Vogliamo giustizia!

Vogliamo giustizia!
Giustizia per i morti di Bologna

Ultimissime del giorno da ADNKRONOS

venerdì 30 settembre 2011

25 o 18 aprile per me pari sono

18 aprile

Che casino mediatico per la proposta di un deputato pdl , Garagnani , di abolire il 25 aprile quale festa nazionale e sostituirla con il 18 aprile . Celebrando così il voto del 1948 che (secondo lui) significò la vittoria della democrazia (cristiana) sul comunismo . Questione di opinioni e di formazione personale . Che sul "reo" si siano abbattuti gli strali della associazione partigiani , dei comunisti , dei "democratici" doc non può sorprendere . Manca ancora Napolitano all'appello , ma presumo arriverà presto . Non è mancato il richiamo dei media al "revisionismo fascista". Ovviamente strumentale , fazioso e pure frutto di grande ignoranza . Premesso che è risaputo come venga considerato il 25 aprile dai "Fascisti" ovvero...fango della peggior specie , chiariamo che anche il 18 aprile 1948 trae origine e linfa vitale dallo stesso mese (e successivi) del 1945 . Vittoria degli alleati , fine della reale indipendenza nazionale , una catena di vendette sanguinose e "fuori tempo" , un referendum che punì (con imbroglio) la monarchia traditrice , una costituzione che restaurava lo stato liberal-capitalista e metteva al bando "transitoriamente" il Fascismo ed i Fascisti . Il 18 aprile 1948 altro non fu che una resa dei conti tra partiti e politici del comitato di liberazione nazionale . Truccato pure esso dato che , con Yalta , mai i comunisti sarebbero potuti andare al potere in Italia . Quindi fango ulteriore sul fango primigenio del 25 aprile '45 . Nessuna differenza : con qualunque data è sempre la repubblica antifascista fatta di vecchi e nuovi partigiani .

Vincenzo Mannello

http://www.vincenzomannello.it/

giovedì 29 settembre 2011

Zeus News - Il cybertopo col cervelletto artificiale

 

Aperta la strada per sostituire parti del cervello con protesi artificiali.

[ZEUS News - www.zeusnews.com - 28-09-2011]

Cybertopo cervelletto artificiale Matti Mintz

È già stato ribattezzato «il topo-cyborg» e non senza motivo: è il primo animale con un cervelletto artificiale, ed è stato presentato alla conferenza organizzata dalla Strategies for Engineered Negligible Senescence Foundation e tenutasi a Cambridge.

Clicca qui per visualizzare l'intero articolo - Il cybertopo col cervelletto artificiale

martedì 27 settembre 2011

Il libro-manifesto alla partenza

‘Libro-manifesto’

Per una Nuova oggettività,

popolo, partecipazione, destino.

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Nel presentare il lavoro appena impostato più di un anno fa e sostanzialmente compiuto e tra poco in distribuzione, (15 ottobre) possiamo compiere alcune considerazioni, spero oneste e non trionfaliste. Anzi speriamo sostanzialmente autocritiche, se sempre, siamo convinti, ci debba assistere una forte insoddisfazione per ciò che noi stessi raggiungiamo, anche con sforzo notevole, per ambire a sempre maggiori risultati. Oltre 150 adesioni formali, oltre 90 contributi scritti riordinatisi naturalmente per “Argomenti”, a seconda di vocazioni ed attitudini. Ma al di là del dato numerico che potrebbe significare molto e poco, assieme, ciò che conta è verificare se da questo sforzo, che non ha oggettivamente eguali comunque negli ultimi decenni, possa emergere una prospettiva di lavoro utile. Nella Postfazione di Sessa, compiuta per necessità strumentali a circa ¾ del lavoro complessivo e quindi non includente la totalità delle sollecitazioni derivanti dai contributi stessi, ma che con grande capacità coglie gli elementi fondanti tale insieme di espressioni, viene definita una “identità plurale”, non come minus, ma come una speranza di “fuoriuscita dall’apatia al progetto”, con implicita una “forte motivazione inclusiva”. Le prospettive sono le più varie “geo-filosofiche, estetico-politiche, psicologico-archetipali”, e questo oltre ad essere scontato è anche, a ben vedersi, una potenzialità spendibile in ogni campo, per articolazione e complessità. Il tutto sostanzialmente perché si è saputo comunque “pensare in modo critico l’identità ideale ed esistenziale prodottasi nel corso della nostra microstoria”. Proiettivamente, per usare ancora le sue parole: “felicità è agire” per riconoscere “le isole in arcipelago” e perché si riveli l’utopia come “sempre transitabile”.

Ora consideriamo quale è (ancora e sempre più) il nostro punto di partenza. Una terra desolata ove le nubi della “smobilitazione ideale” ovvero della smobilitazione totale, operano trombonescamente e livide di rabbia contro ogni conato, prevedibile e sacrosanto, si opponga ad una deriva di fallimento totale prima spirituale ed animico e poi materiale ed economico. I pochi (o molti?) che si potrebbero opporre ancora con dignità di vita alle spalle ed indipendenza dimostrata, spesso non vogliono più rischiare ulteriori delusioni o prevedibili fallimenti e così si ritirano in una torre ben difesa ed arredata, dalla quale fanno spesso solo singolari sortite preoccupate e rapidissime, sempre coraggiose ma perlopiù improduttive e certo non favorite dal mugghiante e dolorante contorno di sommersi e salvati ed a tutto ciò presiede una cupola mediatica, sorta di ripetitore osceno sulle colline, che racconta fandonie insulse e vellica i peggiori istinti di fine ciclo.

