore e partecipanti.


L'IsAG alla conferenza di Parigi su Russia, Europa e giornalismo
L'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), di cui Eurasia è la rivista ufficiale, sarà rappresentato dal presidente Tiberio Graziani (direttore di Eurasia) alla conferenza internazionale "Russia and Europe: Topical Issues of Contemporary International Journalism", organizzata dal Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa e dall'Agenzia Federale delle Comunicazioni, che si svolgerà a Parigi, presso il Radisson Blu Ambassador Hotel, il 24 e 25 novembre.

Articoli e saggi

L'editoriale di Eurasia XXIII (2/2011)

I costruttori di carte ottriate

Tiberio Graziani

Lo studio dei rapporti tra la legge fondamentale di uno Stato e la geopolitica è tornato di attualità tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. In quel periodo (1989 – 1991), coincidente con il collasso del sistema bipolare, gli USA intensificarono il loro ruolo di “costruttori di Nazioni libere”. Proclamatisi Nation and State Builders, gli Stati Uniti interferirono nella elaborazione delle Carte fondamentali dei nuovi Stati nazionali, sorti dalla deflagrazione dell’ex blocco sovietico. Tale intromissione non costituì un fatto nuovo nella storia della politica estera statunitense, ma una costante. Una lettura “geopolitica” degli ordinamenti costituzionali ci dimostra che le Carte fondamentali degli Stati non egemoni sono sostanzialmente assimilabili alle Costituzioni ottriate. Nella transizione tra la fase unipolare e il sistema multipolare appare necessaria la formulazione di nuovi paradigmi costituzionali articolati su base continentale.

Venerdì, 25 Novembre

Evoluzione economica tra Occidente e resto del Mondo: analisi e prospettive.

William Bavone

Oggi siamo spettatori inermi al declino dell’UE. Inermi perché se da un lato la sua costituzione è avvenuta senza una programmazione ponderata sui meccanismi politico-economici necessari ad una sua efficienza longeva, dall’altro siamo noi stessi cittadini ad aver perso quel minimo di sovranità che ci permetteva di essere partecipi alle decisioni macroeconomiche che ci coinvolgono direttamente. La classe politica degli ultimi decenni si è resa partecipe di una destrutturazione istituzionale che, invece di migliorare l’efficienza dell’azienda Stato, ne ha consentito lo smantellamento per una più appetibile ricollocazione nel mercato globale. La Storia ci insegna che l’eccessiva liberalizzazione porta un flusso considerevole di capitali in entrata nel breve periodo – allettanti per le casse statali e di pochi privati – ma che nel medio-lungo periodo si tramuta in un ancor più ingente flusso di capitali in uscita. I risultati sono ben evidenti oggi più che mai: bilancio pubblico in disavanzo, insostenibilità dei parametri economici europei, bilancia dei pagamenti che evidenza un’assenza di autosufficienza produttiva interna, mercato del lavoro che regredisce e di conseguenza una popolazione che invecchia, giustificatamente incapace di creare nuclei familiari nell’incertezza economica

Giovedì, 24 Novembre

Brasile: un futuro da scegliere

Stefano Pistore

Il biennio 2010/2011, ancora in fase di conclusione, ha rappresentato per lo Stato brasiliano un vero e proprio punto di non ritorno. Un biennio in cui oltre a consolidare la propria politica interna, senza risentire eccessivamente del passaggio Lula-Rousseff, l'attore brasiliano è stato capace di confermare, nonché di incrementare, il suo ruolo di protagonista all'interno dello scenario mondiale. A determinare questa evoluzione, tutta una serie di eventi che hanno definitivamente indicato il Brasile come un possibile leader futuro in grado di mutare gli assetti di un eventuale nuovo ordine internazionale.

Mercoledì, 23 Novembre

L'Autunno egiziano

Gabriele Roccaro

Esiste la Primavera egiziana? Forse ciò che è accaduto in Egitto è stata, piuttosto, la solita rivolta che porterà a un nuovo regime assolutistico. Il concetto di rivolta è associato nel mondo vicino-orientale all’idea di cambiamento, perché non sembra esisterebbe altra forma per sostituire i vertici del potere. Democrazia e forme democratiche di elezione appaiono ancora lontane. Il massacro dei copti è un segnale di questo fenomeno consuetudinario che si manifesta da molti decenni: maliziosamente, però, esso viene ignorato dalla comunità politica internazionale, la quale preferisce curare in Egitto i propri interessi economici e geopolitici. Una visione ottimista nei confronti degli avvenimenti egiziani, quindi, sembra impossibile: ecco perché sembra poco adeguato parlare di Primavera egiziana.

Lunedì, 21 Novembre

Il declino degli Stati Uniti

Andrea Casati

Possiamo dire che gli Stati Uniti si trovano di fronte a un declino strutturale anticipato dalla diminuzione dell’importanza relativa della loro economia. Tale diminuzione deriva soprattutto dalla forte crescita della Cina e di altri Paesi, ma in parte deriva anche dalla crisi economica che le autorità degli Stati Uniti hanno contribuito a creare e sembrano incapaci di risolvere. La principale ragione per questa mancanza è la degenerazione della politica americana, oggi più che mai preda di interessi economici particolari.

...E tanti altri articoli sono disponibili sul sito!

la Redazione

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sabato 26 novembre 2011

Legione nera alla sbarra

Sessant'anni fa il processo a Evola e ai "figli del sole" accusati di insurrezionalismo. Il filosofo fu assolto e si affermò il diritto al dissenso.
Julius Evola