Potremmo anche sorridere amaramente ma ciò non ci esime dal combattere per ottenere ciò che vogliamo con tutte le nostre forze, riordinando gli animi, i pensieri, le fila, le utopie. Lasceremo agli altri riscontrare, perché l’abbiamo già fatto noi, consapevolmente, ogni pericolosa caduta di livello, ogni monomaniacalità perdutasi per la tangente, ogni ingenuità velleitaria, per concentrarci sul possibile e sul giusto.

Diremo ancora di più e forse di peggio, e questo per avversari ed anche per amici: ciò che ci preoccupa non è la nostra diversità interna, che ad un occhio meno arreso alla quotidianità e meno arroccato sul nomadismo e l’anarcoidismo che va oggi tanto di moda - ulteriore segno dei tempi - non è metro di scandaglio profondo ma solo osservazione della tempesta superficiale, ma forse una relazionata eccessiva concentrazione (semplificazione?) di diversità reale, quella che ci dovrebbe condurre al primato ed alla vittoria, per gradi. Per chi ha letto, parola per parola, i pensieri dei presenti ed anche degli assenti (da questa summa), di coloro che comunque potevano e dovevano esserci e non ci sono stati per disillusione, stanchezza od errata analisi d’inesistenti presunte differenze macroscopiche, lo spavento potrebbe anche non venire dalla diversità ma proprio dal contrario: cioè, al fondo, da un’accerchiata e dolente compressione del pensiero atto a creare il nuovo. Ovviamente all’interno dei parametri antiglobalisti, antiusurocratici, anticonsumisti, antiespropriatorii e relazionalmente popolari, partecipativi, differenzialisti, olisti e destinali. Tutti responsabilmente declinabili, ma tutti, per noi, invalicabili. E ci sono, diffusamente o specificatamente, invece, indicazioni meravigliosamente concentrate ed antagoniste...

La necessità di una sorta d’urfuturismo - o chiamiamolo come vogliamo ma comprendendo endiadi ed ossimoro - quindi oggettivamente per principi espressi e per direzionalità scelte e soprattutto per stile d’essere - è quindi vitale e non solo spirituale, ideale, artistica, generazionale. E dobbiamo figurarcela come estranea a tutti i parametri della usualità borghese accettabile attuale, ovvero quel qualcosa che sta tra l’eccellenza senza paragoni (ovunque si verifichi) e la scorrettezza estrema del pensiero non assoggettato - almeno in prima battuta - ad alcun limite, né di tipo umanistico né di tipo confessionale ed una vitalità ritrovata e luperca che non deve prendere esempio da nessuno perché nessuno è in grado di darci ciò che non ci appartiene già, almeno come ipotesi di lavoro. Ogni volta nella storia in cui ci siamo accompagnati od affidati ad altro od ad altri siamo sempre miseramente falliti, prima o poi, perché la nostra vocazione è trovare la nostra strada da soli, in estremamente attenta ma perfetta autoreferenzialità, che è l’unico viatico, paradossalmente, anche per sopravvivere nel mondo globalizzato attuale. Auguri a noi.

Sandro Giovannini

Il libro-manifesto può essere prenotato a 15 Euro

presso la libreria online: www.antichilibrionline.com

mail: libreriapandora@gmail.com

tel/fax : 0732-22882

Libreria Pandora, Piazza Fratelli Rosselli, 5 - 60044 - Fabriano (AN)

Il libro-manifesto successivamente sarà messo in distribuzione a 25 Euro.

Visita il diario del laboratorio di esplorazione ciber-culturale

Brunetta: basta Durc e certificato antimafia

Brunetta: basta Durc e certificato antimafia

di Barbara Weisz

Il ministro della Pubblicazione Amministrazione preannuncia l'eliminazione dei certificati inutili, relativi a fatti già noti alla pa, fra cui il Durc e il certificato antimafia. Polemica l'opposizione.

La ricetta per la crescita del ministro Renato Brunetta passa attraverso la semplificazione. E allora, «basta Durc, basta certificati antimafia. Basta pacchi di certificati per partecipare a concorsi». Insomma, basta alla necessità di presentare certificati che attestino cose che, in realtà, la Pubblica Amministrazione sa già. «Perchè famiglie e imprese devono fornire certificati alla pubblica amministrazione che li ha già in casa?» si chiede il titolare del ministero della Pubblica Amministrazione e dell'Innovazione.

La soluzione si chiama autocertificazione. Secondo Brunetta, che ha così anticipato una delle misure che dovrebbero essere contenute nel decreto Sviluppo (quello che i governo dovrebbe presentare entro la metà di ottobre, incentrato sulla crescita), i certificati inutili si possono completamente eliminare, ed essere sostituiti da autocertificazioni, mentre le certificazioni rilasciate dalla PA continueranno ad essere utilizzate solo per i rapporti fra i privati. Sui relativi moduli ci sarà esplicitamente scritto: «il presente certificato non può essere prodotto agli organi della Pubblica Amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi».

Il ministro ha parlato a margine della presentazione del nuovo logo della Pa digitale. E ha ribadito un concetto già espresso negli ultimi giorni, secondo cui i paese ora ha bisogno di puntare sulla crescita, e di farlo usando non più gli antibiotici ma le vitamine. E, appunto, una delle vitamine per la crescita è la semplificazione».

Le dichiarazioni del ministro stanno già provocando polemiche. Non tanto per l'eliminazione del Durc, il documento unico di regolarità contributiva da parte dell'impresa, ma per quella del certificato antimafia. Per il responsabile sicurezza del Pd, Emanuele Fiano, «non può essere accettata una misura che rende più fragile il sistema di controllo dello stato».

Dal sito pubblicaamministrazione.net

lunedì 26 settembre 2011

Vogliamo la catastrofe!

barboni

di: Alberto B. Mariantoni

Per l’attuale Segretario al Tesoro degli United States of America, Timoty Geithner, l’Europa deve fare di più”. Altrimenti – ha tenuto a sottolineare – si va incontro ad una possibile catastrofe(sic!).

In modo un po’ più esplicito, diciamo che il suddetto autorevole e sfrontato Ministro del governo dei “padroni del mondo” – nel corso dell’ultimo meeting annuale del Fondo monetario internazionale di Washington (23-25 Settembre 2011) – ci ha fatto ufficialmente sapere che, per permettere agli all’incirca 308.745.538 abitanti di Yankees-Land di continuare a vivere e ad operare al di sopra dei loro mezzi, noi boveri colonizzati italiani ed europei dobbiamo assolutamente fare altri sforzi, stringere maggiormente la nostra cintura e compiere ulteriori e supplementari sacrifici. Se necessario, fino allo spasimo ed, eventualmente, fino all’agonia o al trapasso.

Questi delinquenti!

Vi rendete conto, inoltre, da quale pulpito viene la sopraindicata predica?

Loro – i “buoni” del Mondo – creano “voragini” finanziarie paurose nell’ambito della loro economia e di quelle del resto delle Nazioni del Pianeta; sempre loro – con la furbesca e ingannevole ideologia del globalismo a senso unico – ci obbligano ad entrare in concorrenza industriale e commerciale con Paesi il cui salario minimo delle maestranze tende ad oscillare tra i 18 ed i 20 dollari al mese; ininterrottamente loro – con la scusa della lotta contro il terrorismo – continuano a scatenare e ad alimentare guerre a non finire nei Paesi Terzo mondo, con parcelle miliardarie da pagare; incessantemente loro e sempre loro continuano a stampare tonnellate e tonnellate di cartaccia da w.c. che ancora hanno la faccia di bronzo di definire “dollaro”, e noi Italiani/Europei, per poterli davvero fare contenti ed appagati (poverini… ci hanno “liberato”!), dovremmo – con l’indefesso ausilio e la quotidiana, servile ed interessata complicità dei maggiordomi/kapò delle classi dirigenti (destra, sinistra, centro = kif kif) e dei responsabili pro-tempore delle bankgangster di casa nostra – pagare le spese dei loro disastri epocali!

La catastrofe? Ben venga, Sig. Ministro dell’Impero USA. Vogliamo la catastrofe. Anzi: evviva la catastrofe!

Per quale ragione? Semplice da spiegarlo…

La gente che non possiede nessun rudimento di economia non lo sa, ma le cicliche e reiterate minacce di catastrofe finanziaria generalizzata – oltre ad essere, in questa occasione, un astuto e contingente espediente per meglio farci pagare, senza nemmeno farcelo sospettare, i recenti pots cassés dei succitati “gentlemen” – sono ordinariamente una classica e già sperimentata strategia del liberal-liberismo di ogni tempo. Qualcosa, cioè, che viene preventivamente e proditoriamente studiato a tavolino dagli gnomi della finanza internazionale, per cercare di convincere l’uomo della strada di un certo spazio economico predefinito (nel nostro caso, l’Europa) ad accettare obtorto collo, sia di rinunciare al suo ex-acquisito tenore di vita che di azzerare le sue pretese salariali e sindacali. Questo, fino a farlo psicologicamente adeguare o equiparare, per gradi successivi ed ogni volta emotivamente psico-drammatici, agli attuali “standard” della Cina o dell’India (in chiaro: 18/20 dollari al mese per tutti e 100 dollari al massimo per il personale specializzato; ovviamente, senza nessun diritto sindacale e nessuna protezione giuridica o sociale). Per poi permettere ai tradizionali, fedeli e zelanti adoratori di Mammona di rimettere in movimento il periodico ed inarrestabile andirivieni delle loro “maree” finanziarie (in questo caso, da Est verso Ovest) e tentare di mettere di nuovo in concorrenza, in un prossimo futuro, il Sud-Est asiatico con l’Europa, per cercare, ogni volta, di produrre più profitto, a loro vantaggio, nonché sulla schiena ed alla faccia di chi vive esclusivamente del suo lavoro.

Ma ammettiamo pure che, questa volta, il rischio di una possibile catastrofe finanziaria generalizzata sia realmente vero.

Chi non ha miliardi in banca, chi non specula in borsa, chi non tresca con i paradisi fiscali, chi non ha, insomma, nulla da perdere, se non il modesto frutto del suo quotidiano e super-sudato lavoro, non mi sembra che abbia qualcosa da temere dall’eventuale catastrofe che continua ad essere quotidianamente e cassandramente sbandierata e fatta incombere sulle nostre teste dalle suddette “arpie”. Insomma, chi lavorava e sputava sangue, prima, per cercare di sbarcare il suo lunario, al massimo continuerà invariabilmente a lavorare e sputare sangue, anche dopo, per tentare, come il solito, di sopravvivere ed evitare di morire di fame.