Chiamatelo processo dei trentasei, chiamatelo processo ai fascisti del dopoguerra o processo ai Fasci di azione rivoluzionaria (Far con una sigla conosciuta), o processo a "Legione nera". Sono passati sessant'anni esatti dalla sentenza di primo grado del processo ai giovani missini che traghettarono l'anima movimentista del fascismo nella prima prima-repubblica - cioè quella scelbiana - nella quale non era difficile incrociare, ancora, gli uomini del vecchio regime (come l'ex ministro della Repubblica sociale italiana Piero Pisenti). Sessant'anni che hanno fatto entrare il processo ai Far nella storia come uno degli eventi cardine degli anni Cinquanta, in relazione ai rapporti fra la neonata democrazia e il neofascismo che quella democrazia invece continuava a negare.
Protagonisti a quel tempo, i giovani di "Legione nera" e il loro punto di riferimento intellettuale Julius Evola. Quell'Evola che i giovani avevano scoperto appena finita la guerra, chi in un luogo e chi in un altro, carcere compreso, sovente su sollecitazione di Massimo Scaligero legato alla lezione spirituale di Rudolf Steiner e alle elaborazioni antroposofiche. L'attrazione dei ragazzi di "destra" verso forme di sapere spiritualistico - che come ha scritto Giano Accame furono una sorta di anticipazione di un filone culturale di tipo mitico-sacrale - discende proprio dagli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale. Il senso di spaesamento dovuto alla sconfitta aveva spinto alcuni giovani, fra cui Pino Rauti e lo scaligeriano Enzo Erra, scomparso il mese scorso, a fare gruppo attorno alla saggezza e alla competenza di alcuni pensatori (vivi come Evola o morti come Gentile), garanti di un pensiero alternativo all'Occidente materialista - di marca angloamericana - e all'Oriente sovietizzato.
Le componenti culturali che influiscono sui ragazzi degli anni Cinquanta non sono poche (i "giovani nazionali" ereditano peraltro le diverse anime culturali del fascismo vero e proprio), anche se il manifesto di Verona rappresenta l'a priori per qualsiasi tipo di azione politica. In questo specifico campo, i "giovani nazionali" si dividono grossomodo in due anime (rivali): una pragmatista e meno nostalgica, che segue da vicino le vicende del Msi, cioè del partito maggiore; l'altra rivoluzionaria che finisce per idealizzare quel residuo di internazionalizzazione fascista, debole e sufficientemente conosciuto. Una seconda anima non priva di ambizioni spirituali ma sovente dal talento nichilista. Un'anima divenuta celebre come la corrente dei "figli del sole" (cioè dei guerrieri di Alessandro Magno), il cui significato, come ha spiegato Primo Siena, dirigente giovanile missino dal '50 al '55, andava inquadrato all'interno delle polemiche fra l'ala più di sinistra dei "giovani nazionali" e gli spiritualisti vicini a Evola e Scaligero. Tema controverso: la questione sociale e la risoluzione dei problemi connessi con ricette diverse. Sarà questa seconda anima del Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori (Rgsl) del Msi, che si riconosce nei periodici diretti da Erra, Sfida e Imperium che ne è la prosecuzione, e su Cantiere di Siena, ad essere protagonista del processo ai Far.
Come andarono i fatti? Come ho cercato di testimoniare in due saggi diversi ma complementari usciti nel 2009 e nel 2010 per Nuova storia contemporanea, la questione dei Far-Legione nera è assai complessa. Già dai Quaranta, passando per il celebre episodio della Garbatella (gennaio 1950), il Movimento sociale italiano non naviga in acque tranquille. È stato denunciato presso l'autorità giudiziaria, posto in stato d'accusa secondo l'art. 1 della legge 1546 del 3 dicembre 1947 (ricostituzione del disciolto partito fascista), e la sua esistenza viene messa in discussione dal punto di vista del diritto. Il 29 ottobre del 1950 la questura di Bari, obbedendo alle direttive di Mario Scelba, vieta lo svolgimento del III congresso nazionale missino, il 28 novembre il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge per l'inasprimento delle norme della legge del 1947. Vale a dire la famosa legge Scelba. In mezzo a questo turbinio di avvenimenti (ove azioni, reazioni, irrequietezze giovanili e calcoli politici si inseguono a ripetizione) si inserisce l'inizio della vicenda dei Far, anzi dei nuovi Far, visto che la sigla era apparsa già molti anni prima e resa nota da un libro non privo di riferimenti autobiografici del futuro senatore della repubblica Mario Tedeschi.
Nel ventottesimo anniversario della marcia su Roma (28 ottobre del ‘50), una bomba carta esplode all'interno del cinema Galleria della Capitale. Il botto provoca la rottura dei vetri e il panico fra la folla. Lo scoppio proietta nello spazio della galleria un centinaio di volantini con l'emblema del fascio repubblicano, la scritta "Legione nera" e un messaggio affatto esplicito: «XXVIII Ottobre XXIX. Italiani mentre la tenaglia materialistica si serra da Oriente e da Occidente a dilaniare l'Europa e soffoca e avvelena la vita di tutto il Continente, in questo annuale riaffermiamo la nostra fede nel fascismo e nei suoi postulati rivoluzionari. Nel nome di Benito Mussolini e di tutti i nostri caduti lanciamo con la fede di sempre il grido degli ultimi combattenti e delle lotte future. Per l'Italia! Per l'Europa! Per la rivoluzione! W il Fascismo».
Gli attentati si susseguono in tutt'Italia (sedi di partito, palazzo Chigi, ambasciata americana, sedi dell'Anpi...), e alcuni giovani fascisti finiscono in galera. Fra essi Rauti, Erra (che inizialmente sfugge alla cattura) e Luciano Lucci Chiarissi. Ma non è finita. Gli accertamenti proietteranno nuova luce sui fatti. La polizia scopre che dietro "Legione nera" si nasconde il sodalizio che fa capo a Imperium, periodico che secondo la questura di Roma rappresenta «l'ideologia rivoluzionaria del fascismo che intende tornare al potere realizzando il programma dei Far e cioè attraverso l'organizzazione paramilitare e l'insurrezione violenta contro gli organi costituzionali della Repubblica Italiana». La deduzione è esagerata: gli attentati, che non causano vittime, sono per lo più dimostrativi, sovente le tecniche lasciano a desiderare. Ma c'è molta irresponsabilità, quello sì. A maggio, infine, la retata conclusiva (fra i nomi più noti: Fausto Gianfranceschi, Clemente Graziani e Roberto Melchionda), nella quale viene coinvolto anche Evola che secondo la polizia tesse i fili ideologici del gruppo. Evola ha da poco concluso il noto opuscolo Orientamenti, uscito a cura di Imperium, il cui contenuto doveva costituire la base ideologica per una riunione coi giovani missini a lui più fedeli. Gli undici punti di Orientamenti, manifesto politico dal punto di vista evoliano, verranno passati al microscopio in primo grado e soprattutto nel processo d'appello del 1954.
Il processo di primo grado a "Legione nera" inizia il 10 ottobre del 1951 e si conclude il 20 novembre dello stesso anno. Le imputazioni vanno da ricostituzione del disciolto partito fascista ad apologia del fascismo, da detenzione di armi alla pubblica intimidazione con materiale esplosivo. Fra i difensori due nomi eccellenti del diritto italiano, il già citato Pisenti e Francesco Carnelutti, bocconiano e riconosciuto principe del foro. Anche da questo particolare, dal fatto cioè che siano presenti due giuristi di grande prestigio, si evince l'importanza del processo ai Far, il primo processo per fatti riguardanti idee e "prassi" riconducibili al disciolto partito fascista. È quasi un processo sfida: la possibilità che in uno Stato pienamente democratico si possano far proprie idee che appartennero anche al fascismo. Per decenni l'appello alla libertà di esprimere le proprie idee politiche sarà il leitmotiv del Movimento sociale italiano. Le questioni relative alla ricostituzione del partito fascista e soprattutto dell'apologia del fascismo rimarranno tuttavia in sospeso come vere e proprie spade di Damocle, e ovviamente la politica utilizzerà la legislazione antifascista come arma di ricatto.
Nonostante la ferocia delle accuse (alcune sanno di vero e proprio teorema), la sentenza di primo grado, quella di sessant'anni fa, renderà giustizia al peso intellettuale di Evola (trattato dall'accusa in modo superficiale), grazie naturalmente all'eccezionale collegio di difesa e alle reali qualità del filosofo romano; in relazione all'accusa di ricostituzione del disciolto partito fascista, Evola verrà assolto per non aver commesso il fatto e verrà assolto perché il fatto non costituisce reato dall'accusa di apologia del fascismo. Gli altri imputati, per la maggior parte, subiranno la sorte del maestro. Non verranno cioè considerati né partecipanti a un sodalizio fascista e men che meno promotori, bensì "semplicemente" evoliani. E dunque il fatto non potrà costituire reato.
La maggior parte dei giovani verrà assolta o con formula piena come Evola, o con formula dubitativa; i fondatori di "Legione nera" invece (Graziani, Gianfranceschi e Franco Dragoni), condannati. Ma nell'irrogare le pene i giudici terranno conto di alcuni particolari alquanto interessanti. Considereranno non una colpa il fatto che in maggioranza i giovani avessero fatto parte della Rsi, ma quasi una scusante. Erano degli sbandati, e dunque non potevano essere puniti da un regime pienamente democratico. Esclusivamente compresi, quello sì. Non una vendetta, ma per loro umana comprensione. Le pene in primo grado saranno dunque leggere.
Il secondo grado invece, in tutto nove gli imputati, non confermerà la sentenza del 1951. Per alcuni di essi sarà previsto un aggravamento della pena. Il maestro, cioè Evola, verrà salvato solo dall'amnistia del 1953.
Marco Iacona