Piuttosto, diciamo che – per chi ha sempre lavorato e vissuto esclusivamente della sua attività, del suo mestiere o della sua professione – la cosiddetta preannunciata catastrofe potrebbe addirittura rivelarsi un’insperata e salutare opportunità: quella, in particolare, di potere, dopo più di mezzo secolo di prepotenza capitalista, “rimischiare le carte” o, addirittura, riuscire a cambiare il mazzo truccato che fino ad oggi è stato utilizzato dai “signori della finanza” per meglio poterci sottomettere e taglieggiare, nonché potere smascherare pubblicamente i bari di professione e cacciare definitivamente dal “tavolo da gioco” delle nostre società i già paffuti o butirrosi epuloni/imbroglioni della serie “tu lavori ed io magno”!

Per chi, invece, ha patrimoni perdere – vale a dire, chi possiede grossi soldoni elettronici in qualche soleggiata ed accogliente isola dei Caraibi o del Pacifico o, in contanti, all’interno dei super-blindati e protetti caveaux delle banche autoctone o allogene; chi può vantare il possesso di sontuosi palazzi e sfarzose ville a nome di società off-shore per non doverci pagare le tasse; chi detiene yacht di lusso (con bandiera panamense o liberiana) che sono ammarati in qualche ospitale e pittoresco porto di plaisance o velivoli privati in qualche aeroporto, in Italia o all’estero; chi nella sua vita non ha mai lavorato un’ora e nemmeno un minuto; chi ha vissuto fino ad ora depredando, truffando, sfruttando e speculando sull’esistenza stessa dei suoi simili – non credo che ce ne possa fregare più di tanto. Sono questi ultimi, casomai, che debbono incominciare a preoccuparsene. Non certo noi.

E non ci vengano a rimettere sul tappeto la storiella del debito sovrano (l’unica sovranità che resta ai nostri Stati!)…

Chi ha contratto i debiti – senza la preventiva, consenziente e documentabile autorizzazione del popolo sovrano – li paghi. E li paghi di tasca propria! Altro che pretendere di continuare a farli costantemente saldare a noi, attraverso i soliti ed inaccettabili aumenti delle tasse, dei ticket, dell’IVA, delle sigarette, della benzina o del gasolio; oppure, imponendo unilateralmente all’uomo della strada il banditesco, intollerabile ed inammissibile innalzamento dell’età della pensione (brutti ladri e farabutti, ridateci semplicemente i soldi che abbiamo versato fino ad oggi, anche senza interessi, che ce lo faremo da noi stessi il nostro vitalizio!); o ancora, l’arbitrario e furfantesco taglio dei contributi ai Comuni ed agli Enti locali, alla Sanità, ai servizi pubblici, alla ricerca ed all’Università; ovvero, mettendo mafiosamente in (s)vendita, al maggior offerente, i migliori e più quotati “gioielli di famiglia” imprenditoriali ed industriali del nostro Paese, gli immobili delle caserme, dei musei, delle biblioteche, dei ministeri, e perfino le spiagge, i parchi nazionali, il Colosseo, l’Arco di Tito o di Costantino o di Traiano, la torre di Pisa, i Templi greci di Agrigento o di Poseidonia/Paestum, senza contare gli altri innumerevoli monumenti della nostra storica e secolare Nazione.

I suddetti “signori dell’oro” (virtuale ed elettronico, naturalmente!) debbono sapere che i liberi e sovrani cittadini d’Italia e d’Europa ne hanno le scatole piene di farsi ininterrottamente borseggiare e depredare da bande organizzate di rapinatori internazionali che sono puntualmente coadiuvate, sostenute e protette da schiere di mercenari nostrani (di destra, di sinistra e di centro) in camicia e cravatta che – oltre ad essere sfacciatamente al servizio di potenze straniere e di interessi unicamente cosmopoliti ed anti-nazionali – pretendono arrogantemente “governarci” per conto terzi, per meglio potere offrire allo Shylock di turno, la consueta e rituale “libbra di carne” di shakespeariana memoria.

Tanto per mettere i puntini sulle “i”: ma chi se ne frega se i nostri Stati e le nostre banche dovessero andare prossimamente in default (cioè, in stato d'insolvenza sui loro propri debiti)? Chi se ne frega se un Berluska o qualunque altro Paperon de Paperoni nostrano o forestiero rischierà di perdere il 70 o il 100% del suo patrimonio e, magari, non potrà più pagarsi, come prima, i suoi frequenti ed abituali bunga-bunga? Se l’Euro e l’Europa delle banche se ne andranno (finalmente) a carte quarantotto? Se un Trichet o un Draghi o un Monti sarà scontento? Se una Merkel o un Sarkozy o un Cameron o un Napolitano avranno qualcosa da ridire o da protestare? Se gli USA, la BCE, il FMI o la Banca Mondiale storceranno il naso? Se un Marchionne ed un John Jacob Philip Elkann qualsiasi decideranno di trasferirsi definitivamente nell’Amerika dei loro sogni (ovviamente, non prima di avere restituito, fino all’ultimo centesimo, i miliardi di miliardi di lire e di euro che l’impresa FIAT & C. – cioè, Lancia, Alfa Romeo, Maserati, Ferrari, Abarth, etc. – ha costantemente ricevuto dallo Stato italiano – quindi, dal contribuente: cioè, da noi! – dal 1923 ad oggi)? E chi se ne frega, infine, per dirla proprio tutta, se certe isteriche, crocidanti, sbilenche e complessate industrialotte di origine lumbard – che tendono costantemente ed indebitamente ad atteggiarsi a lungimiranti o provvidenziali statiste da manuale e, di conseguenza, ad impartire ordini perentori, assoluti ed indiscutibili a tutto il Paese – si dovessero trovare in carenza di ordinari proventi, per tentare, ad esempio, di poter continuare a farsi medicare le infinite e permanenti papule dei loro cronici ed esiziali acne iuvenilis?