venerdì 25 novembre 2011

Vite di cristallo

VITE DI CRISTALLO

vite di cristallo

Autore
Ferri Cesare

Editore
Settimo Sigillo

Argomento
Romanzi

Anno ediz.
2011

Pagine
184

Collana
Mythos

Isbn
9788861480971

Prezzo : € 18,00

Dalla postfazione di Beppe Scalici.
Perché "Vite di Cristallo"? Perché vite preziose e irripetibili anche se, nel contempo, fragili e delicate. Vite in balìa di situazioni sentite come oppressive, insensate e ostili: alle prese con un mondo esteriore tutto vuoto, vano e incomprensibile. E l'incomunicabilità, connessa alla conseguente solitudine di colui che si sente irriducibilmente diverso rispetto al conformismo imperante, diventa lo scenario del romanzo di Ferri.

Curiosity porterà Leonardo su Marte

Si prepara a partire il rover che studierà la possibilità di vita su Marte.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 24-11-2011]

curiosity leonardo marte

Se Juno porterà Giove, Giunone e Galileo Galilei verso il più grande pianeta del sistema solare, Curiosity porterà Leonardo da Vinci su Marte.

Clicca qui per visualizzare l'intero articolo

giovedì 24 novembre 2011

La versione di Vasco

Oggi in libreria!

vasco_biografia_facebook

La libertà, il viaggio, la morte, Dio, la lealtà, l’avventura. L’uomo dietro la rockstar. Una sfida, lunga trent’anni, contro ipocrisie e pregiudizi. Un libro unico, che è il pensiero scomodo di un artista non convenzionale --- Oggi Vasco Rossi è molto più di una rockstar. Dall’estate del 2011 le sue incursioni entrano come lame affilate nei grandi temi dell’uomo e dell’attualità: la vita, la religione e Dio, l’amicizia, il senso dello Stato, la libertà, i giovani, il successo… Con questo libro i fan e chi non lo conosce abbastanza scopriranno un Vasco Rossi diverso e inedito. Sempre spericolato, sempre libero e temerario. Ma anche appassionato lettore di Bakunin e degli anarchici dell’Ottocento; di Proust e di Sant’Agostino. Una formazione da autodidatta che vive in ogni sua canzone. La versione di Vasco raccoglie i pensieri, le domande, le riflessioni della più seguita rockstar italiana. Un libro da leggere e da regalare. Una vera sorpresa. Una straordinaria testimonianza di vita.

Non mi piace
vedere la vita
come la vedo
quando sono lucido.
Preferisco guardarla
... con due lenti rosa
o gialle o scure.
Non sopporto
la luce chiara
e spietata
della realtà.
Mi viene l’ansia
la tristezza
e poi la depressione.
Sarò un debole di spirito
oltre che di stomaco
ma ho deciso
di tenere gli occhiali da sole
per tutto questo lungo
e straordinario viaggio.


“La Versione Di Vasco”

VIVERE! è come un comandamento VIVERE..... o SOPRAVVIVERE.... senza perdersi d'animo mai e combattere e lottare contro tutto contro!.....

BARNARD:DRAGHI E NAPOLITANO DEVONO ESSERE ARRESTATI E PROCESSATI.

 

liberismo

lunedì 14 novembre 2011

I golpisti finanziari che hanno terminato la nostra democrazia dopo 63 anni di vita sono stati condotti al Palazzo italiano da Mario Draghi e dal Group of Thirty. Ad attenderli dentro il Palazzo vi era Giorgio Napolitano, da 35 anni uomo di punta in Italia del Council on Foreign Relations degli USA e amico delle loro multinazionali, come da lui stesso dichiarato molti anni or sono su Business Week.

Si consideri quanto segue:
1) La sovranità legislativa italiana, quella economica ed esecutiva, già compromesse dai Trattati europei e dall’Euro (si legga Il Più Grande Crimine 2011), sono state terminate del tutto. Ciò è evidente persino nei titoli del Corriere di questi giorni, non c’è bisogno di leggere Barnard o altri. 2) Le misure di austerità - si legga la rapina della pubblica ricchezza e del futuro di milioni di famiglie italiane attraverso un collasso pilotato dell’economia che tali misure portano senza dubbio - non hanno ora più ostacoli, e sono espressione del volere di poteri finanziari non eletti dagli italiani. Il Parlamento non ha avuto voce in capitolo, ha dovuto obbedire di corsa, cioè è stato esautorato di fatto da forze straniere. 3) Saranno decenni di sofferenze e lacrime e sangue per i cittadini, un impoverimento mai visto dal 1948 e tanti morti anzi tempo a causa della demolizione dei servizi. I punti 1, 2 e 3 formano i contenuti sufficienti per un’accusa di alto tradimento della patria da parte di Mario Draghi e di Giorgio Napolitano, che devono essere incriminati e arrestati. Se pensate che questa sia retorica di un esagitato, si legga la letteratura economica americana sulla crisi dell’Eurozona per fugare ogni dubbio, e si visiti l’Irlanda o la Grecia, vittime prima di noi di questi golpisti. Questo è un colpo di Stato.
Mario Draghi è membro del Group of Thirty (GOT), dove la sua presenza segna il più scandaloso conflitto d’interessi della storia italiana, alla luce del disastro democratico che stiamo vivendo (prendano nota i demenziali travagliati dipietrosi che per anni sono corsi dietro al conflitto d’interessi del presunto ladro di polli e hanno ignorato quello dei veri ladri planetari). Il lavoro dell’eccellente Corporate Europe Observatory ha denunciato il GOT e ciò che vi accade. Fondato nel 1978, è una lobby dove impunemente i grandi banchieri si mischiano a pubblici funzionari di altissimo livello. Ecco i principali membri: Jacob A. Frenkel, di Jp Morgan Chase - Gerald Corrigan, Managing Director del Goldman Sachs Group - Jacques de Larosière, Presidente del Gruppo UE sulle risposte alla crisi finanziaria - William C. Dudley, ex Goldman Sachs oggi alla Federal Reserve di NY - Mervyn King, governatore della Banca Centrale d’Inghilterra - Lawrence Summers, ex ministro del Tesoro USA, oggi al Bilderberg Group - Jean-Claude Trichet, uno dei padri dell’Euro, ex governatore della BCE - David Walker Senior Advisor, Morgan Stanley International - Zhou Xiaochuan, governatore Banca Centrale Cinese - John Heimann, Istituto per la Stabilità Finanziaria - Shijuro Ogata, Vice Presidente, Commissione Trilaterale - inoltre vi sono passati Tommaso Padoa-Schioppa (ex Min. Finanze) e Timothy Geithner (attuale Min. Finanza USA). Ripeto: Draghi ne è membro oggi.
Cioè, in esso si mischiano i lobbisti della finanza bancaria più criminosa della Storia e i pubblici controllori delle medesime banche.
Mario Draghi arriva alla BCE fra il 31 ottobre e il primo novembre. Il colpo di Stato finanziario contro l’Italia si svolge nella settimana successiva, il governo eletto ne è spazzato via. Mario Draghi poteva fermare la mano degli speculatori golpisti semplicemente ordinando alla BCE di acquistare in massa i titoli di Stato italiani. Infatti tale acquisto avrebbe, per la legge basilare che li regola, abbassato drasticamente i tassi d’interesse di quei titoli, il cui schizzare in alto a livelli insostenibili stava portando l’Italia alla caduta nelle mani degli investitori golpisti. Essi sarebbero stati fermati, resi inermi di fronte al fatto che la BCE poteva senza problemi mantenere a un livello basso costante i tassi sui nostri titoli di Stato. Ma Mario Draghi siede alla BCE e non fa nulla. Non siate ingannati dalla giustificazione standard offerta per questo rifiuto di acquistare titoli italiani da parte della BCE. Vi diranno che le è proibito per statuto, ma non è vero: infatti clausole come la SMP Bond Purchases lo permettono, e anche le regole sulla stabilità finanziaria del trattato d Maastricht, come scritto di recente da Marshall Auerback e da altri. Draghi poteva agire, eccome.
Risultato: il golpe. Da ora le elite finanziarie sono col loro aguzzino Mario Monti al governo a Palazzo Chigi. Fine della democrazia italiana fondata nel 1948. Comandano i mercati, non il Parlamento.(l'errore di fondo di Barnard consiste nel credere, come del resto crede la maggior parte degli italiani, che nel nostro Paese, a partire dal 1948, ci sia stata una democrazia.Mentre è stato ampiamente dimostrato che l'Italia è stato dal 1945 un Paese a sovranità limitata a causa dell'esito della seconda guerra mondiale. n.d. Merimar)
Tutto ciò è stato ampiamente discusso da Mario Draghi con i suoi camerati al Group of Thirty, secondo un copione che trapelava da anni sulle pagine della stampa finanziaria anglosassone. Silvio Berlusconi era stato avvistato più volte dell’esistenza di quel copione: “L’Italia ha problemi gravissimi, ha bisogno di una iniezione di libero mercato con riforme economiche neoliberali… fra cui ridurre le tasse, tagli all’impiego pubblico e alle pensioni, rafforzare il settore dei servizi privati, e rendere più facili i licenziamenti”, cioè esattamente quello che sta accadendo in queste ore nelle riforme che il golpe ci ha imposto, facendosi beffe, come già detto, del Parlamento non più sovrano. La prescrizione in corsivo è del Neoliberista fanatico Alberto Alesina nell’Aprile del 2006. Lo stessa anno in cui Draghi prendeva il comando della Banca d’Italia, dopo aver lasciato la banca d’investimento più criminosa del mondo, Goldman Sachs, in cui resse una posizione di comando nel settore Europa proprio mentre la Goldman aiutava la Grecia a truccare i propri conti pubblici nel 2002. Draghi mentì negando di essere stato in carica a Golman Sachs nei mesi della truffa, ma fu smascherato dalle audizioni del Senato USA, nientemeno.
Tornando al golpe. Le conseguenze sociali, le sofferenze per milioni di italiani per decenni, la scure che si abbatte sul futuro dei nostri piccoli, sui pochi preziosi anni che rimangono agli anziani indigenti, sull’ambiente, e sulla democrazia, saranno tragici. Nell’ordine di migliaia di volte peggiori di qualsiasi danno le mafie regionali abbiano mai potuto infliggere all’Italia, e col concreto pericolo di prostrarla per intere generazioni. Alla luce di tutto ciò, e mentre si fatica a non emigrare di fronte all’idiozia epica di masse di italiani che festeggiano l’arrivo dei golpisti (sic), è doveroso chiedere l’incriminazione e l’arresto per alto tradimento di Mario Draghi e di Giorgio Napolitano in quanto cittadini italiani. Prego quindi l’eventuale giurista che leggesse queste righe di informarmi sulla procedura per inoltrare una denuncia in tal senso. Se, come temo, essa non esiste, nulla cambia della sostanza morale di quanto scritto.
p.s. Prego i diversi colleghi che usano in Tv, ai dibattiti o in radio i fatti che scopro e denuncio, di almeno citarmi come fonte. Grazie.
Fonte: http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=268

FINI a MILANO: non l'infame ma Massimo Fini il giornalista!

"Chi è peggio Mario Monti o il Mullah Omar?" - Incontro con MASSIMO FINI

http://www.massimofini.it/ - http://www.movimentozero.org/ - http://www.giornaledelribelle.com/ - http://www.ilribelle.com/

a questo provocatoria domanda risponderanno venerdì 25 novembre alle ore 21.00, allo Spazio Ritter, in via Maiocchi, 28 a Milano:

MASSIMO FINI (giornalista e scrittore)
DARIO MACCHI (giornalista e paracadutista)
MATTEO "Stizza" PISONI
FRANCESCO "Doppio Malto" CAPPUCCIO

mercoledì 23 novembre 2011

Il sito: dati.gov.it

Il sito: dati.gov.it

di Alfredo Bucciante

 

martedì 22 novembre 2011

Il sito dati.gov.it offre raccolte di dati aperti messi a disposizione dalle pubbliche amministrazioni, catalogati e con l’indicazione della licenza per il riuso.

Il sito dati.gov.it rappresenta l’impegno italiano sul tema dell’open government. Si era già visto un servizio analogo legato alla Regione Piemonte, ma in questo caso l’ambito di competenza è chiaramente nazionale.

Il sito presenta un certo numero di raccolte di dati, chiamati dataset, provenienti da diverse amministrazioni. Si possono non solo cercare, ma anche condividere segnalando con un apposito modulo un dataset messo a disposizione da un’amministrazione.

Andando su Cerco i dati si può dunque trovare l’elenco dei dati messo a disposizione. Sulla destra, un menu per filtrarli secondo area tematica, e uno spazio di ricerca se si desidera rintracciare qualcosa di più specifico.

I dataset si scaricano cliccando sul titolo e venendo indirizzati sulla pagina in cui si trovano, dopo aver visto una pagina riassuntiva. Per ciascuno viene indicato il formato e la licenza con cui sono rilasciati.

Il sito mette poi a disposizione del materiale per approfondire l’argomento da un punto di vista più generale. In particolare, si accede a quest’area cliccando su Voglio capire di più, e al suo interno c’è anche un ampio vademecum curato dal Formez.

Da notare anche l’area dedicata alle applicazioni per smartphone e tablet sviluppate da pubbliche amministrazioni. È un elenco suddiviso per amministrazioni centrali, regioni, province e comuni.

martedì 22 novembre 2011

L’inferno della globalizzazione

globalizzazione

Come si fa a parlare di rilancio economico e di crescita? Il mondo globale ci sottrarrà altri segmenti di mercato in quei settori più avanzati che ancora resistono.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-11-2011]
Montefano, cittadina delle Marche. 126 dipendenti della fabbrica BEST, specialista in cappe per cucine, di proprietà della multinazionale americana NORTEK, hanno trovato la loro fabbrica chiusa, dopo che nottetempo tutti i macchinari erano stati caricati con destinazione Polonia, nuova sede produttiva.