Vadano tutti a zappare (con tutta la terra incolta o lasciata in abbandono che c’è, in Italia, in Europa e nel Mondo!), se vogliono continuare a campare!

L’ora è ormai venuta, mi sembra – per noi popolo lavoratore, produttore e consumatore dell’Italia e dell’Europa – di ribellarci e di smettere di pagare.

Basta, insomma, di farci turlupinare e bidonare! Tiriamo fuori dal nostro ventre l’abbondante rabbia che abbiamo pazientemente accumulato negli ultimi 66 anni di costante asservimento al Capitale. Incominciamo a manifestare la nostra collera e la nostra indignazione. E tentiamo tutti assieme, prima che sia troppo tardi, di riconquistare – costi quel che costi, e nel più breve tempo possibile – la nostra indispensabile e non negoziabile libertà, indipendenza, autodeterminazione e sovranità politica, economica, culturale e militare. E soprattutto, il nostro inalienabile e sacrosanto diritto di poter vivere ed operare, come meglio lo intendiamo o lo preferiamo, in pace e dignità, all’interno di un mondo a misura umana, senza più parassiti istituzionali o privati; senza sfruttatori e papponi di casta; senza “furbetti del quartierino”; senza “P2”, “P3”, “P4”, “P5”, etc.; senza mascalzoni in doppiopetto che il giorno fanno finta di litigare in Parlamento e la notte vanno a rubare assieme (come i ladri di Pisa) per continuare sistematicamente ed impunemente a rimpinguare i loro già lauti stipendi e le loro già sostanziose prebende; senza più anonimi, intoccabili e non tassabili speculatori nazionali ed internazionali che dopo avere dilapidato qualcuno dei loro infiniti impulsi elettronici al gioco borsistico dei Monopoli cercano furbescamente di socializzare a loro vantaggio – in soldi veri (i nostri!) ed a nostro completo danno e pregiudizio – le loro perdite nominali; un mondo, per finire, senza più lazzaroni e cialtroni di Stato o di Governo che invece di difendere l’interesse generale della società, continuano semplicemente a depredare e ad immiserire le fasce più povere e bisognose del nostro Popolo-Nazione, per meglio potere riuscire a rimpolpare i già ricchi ed i più traboccanti.

Ora, se per cercare di ottenere tutto questo, sarà necessario passare per la catastrofe finanziaria generalizzata che ci viene annunciata perfino dall’ultimo G-20, ben venga la catastrofe. Ben venga l’azzeramento di tutto. Ben venga la Rivoluzione!

Noi ordinari cittadini dell’Italia e dell’Europa, se ancora abbiamo un minimo di rispetto per noi stessi ed un po’ di umana dignità, ci dobbiamo concordemente ribellare, impegnandoci individualmente e collettivamente a non pagare più nulla. E meno di ogni altra cosa, gli aggiuntivi ed inutili 3 mila miliardi di dollari/euro (di chiacchiere…, tanto siamo noi che, nei loro piani preventivi, saremo costretti a pagarli!) dell’ultimo e cosiddetto maxi-piano d'emergenza che sarebbe stato messo a punto nei giorni scorsi a Washington dai “grandi” della Terra e rivelato in anteprima dal Sunday Times, per tentare di salvare l'euro, ricapitalizzando le banche, e dando più risorse all’ennesimo, inefficace e fraudolento fondo salva-Stati.

Finiamola, una volta per tutte, di continuare a tollerare certe rapine!

Ecco – se fosse ancora necessario doverlo suggerire – cosa dovremo rispondere ai nostri ostinati ed incorreggibili affamatori: inutile provare a chiederci il nostro ennesimo contributo di sacrifici, di lacrime e di sangue, per cercare di togliervi d’impaccio ed agevolare le vostre strategie. Noi liberi e sovrani cittadini italiani ed europei non siamo più disposti a pagare nulla ai provetti manovratori dell’usurocrazia mondiale. Neanche un centesimo!

Diciamo, per concludere, che per tentare di potere concretamente riuscire a carpirci ancora qualche ennesimo ed illegittimo sgheo, gli striscianti ed asserviti valvassini della finanza internazionale dei nostri pseudo-Stati e pseudo-Governi dovranno obbligatoriamente essere costretti ad inviarci i Carabinieri, casa per casa, per sottrarci manu militari il previsto ed indebito montante delle loro eventuali gabelle. E noi sapremo, allora – se la Forza pubblica accetterà, contro ogni logica ed ogni buonsenso, di permettere la criminale perpetuazione di una tale rapina collettiva – come difenderci e come contrattaccare!

Va da sé, pertanto, che chiunque accetterà comunque di continuare spontaneamente a pagare, anche al di là delle sue fruibili o disponibili risorse, oltre a confermare – a se stesso ed agli altri – la sua vergognosa e ripugnante condizione di schiavo volontario e contento, non potra essere considerato nient’altro, ai nostri occhi, che un volgare e consapevole complice dei nostri insaziabili e vampireschi sfruttatori di sempre. E come tale, davanti al tribunale della Storia, non potrà che meritare, come minimo, la forca!