Ecco servito un altro regalo della globalizzazione che rende precario e incerto ogni rapporto di lavoro, condannando tutti gli schiavi salariati ad una vita insostenibile, senza certezze, senza futuro.
L’articolo che potrete leggere cliccando qui, aveva come titolo “Il paradiso globale”. Ho pensato bene di modificarlo!

lunedì 21 novembre 2011

Una serata con e per Rutilio.

Martedì 22 novembre ore 19 presso L'Universale (Roma – Via Caracciolo12) cena e musica con e per Rutilio Sermonti.

La prenotazione è obbligatoria.

rutilio2web 

Contattare: : lorella.demeis@virgilio.it

domenica 20 novembre 2011

Una canzone per i vopos (dispacci da Lorien)

Nel natale del 1965 Leo Valeriano cantò sulla tribunetta del Cheek Point Charlie per testimoniare al mondo che sul muro di Berlino non poteva finire il mondo libero. Nel 22° anniversario della caduta del muro di Berlino, ripercorriamo questa esperienza attraverso un articolo dell’epoca:

“Il vento soffiava più gelido del solito il 31 dicembre a Check Point Charlie, rari i passanti e rarissimi gli stranieri che attraversavano il settore americano per recarsi all’Est. A pochi passi dal luogo in cui Peter Fechter il 17 agosto del 1962 fu lasciato dissanguare dalla criminalità dei comunisti e dalla vile indifferenza degli alleati, si avvicina alla striscia bianca che divide due mondi, a pochi centimetri dal Muro, un ragazzo biondo. A chi lo avesse osservato poteva sembrare un oriundo dalla Prussia. il grande ciuffo gli baciava la fronte. Sulla spalla teneva la sua chitarra: fra qualche momento avrebbe cantato la sua canzone in onore delle vittime del terrorismo comunista, l’avrebbe lanciata al di là « drúben ». Le guardie di frontiera in divisa americana lo guardarono indifferenti, gli « schupò » della Brandtpolizei con le loro piccole mitragliette, simili a giocattoli dì plastica, lo osservarono senza curarsi di lui. Quel giovane, salì ansioso sulla scaletta di legno che porta alla tribunetta di Cheek Point Charlie, prese la sua chitarra, con le dita gelate toccò le corde: i « vopos » a pochi metri di distanza sotto di lui lo stavano osservando. Più lontano dalla baracca del posto di controllo sulla Friederichstrasse, alcuni miliziani della Volks-Armee puntarono i loro binocoli, un sergente mise a fuoco la sua « Leika » munita di teleobiettivo, per riprendere il « menestrello romano ». « … una luce ti splende negli occhi, la speranza nelle mani, è al di là di quel Muro. Ecco, sei quasi arrivato, ecco sei quasi sul Muro, attento… halt… sparano… Ti hanno lasciato morire in mezzo al filo spinato, nessuno stende una mano, nessuno prega per Te». La sua voce riempie accorata e possente la frontiera fra le due Berlino. Si avvicinano alcuni tedeschi, ora arrivano anche gli altri amici italiani che sono venuti con lui da Roma per testimoniare al mondo che lì sul muro insanguinato di Berlino non può finire il mondo libero. Qualcuno applaude, una signora si asciuga una lacrima, irremovibili i « vopos », con ì loro lunghi cappotti verdi aiutano il sergente a scattare innumerevoli fotografie. Il vento sotto il plumbeo cielo nordico, porta quelle note lontano, verso oriente, a coloro che attendono il giorno della liberazione. Il cantautore romano è commosso, ora quasi di corsa prosegue verso la Zimmerstrasse, va verso la croce che ricorda il sacrificio di Fechter. Si inginocchia e bacia le zolle di quella terra insanguinata, terra d’Europa.

BERLIN, MEIN BERLIN …
A nord e a sud si parla
di qua e di là si discute.
Berlino dal muro di fango
ha solo canzoni di morte.
Beriin, oh meín Berlin., Berlín
cantava nel sole
ogni ragazzo
che è morto per te!
E mentre il mondo invoca la pace
sulle tue strade muore ogni giorno
la libertà!
Fate parlare la Friedarichstrasse.
Fate parlare Brandobirger Tor.
Racconteranno di Seiei,
racconteranno di Fechter
e vi diranno le pene
della mia bella città.
Beriin, oh mein Berlin, Berlin
la gente tranquilla
si è già scordata di te.
Daremo ai profughi una coperta
ed un lavoro alle fabbriche Krupp
perché non turbino il sonno
di queste nostre città
Berlin, oh rnein Berlin, Berlin
nessuno più vuole sentire
la tua preghiera.
Lassù si vive solo per una speranza
e non si mendica la libertà
ma sulle croci del muro
c’è l’erba della viltà!
Berlin, oh mein Berlin, Berlin …
Berlin, oh meín Borlin, Berlin …
Berlin…”

Da www.cantiribelli.com

sabato 19 novembre 2011

Libertà per gli europei!

Italia in vendita

Le parole che potrete ascoltare nel video che segue le potremo mai sentire dette da qualche deputato italiano e, soprattutto, gli italiani quando si renderanno conto della verità in esse contenute?

Semplicemente strepitoso!

Spazio, l'acqua di Europa forse ospita la vita

Sotto la superficie ghiacciata del satellite di Giove vasti oceani potrebbero ospitare forme di vita.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 18-11-2011]

europa acqua liquida

Grazie alla sonda Galileo, lanciata nel 1989, gli scienziati della NASA stanno acquisendo sempre più informazioni su Giove e le sue lune.

Clicca qui per continuare a leggere l'articolo

venerdì 18 novembre 2011

Vogliono farci fallire?

Monti

Incontri con la stampa…

Sabato 19 novembre - ore 18 incontro con

STEFANO SASSI

CAPO REDATTORE TG2 ECONOMIA

sul tema

VOGLIONO FARCI FALLIRE?

Realtà, menzogne e rimedi per la crisi che investe l’Italia

introduce

ROBERTO ROSSETI

seguirà drink

L'UNIVERSALE

LIBRERIA GALLERIA DELLE ARTI

Roma - Via Caracciolo 12

Clicca qui per visualizzare la locandina

L'Italia è in mano a poteri esterni

vogliamo più tasse

Giulietto Chiesa: "Con Monti e Draghi l'Italia è in mano a poteri esterni che ci porteranno alla catastrofe"

di Ignazio Dessì

Mario Monti, il presidente del governo tecnico incaricato di salvare l’Italia dai colpi dello spread, dagli scricchiolii della Borsa e dall’incedere del debito pubblico, insomma dalla crisi, ha annunciato agli italiani che occorreranno molti sacrifici per rivedere il sereno e tornare a crescere. E’ giusto dunque dare con fiducia un contributo nell’interesse generale o bisogna preoccuparsi? Ne abbiamo parlato con Giulietto Chiesa, il noto giornalista, scrittore e politico, che più volte ha puntato il dito contro i giochi speculativi dei potentati finanziari internazionali.