Alberto B. Mariantoni

domenica 25 settembre 2011

Esperimento CERN contraddice Einstein? Fermi

Einstein
Adoro quando la scienza si mette in gioco come sta facendo in queste ore: mette in luce la differenza fra i ciarlatani delle pseudoscienze, quelli che annunciano risultati miracolosi con poca fatica ma non vogliono far esaminare le loro invenzioni e cure portentose, e chi studia per anni e lavora per altri anni prima di annunciare che, semplicemente, qualcosa non gli torna, per cui pubblica i risultati e invita tutti a farli a pezzi. Una magnifica lezione di umiltà e trasparenza.
Come avrete letto (Repubblica; Reuters; BBC; Sciencemag), un gruppo di ricercatori del CERN e dell'INFN avrebbe rilevato dei neutrini che viaggiavano a velocità superiori a quelle della luce: una contraddizione radicale della fisica da Einstein in poi, che poggia sull'idea che la velocità della luce sia un limite invalicabile. I ricercatori non sanno spiegarsi questo fatto e ritengono di aver tenuto conto di tutti i possibili errori di misurazione; così pubblicano i propri dati affinché tutti i colleghi possano esaminarli e vedere se c'è un errore sistematico particolarmente subdolo o se siamo di fronte a una scoperta di quelle che sovvertono la scienza.
Provo a riassumere, da semplice appassionato di fisica, quanto sto leggendo nei siti specialistici. Secondo i ricercatori, i neutrini hanno attraversato i 730 chilometri di roccia dal CERN di Ginevra fino al laboratorio sotterraneo del Gran Sasso, in Italia, arrivando in media con 60 nanosecondi di anticipo rispetto al tempo che ci vuole per coprire la tratta alla velocità della luce. I neutrini sarebbero quindi più veloci della luce: cosa che attualmente si ritiene impossibile. Affascinante.
Il problema è che 60 nanosecondi alla velocità della luce sono circa 18 metri, se i miei conticini e Wolfram Alpha non m'ingannano. Quindi, osserva per esempio l'astronomo Phil Plait, basta che la distanza effettiva fra la fonte dei neutrini a Ginevra e il rivelatore al Gran Sasso sia più corta di soli 18 metri (su 730 chilometri) rispetto a quella calcolata e l'anticipo rivoluzionario va a farsi benedire. O magari gli orologi del CERN e del Gran Sasso non sono sincronizzati più che perfettamente. Ma può anche darsi che il fenomeno sia reale: stiamo parlando di fisici, non di teleimbonitori. Di fisici che si guardano bene dal dire che la relatività è sbagliata e che anche Galileo fu deriso ma poi gli diedero ragione.
Chiunque si occupi di scienza sarebbe contentissimo di veder confermata la realtà della scoperta, ma bisogna essere prudenti. Anche qui, come per i fenomeni paranormali, affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie. Oggi alle 16 i ricercatori presenteranno i propri risultati in una conferenza al CERN (webcast.cern.ch): vedremo cosa ci diranno.
Intanto i ricercatori hanno pubblicato un prudentissimo paper presso Arxiv. È ampiamente al di sopra delle mie competenze, ma segnalo che parla di una distanza di 730,534 chilometri e 61 centimetri, misurata con una precisione di 20 centimetri, e di una sincronizzazione delle basi di tempi pari a 2,3 +/- 0.9 nanosecondi. Già questo livello di finezza mi affascina e stordisce; il grafico in cui si tiene conto dello spostamento dovuto al terremoto dell'Aquila m'inquieta.
Paolo Attivissimo
Paolo Attivissimo
(C) by Paolo Attivissimo - www.attivissimo.net.
Distribuzione libera, purché sia inclusa la presente dicitura.

venerdì 23 settembre 2011

This is England

This is England

L’Inghilterra dei primi anni Ottanta,quella in cui imperversava la “Lady di ferro” Margaret Thatcher, al di là delle lodi che ogni tanto ripropone qualche nostalgico dell’ultraliberismo sfrenato – fuori tempo massimo e oltremodo miope, constatate le cause dell’attuale crisi economica – fu certamente un tempo buio e desolato, dati storici alla mano, soprattutto per quelle giovani generazioni che si sono trovate a vivere il disagio dell’assenza di lavoro e le crescenti spinte nazionaliste
innescate dal conflitto con l’Argentina nelle Falkland. E proprio nel 1983, anno nel quale la Thatcher esaurì il suo primo mandato,
è ambientato This is England, lungometraggio fortemente autobiografico diretto e sceneggiato dal quasi quarantenne regista inglese Shane Meadows.
La storia del dodicenne Shaun, in effetti, non è dissimile da quella di Meadows, aderente fin da giovanissimo a un gruppo skinhead e per
sua stessa ammissione tentato dal fascino perverso del cieco nazionalismo, del razzismo, dell’intolleranza sovente generata dall’insofferenza o dalla frustrazione, da una vaga ma sempre forte necessità di ribellione che l’adolescenza, soprattutto nelle realtà più inquiete e marginali, porta con sé.
Siamo nel luglio del 1983 dunque, in piena estate, e Shaun vive con sua madre, ha perso il padre da poco nella guerra delle Falkland ed è
spesso vittima dei bulli della scuola. Ma la vita cambia, di lì a poco, e cambia in fretta, perché Shaun incontra un gruppo di ragazzi skinheads che lo prendono in simpatia, lo accolgono tra loro e lo trasformano esteticamente in un giovane skin, con tanto di testa rasata a zero. Il ragazzino è finalmente felice, si sente accolto in un
gruppo coeso, parte di una comunità più ampia che gli riconosce una dignità altrove sconosciuta.
Non solo, trova anche una ragazza che gli piace e che corrisponde il suo interesse, naturalmente più grande di lui. Tutto sembra andare
alla perfezione, nonostante la mamma abbia obbiettato, ma nemmeno troppo, sulla sua nuova acconciatura, finché un giorno a dividere il
gruppo arriva Combo, tornato dopo 3 anni di galera a riprendere le redini di una banda che non sembra più volerlo seguire in una spirale d’odio e nazionalismo estremo.
Shaun però si lascia suggestionare, o più probabilmente Combo riesce a far leva sull’interiorità del ragazzino, sollecitando un senso di
rivalsa nei confronti di un governo ritenuto responsabile della morte del padre e che facilitava l’integrazione multietnica a danno delle giovani generazioni di inglesi. I deliri di Combo sono rivolti soprattutto contro i pakistani, ma in un finale tragico e doloroso anche nei confronti di chi, ai suoi occhi, ha una vita più fortunata della sua. Di fronte all’evidenza dell’orrore, il piccolo Shaun passerà in un lampo dall’infanzia all’adolescenza, prendendo per la prima volta in mano le redini della sua ancora giovanissima vita.
This is England, presentato con successo e giustamente premiato al Festival di Roma del 2006, è arrivato solo da pochi giorni nelle nostre
sale confermando ancora una volta quali strambi criteri di distribuzione ha, non da oggi, il nostro Bel Paese nei confronti di certe opere cinematografiche.
È una pellicola dura e toccante, quella in questione, ben diretta e soprattutto ben scritta, orientata da un’estetica che richiama
sicuramente Ken Loach e il suo naturalismo, la sua asciuttezza contenutistica e il suo rigore stilistico. A differenza di Loach, decisamente più ideologico, Meadows, nonostante l’evidente
pathos autobiografico, riesce nella difficile impresa di non lanciarsi in facili giudizi morali né di risultare del tutto relativista o eccessivamente
distante dai personaggi sulla ribalta. Non cade nemmeno nella tentazione di fare sociologia spicciola o in quella di marcare ideologicamente le specificità antropologiche del contesto narrato,
ma al contrario si concentra sulla storia e sui suoi motivi profondi, centrando l’attenzione sul percorso iniziatico, sul tempo di formazione
di un protagonista la cui rabbia si fa paradigma di un disagio intimo e personale comunque estendibile a un’intera generazione. E qui c’è il
pregio maggiore di This is England, opera forte nei contenuti e a tratti nella forma, che riesce a non stonare e a non essere mai pericolosamente sovraccarica, grazie al talento autoriale del regista
e all’ottima performance degli attori. Su tutti il piccolo Thomas Turgoose, all’epoca della produzione appena tredicenne, che incuriosito da una storia sugli skinheads si presentò all’audizione
senza dire nulla ai genitori.
Il film, peraltro, è dedicato alla memoria della madre di Turgoose, morta di cancro prima della fine delle riprese. Notevole anche la prova di Stephen Graham, nei panni di Combo, perfetta incarnazione del male a cui Meadows però regala un’anima che, per quanto dominata dal lato oscuro, tradisce momenti di confusa sensibilità.
Ma non c’è indulgenza, a ben guardare, è solo una limpida quanto fuggevole radiografia dell’umana complessità, è uno sguardo ravvicinato, quello del regista britannico, su quella che è stata la sua generazione, la sua gioventù, la sua adolescenza inquieta. E come poteva non essere un tempo complesso e difficile da vivere quello dell’era thatcheriana, della disoccupazione alle stelle, degli scioperi ad oltranza, dei prigionieri politici, della guerra con l’Argentina, della legge contro l’omosessualità (la famosa legge n.28), del razzismo travestito da patriottismo?
Questo è lo sfondo su cui si muovono i personaggi di Meadows, questa è l’Inghilterra che ha scelto di raccontarci; un tempo andato ma
nemmeno troppo, filtrato dal suo sguardo di tredicenne ribelle.

Federico Magi

Tratto da "Il Secolo d'Italia"

giovedì 22 settembre 2011

Rai contro Rai : scontro tra bande

censura rai

I giornalisti Rai dello Usigrai hanno proclamato uno sciopero di due giorni contro le decisioni della direzione relative ai nuovi palinsesti . Poverini ....! Come faranno a continuare la loro opera di disinformazione reale specie sui temi della politica , della economia , degli esteri , del sociale ? E come potranno , in audio ed in video , sponsorizzare la loro parte politica (la sinistra) ponendo in primo piano la propria militanza , anche di piazza ? E gli amici intellettuali (sempre di sinistra) dove vedranno celebrati (gratis) i propri film e libri ? Per non parlare di quei magistrati (per carità , imparziali) che , forse , non avranno una trasmissione pubblica in cui "esternare" contro il datore di lavoro . Chiaramente non sciopereranno per motivi economici , restano una categoria privilegiata . Ma per la "libertà" di continuare ad interpretare il "servizio pubblico" a loro uso e consumo , come e quando piaccia .