Giulietto Chiesa, gli italiani devono gioire perché i loro guai stanno per finire o devono preoccuparsi?
“C’è molto di cui preoccuparsi perché Mario Monti è la sintesi e l’emblema di un nuovo governo esterno alla democrazia italiana. Forse è la prima volta che il nostro Paese è governato formalmente da un gruppo di persone espressione di un potere esterno”.

A quale potere si riferisce?
“E’ difficile definirlo in termini sintetici. Formalmente è un potere europeo, sostanzialmente è un potere finanziario che interviene direttamente sulle sorti del nostro Paese attraverso due persone che si chiamano Mario Monti e Mario Draghi. L’uno è il banchiere centrale europeo, l’altro il nuovo capo del governo di questo Paese. Entrambi sono uomini della Goldman Sachs e, per meglio dire, uomini che hanno partecipato alla guida di una delle più importanti banche d’investimento mondiale. Il primo come vice presidente per l’Europa (2002-2005), l’altro come consigliere internazionale (2005). Ora assumono la guida dell’Italia e la lettera Draghi-Trichet, inviata questa estate al nostro governo, di fatto indica ciò che Monti si appresta ad eseguire”.

In poche parole l'unica cosa certa è che i cittadini devono aspettarsi ancora di versare lacrime e sangue. Del resto la Bce ce la sta mettendo tutta per farci capire che il nostro debito è un pericolo per l’economia europea e dobbiamo estinguerlo. E’ giusto che ci dissanguiamo per pagare questo debito?
“No, è assolutamente ingiusto. Questo debito è iniquo e illegale e per questa ragione ritengo che l’Italia non debba pagarlo. Lo dico basandomi su molti dati probanti. L’Italia è uno dei Paesi più sani d’Europa dal punto di vista del debito privato, corrispondente al 42% del Pil, mentre Paesi come la Francia, l’Inghilterra, la Spagna e altri sono in condizioni di gran lunga peggiori. Basti pensare alla Gran Bretagna, che è fuori dall’euro, ma con un debito privato del 103% del Pil, praticamente più del doppio dell’Italia. Addirittura, se facciamo la somma del debito pubblico più il debito privato, scopriamo che l’Italia si trova al secondo posto come stabilità finanziaria dopo la Germania”.

Perciò dipingere l’Italia come una nazione sull’orlo del fallimento non è corretto?
“Presentare l’Italia come una nazione sull’orlo del fallimento è una evidente forzatura. Gli italiani hanno seguito molto meno di altri le favole della globalizzazione, non si sono indebitati, e hanno continuato a lavorare sulla base delle proprie risorse. Lo Stato italiano ha inoltre tra i 300 e i 400 miliardi di debito verso i propri cittadini (che dunque gli hanno prestato i soldi), cosa molto diversa dall’essere indebitati completamente verso l’esterno. Grosso modo abbiamo 750 miliardi del nostro debito imputabili all’intervento di grandi banche d’investimento che hanno acquistato Buoni del Tesoro italiani. Cifra enorme frutto della speculazione. Poi ci sono circa 900 miliardi frutto degli investitori istituzionali italiani sul mercato dei Bot, in parte dovuti alle banche italiane che hanno comprato questi bond e in parte al fatto che, per esempio, tutti i fondi pensione si sono buttati in attività speculative accumulando prodotti tossici. In sostanza siamo di fronte a un debito che va disaggregato. Una parte va ripianata ed un’altra no. La parte da ripagare è quella derivante dal fatto che lo Stato ha speso più del dovuto, e l’ha fatto perché le classi dirigenti hanno consentito ai ricchi di non pagare le tasse. Questa parte del debito va ripianata ma la domanda è chi la deve ripianare?”

Già, chi la deve ripianare?
“La devono ripianare quelli che non hanno pagato le tasse, non il popolo italiano nel suo complesso”.

Chiedere agli italiani grandi sacrifici è quindi ingiusto? Siamo nel pieno di un contrasto tra interessi della finanza e interessi dei cittadini?
“Dicendo che l’Italia è sull’orlo della bancarotta si raccontano un sacco di balle, e chiedendo agli italiani grandi sacrifici per uscire dalla crisi si crea una situazione gravissima di scontro tra le esigenze finanziarie del mercato mondiale e le esigenze della vita di 60 milioni di persone. E io metto in testa le esigenze della vita, dello studio, della salute e del lavoro di 60 milioni di persone”.

Sta forse parlando della crisi di questo capitalismo essenzialmente finanziario, di un modello economico irrimediabilmente logoro?
“Tutti i dati ci dicono che siamo arrivati a un punto di non ritorno. Questa finanza sta creando da 30 anni una gigantesca massa di debito basata su una speculazione forsennata per tenere alti i tassi di crescita della finanza stessa. Non c’è invero nessun rapporto tra questa crescita e l’economia reale, l’attività produttiva, il lavoro e la vita della gente. C’è una massa monetaria, il debito, che cresce su se stessa e tramite se stessa. Questa massa produce un disastro generalizzato e molte banche occidentali ed europee sono fallite tra il 2007 e il 2010, ma sono state ricapitalizzate con denaro fittizio fornito dalla banca centrale del pianeta, cioè dalla Federal Reserve. Nessuno ha fatto azioni contro di loro per farle fallire: sono fallite da sole. Il crollo del sistema finanziario mondiale è già avvenuto per ragioni endogene, secondo le leggi del mercato, cosa per cui quelle banche dovevano essere lasciate al loro destino. Ma in virtù della legge Too big to fail (troppo grandi per fallire) sono state salvate con denaro pubblico e denaro fasullo, cioè inesistente".

E ora, a 5 anni dall’inizio della crisi, siamo di nuovo da capo ed anche il Belpaese rischia.
“Esatto. Tutte queste banche, dopo avere speculato sui mutui facili degli Usa e aver arricchito per 6 anni Wall Street con una gigantesca massa di denaro che arrivava da tutto il mondo, hanno scoperto di essere in fallimento perché quegli asset erano inesigibili. Abbiamo creato un debito superiore a qualsiasi possibilità di chiunque di pagarlo, compresi gli Stati Uniti d’America. Quindi le grandi banche d’investimento americane ed europee cosa hanno fatto? Si sono gettate sui Bot europei perché pensavano che questi sarebbero stati esenti da ogni rischio in quanto coperti dalla Banca Centrale Europea, ed hanno cominciato a comprare a man bassa con fini speculativi i bond europei, scegliendo i paesi più deboli perché i loro Buoni del tesoro offrivano tassi di interesse più alti. Si sono precipitati sulla Grecia, sull’Italia, sulla Spagna, sul Portogallo comprando il debito pubblico di questi stati e mettendoli in circolazione attraverso i derivati, cioè ingigantendoli ulteriormente e portando questi Paesi al disastro. Il disastro greco è stato organizzato dalle banche di investimento internazionali, protette dall’Europa, e con lo stesso meccanismo stanno cercando di creare il disastro italiano”.

Lei ha affermato che siamo commissariati dalla Bce, dal Fmi, ed ha parlato di una sorta di Matrix, un mondo in cui la democrazia è virtuale e non ci sono punti di riferimento per i cittadini i quali, per giunta, spesso non se ne rendono conto. Qual è la pillola da assumere come nel film per rompere il meccanismo? Forse prendere coscienza e mobilitarsi?
“Mi ha tirato fuori le parole di bocca. Stiamo andando verso la catastrofe, una crisi più grande di quella del ‘29. Le banche internazionali si sono scavate la fossa ed ora, per salvarsi, la vogliono scavare a noi. Quindi per sfuggire al disastro bisogna rompere questo meccanismo”.

Come?
“Prima di tutto non pagando il debito, denunciandolo, poi aprendo una discussione in Europa per modificare le regole che l’hanno retta finora. Le prime regole da cambiare sono gli accordi di Maastricht, che costringono gli stati europei a fare ricorso per finanziarsi al mercato speculativo internazionale. Un mercato drogato e impazzito, per cui gli stati diventano drogati e impazziti a loro volta. Inoltre, per rompere questo meccanismo perverso, bisogna creare un movimento internazionale popolare di opposizione che respinga questa linea e dica che questa Europa così com’è va riformata radicalmente, ridiscutendone la costituzione e le regole per andare a un’Europa che tenga conto degli interessi dei popoli".

E se non ci riuscissimo?
"O andiamo in questa direzione dove ci possiamo salvare o andiamo nella direzione che ci propone il signor Mario Monti, quella della catastrofe. Quando Monti e altri ci ribadiscono infatti che adesso dobbiamo sacrificarci perché poi ricominceremo a crescere mentono. Non possono non sapere che questa prospettiva non esiste. Noi andiamo semplicemente verso una recessione di proporzioni anch’esse gigantesche. E questo dimostra che queste persone sono in cattivissima fede”.

Manifestazione alla base NATO di Bagnoli – 26 Novembre 2011

stop NATO

Gli aderenti al Proclama alla Nazione residenti in Campania e al Sud in generale sono invitati a partecipare alla seguente manifestazione che avrà luogo il 26 Novembre nei pressi della base NATO di Bagnoli. Sarà quindi CONTEMPORANEA a quella che si svolgerà ad Arezzo, anch’essa appoggiata dal Forum dei LXX.

http://proclamaitalia.wordpress.com/2011/11/17/manifestazione-alla-base-nato-di-bagnoli-26-novembre-2011/

Per maggiori informazioni, visitate il sito internet dell’iniziativa: http://26novembre2011.wordpress.com/

giovedì 17 novembre 2011

Non è tutta colpa della Goldman Sachs

Italia in vendita

Qui c’è l’articolo che parla della Goldman Sachs, io vi posto un ottimo commento all’articolo stesso. 

C'è il rischio, a questo punto, che per molti Goldman Sachs diventi l'unico problema, rimosso il quale tutto tornerebbe a posto.
GS è uno strumento, certo importante, vista la massa di derivati che vaga per il mondo (e GS è molto esperta nella finanza derivata e "creativa"), ma non l'unico che la classe globale deterritorializzata utilizza per stabilire ed estendere il suo potere.
Restando sul terreno delle banche, della finanza, della borsa, oltre a GS ci sono, tanto per fare qualche esempio, le agenzie di rating, la BM, la BCE, il gruppo Federal Reserve ed altre entità.
Ma lo strumento di dominazione della finanza, unito a quello della moneta privatizzata, non basta per mantenere ed estendere un potere invasivo come quello globalista.
Gli strumenti militari USA e NATO possono tornare utili soprattutto per piegare resistenze esterne al cosiddetto mondo occidentale e sviluppato, ma altrettanto utili, in particolare all'interno del predetto mondo, sono gli apparati massmediatici e quelli accademico-universitari, che consento di diffondere disinformazione, menzogna, cascami di modelli culturali ad uso e consumo delle masse idiotizzate e perciò di adattare, attraverso la manipolazione culturale, i subordinati al nuovo ordine.
Mi fermo qui, rilevando che GS non è tutto il problema, ma soltanto una parte, pur importante, del tutto.
Se si distrugge, materialmente e simbolicamente, GS si risolve solo una parte del problema, privando la Global class di un importante strumento finanziario di dominazione, ma non di tutte le armi di cui dispone.
Saluti
Eugenio Orso

mercoledì 16 novembre 2011

Ognun per sé. E tutti a fondo

politici-cittadini-banca

Datemercoledì, novembre 16, 2011

La frasetta è azzeccata, e lo è soprattutto per chi si ostina a definirsi di sinistra e a compiacersi di una sua presunta diversità dall’andazzo corrente dell’economia e di tutto il resto. La frasetta suona all’incirca così: «Abbiamo aspettato così tanto, in attesa di far valere le nostre ragioni, che adesso ce le siamo dimenticate».

Ci si può aggiungere subito un corollario: abbiamo aspettato così tanto, ad agire come un popolo, che adesso non ne siamo più capaci. Un po’ ci è passata la voglia, sia perché siamo indaffarati a destreggiarci fra le mille difficoltà dell’esistenza, sia perché ci sembra che qualsiasi sforzo si rivelerebbe comunque inutile. Ma la ragione fondamentale è un’altra: non ci sentiamo più di appartenere a una stessa comunità. E il guaio, il vizio, la malattia, è che non si tratta affatto di una sensazione campata per aria. Se dalla mera impressione passiamo all’analisi, il punto d’arrivo è inquietante: i legami reciproci – quelli che trascendono le diversità di opinione, di abitudini, di cultura, e chi più ne ha più ne metta – si sono disgregati e dispersi.

Per dirla con Massimo Fini, sono venuti meno i valori pre-politici. A forza di rifluire in un individualismo d’accatto, tanto confortevole in superficie quanto sterile in profondità, abbiamo perso quel senso di coinvolgimento reciproco che dovremmo avere per il semplice e inderogabile fatto di essere venuti al mondo qui. In questa terra e in mezzo a questa gente. Con questa storia alle spalle e grazie al cielo, in mezzo a tanto ciarpame e a tante figure spregevoli, con le innumerevoli dimostrazioni di un potenziale eccellente.

Ma quella che andrebbe recuperata, in realtà, è una condivisione che va persino al di là dei confini nazionali. E che si espande all’intera umanità. La condivisione essenziale riguarda il fatto che in nessun caso un modello economico e sociale può comportare il vantaggio di una ristretta minoranza di privilegiati a scapito di tutti gli altri.

È su questa base, stringata in teoria ma illimitata sul piano pratico, che ogni altra differenza deve essere messa in secondo piano. Non è solo un problema di redditi eccessivi o di patrimoni esorbitanti, che peraltro sono la manifestazione evidente di diseguaglianze troppo forti e troppo radicate per essere accettabili. È innanzitutto una questione di ciò che ne consegue di deteriore ai fini dell’esistenza: dalla mancanza di tempo e di serenità fino alle patologie fisiche e mentali, dal disagio dei singoli fino ai guasti ambientali che, in un modo o nell’altro, riguardano chiunque. E possono risultare irreversibili.

Quello che si va profilando, al contrario, è un atteggiamento di segno opposto. Una rinuncia generalizzata agli interessi comuni, in favore di un approccio puramente individuale. Una sorta di “competizione globale” che si estende a tutto ciò che facciamo. Ciascuno con la sua impresa da far crescere a danno delle altre. Ciascuno impegnato a cavarsela per conto proprio. Ciascuno che arriva ad accettare, come già accade negli USA, il principio perverso che farcela o non farcela sia solo ed esclusivamente una responsabilità personale: non è il sistema a essere sbagliato, nonostante i suoi meccanismi disumani e le spaventose iniquità che impone a tanta parte della popolazione, ma il singolo che non è stato abbastanza abile, scaltro, cinico, da meritarsi il “premio” di un lavoro più qualificato e, soprattutto, meglio retribuito.

Oggi è questo, il principale pericolo. Ancora più delle pur gravissime strategie di ridimensionamento/cancellazione del welfare, di speculazione sul debito pubblico e di alienazione del patrimonio statale. In linea di principio il welfare si potrà sempre reintrodurre per legge, il debito pubblico ricontrattare (o tout court ricusare), e il patrimonio alienato recuperare con un atto d’imperio, analogamente alla nazionalizzazione delle imprese strategiche e dei servizi essenziali.

Ma la deriva individualista no. Quella non la si potrà annullare dall’oggi al domani. Anche perché – ed ecco spiegato come mai la si è perseguita con tanta assiduità, a partire dal consumismo e dall’idea distorta di una democrazia che vuole tutti uguali non solo al momento del voto ma anche nel diritto assoluto di pensare e di agire a modo proprio e senza alcun obbligo di giustificazione concettuale ed etica, sull’onda dell’egoismo più ottuso e capriccioso – il suo superamento è il presupposto stesso di quella ribellione di massa che sarebbe necessaria per scardinare l’attuale assetto.

Il classico circolo vizioso: per tornare a fare gli interessi del popolo ci vorrebbe prima un popolo. Non un’accozzaglia di individui che pensano solo per sé.

Federico Zamboni

martedì 15 novembre 2011

Piazza Fontana: una ricostruzione contraria alla vulgata della sinistra

Piazza Fontana

Ancora un libro su piazza Fontana? È la prima domanda che viene davanti a un saggio come quello appena pubblicato dallo storico milanese Massimiliano Griner, Piazza Fontana e il mito della strategia della tensione (Lindau, pp. 312, € 22) che ha l'ardire di tornare sull'argomento, e con l'ambizione di dire qualcosa di nuovo.
Griner non è nuovo alle ricerche controcorrente. Già autore di saggi documentati sulla Repubblica sociale, prima di esplorare gli anni Settanta ha raccontato l'intervento militare italiano nella guerra civile spagnola, riconoscendo non le ragioni dei fascisti che vi andarono volontari a combattere contro le brigate internazionali, ma quantomeno la loro buona fede. Il suo nuovo libro conferma l'indole di un ricercatore che tutte le volte preferisce ripartire daccapo, piuttosto che farsi ammannire una verità rivelata.
Sono passati oltre quarant'anni da quel giorno in cui una bomba uccise diciassette persone in una banca di Milano. Un evento dirompente che imprime una svolta senza ritorno nella storia del paese, apre una stagione di violenza durata un decennio e decreta la fine dell'innocenza degli anni Sessanta.
Dopo quarant'anni e otto diversi processi, ancora nessuna verità definitiva è arrivata dalle aule di giustizia. Non sono stati individuati i mandanti, e neppure i semplici sicari. Forse anche per questo si è invece affermata una verità alternativa, che è una verità politica e culturale. Una verità frutto di una narrazione collettiva creata nel tempo da pubblici ministeri con i loro teoremi, da fantasiosi consulenti della commissione stragi, da giornalisti investigativi dediti al complottismo.
Una ricostruzione cristallizzata, ideologica, dogmatica, che Griner chiama "canone", cioè una sorta di verità ufficiale, anche se in questo caso non è custodita da un regime, ma da un drappello nutrito di rispettati intellettuali orientati a sinistra.
Un nome per tutti? Giuseppe Casarrubea, che la strategia della tensione la fa ascendere addirittura a Portella della Ginestra, dove, secondo la sua ricostruzione contraddittoria e non probante, a sparare insieme a Salvatore Giuliano c'erano uomini della Decima Mas. Il suo metodo, non diverso da quello degli altri complottisti, si basa su due ingredienti sapientemente dosati, pregiudizio e "bocca buona" nella scelta delle fonti: quando confermano la teoria, sono sempre considerate valide, anche se si tratta di informative vergate da agenti prezzolati, il cui unico obiettivo era mantenere il compenso mensile erogato dai servizi segreti. E poco importa se il ragionamento dei complottisti vada avanti a colpi di supposizioni forzate, di "forse" che diventano "senza alcun dubbio" e di ipotetiche che diventano apodittiche. Tanto possono contare sulla curiosità che suscita tutto ciò che è falso ma spettacolare.
Il canone, costruito con questa retorica che niente ha del rigore scientifico richiesto dalla storia, ci racconta che la strage fu scientemente cercata, che fu ispirata da ambienti reazionari statunitensi, eseguita da neofascisti ma attribuita con una congiura all'estrema sinistra, coperta dai servizi segreti. Con un obiettivo: spostare a destra l'elettorato italiano, per prepararlo a un colpo di stato reazionario.
Ma lo storico milanese non si limita a mettere in discussione questi luoghi comuni. Ne aggiunge altri, la cui confutazione si rivela altrettanto interessante: dalle fragili certezze sul deragliamento della Freccia del Sud, nei pressi di Gioia Tauro, nel 1970 - per il "canone" è la prova della saldatura tra neofascismo e 'ndrangheta nella rivolta di Reggio Calabria - alla frettolosa denuncia di continuità tra eversione e arma dei carabinieri nel caso dell'attentato di Peteano del 1972, quando a morire dilaniati da un autobomba sono tre giovani militari. Fatti alla mano, Griner dimostra che la criminalizzazione della rivolta calabrese è soltanto un tentativo della propaganda di sinistra di coprire la sua incapacità di capitalizzare quel fermento popolare (gestito invece dall'estrema destra con notevole successo). Quanto a Peteano, il depistaggio delle indagini è avvenuto, ma non per tutelare i neofascisti: piuttosto per salvaguardare a ogni costo la segretezza di Gladio, che era comunque estranea a questo come a altri attentati di quel periodo.
La vera novità del saggio è in un esperimento che si può dire riuscito. Rimanendo equidistante, Griner ha provato a guardare i fatti prendendo sul serio protagonisti maggiori e minori, soprattutto i neofascisti. Riconoscendo in loro determinazione, obiettivi, e ideali; e dimenticando quell'approccio classico in cui ogni soggetto è manipolato da qualcun altro, e c'è sempre "dietro" oppure "sotto" qualche livello di comando misterioso e intoccabile.
Per mettere in discussione queste certezze occorre un certo coraggio, e lo storico milanese lo ammette: «Se mi fossi messo nella scia della tradizione, confermando un modo di guardare al nostro passato invalso e autorevole, non avrei avuto alcun problema, e anzi, avrei potuto ricevere anche qualche elogio - scrive nell'introduzione del saggio - prendendo invece la decisione di andare controcorrente, mi sarei esposto a prevedibili critiche, se non alla marginalità. A un certo punto ho capito che dovevo comunque percorrere la mia strada, perché la credevo vera, anche al prezzo della marginalità e della denigrazione». È un prezzo che per fortuna Griner ha deciso di pagare.

Amanda Righetti

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