Di contro la Rai azienda , rea di questo attacco alla democrazia , vuol aprire tv e radio ad una presenza pluralista di tutte le componenti della società ? Qualcuno ci crede ? Berlusconi e soci (in tutti i sensi) pensano davvero di riuscire a ribaltare i rapporti di forza con i giornalisti in favore della cricca di governo ? Illusi...finiranno tutti incriminati per "lesa maestà". In ogni caso , per noi che non apparteniamo e non ci riconosciamo "nel sistema", non cambia nulla . Spazio e "diritto di tribuna" non avevamo e neppure avremo in alcun modo . Al massimo riceveremo , per chi non lo avesse fatto , la intimazione a pagare il canone . Concreta espressione del tributo obbligatorio per il mantenimento dei giornalisti e dei dirigenti Rai . E del "pluralismo" democratico .

Vincenzo Mannello

http://www.vincenzomannello.it/

Due volte Natale

mercoledì 21 settembre 2011

Tre milioni di libri su Internet Archive

[ZEUS News - www.zeusnews.com - 21-09-2011]

L'archivio guadagna 1.000 libri ogni giorno, tutti di pubblico dominio e liberamente consultabili.

 

internet archive

 

L'Internet Archive ha raggiunto l'importante traguardo di tre milioni di libri digitalizzati.

Clicca qui per visualizzare l'intero articolo

martedì 20 settembre 2011

Una ideologia dell’Origine

ideologia dell'Origine
Chiara Stellati,
Una ideologia dell’Origine. Franco Freda e la controdecadenza
Edizioni di Ar, euro 21,00
Questo testo descrive l’esperienza politico-culturale di Franco G. Freda. Asettico e ricognitivo, il racconto dell’autrice comincia con la fondazione del Gruppo di Ar (1963) e si conclude con l’avventura del Fronte Nazionale. Senza troppo indulgere all’aneddotico, mira a cogliere l’atmosfera dell’ambiente della destra radicale. Un denso coro di voci che la Stellati, con cura intelligente e opportuna, allega alla propria, dà modo di mettere a paragone il recto e il verso delle questioni
Indice:
La misteriosa audacia del radicalismo di Anna K. Valerio
Introduzione
I. A DESTRA DOPO IL FASCISMO
La riorganizzazione della destra dopo il '45: i presupposti » 27
II clandestinismo e il partito: le diverse anime della destra » 29
I Far e il «processo alle idee» » 31
La politica missina e l'extraparlamentarismo » 32
II «cattivo maestro» » 34
L'idea di Tradizione » 36
Contro il «mondo moderno» » 38
«In piedi tra le rovine» » 41
Cavalcare la tigre e il concetto di apolitìa » 44
I 'discepoli' di Evola » 46
Oltre il fascismo » 47
II. FRANCO GIORGIO PREDA
Un uomo, una funzione: la «pedagogia politica» » 53
Fascismo e Tradizione » 57
Evola e Preda per cavalcare la tigre » 59
La contestazione studentesca e la politica missina » 61
Lotta di Popolo » 64
La disintegrazione del sistema » 66
Piatone. Lo Stato secondo giustizia » 72
La rivoluzione islamica di Khomeini » 77
II nazi-maoismo » 80
I precedenti storici: la «rivoluzione conservatrice» » 82
Parola d'ordine: 'andare oltre'. «Costruiamo l'Azione» e
«Terza Posizione» » 88
La diffusione e l'efficacia politica de La disintegrazione » 95
Lo spontaneismo armato, la violenza degli anni '70 e i
«cattivi maestri» » 98
Le vicende processuali dell'editore » 109
III. SOLDATI DELLA TRADIZIONE: GRUPPO DI AR ED EDIZIONI DI AR
II Gruppo di Ar » 115
La prospettiva metafisica » 118
La storia come decadenza » 121
L'uomo e la comunità secondo la dottrina tradizionale » 123
Disgregazione dell'umano e degradazione della sfera politica » 126
La rivoluzione tradizionale » 131
II soldato politico » 134
La politica come ascesi » 140
L'aristocrazia rivoluzionaria » 151
Le Edizioni di Ar: l'editoria come milizia politica » 153
IV. IL FRONTE NAZIONALE
La dottrina spiritualista della razza » 167
II Fronte Nazionale » 172
II razzismo morfologico » 175
Natura e struttura del Fronte Nazionale » 179
Conclusione » 185
«Vera Destra», «radicalismo di Destra» e «cultura integrale»
di Piero Carini » 187
Bibliografìa » 195
Indice dei nomi

lunedì 19 settembre 2011

NATO assassina!

bombardamenti NATO in Libia

Non esiste altra definizione per l'operato della cosiddetta "alleanza atlantica" in Libia e su Sirte in particolare . Ma l'ineffabile Rasmussen e la faccia di bronzo Lavoie cosa credono ? Che tutti gli europei siano sottosviluppati mentalmente ? Anche la logica dice che se si bombarda una città assediata in cui esiste una forte resistenza terrestre le vittime civili sono inevitabili !! Senza contare che pure i soldati gheddafiani sono bersagli indifesi di fronte alle bombe sganciate da aerei che non rischiano assolutamente nulla ! Se non sono omicidi questi.....altro che criminali di guerra !!! Di solito questi ultimi hanno il coraggio di rischiare la pelle , a differenza dei militari Nato in Libia .

Vincenzo Mannello

domenica 18 settembre 2011

Aggiornamenti EURASIA (10-16 09 2011)

eurasia

Di seguito gli aggiornamenti al sito di "Eurasia" di questa settimana (dal 10 al 16 Settembre 2011):

EURASIA IN LIBRERIA

È attualmente disponibile in libreria l'ultimo numero di "Eurasia" (1/2011) dedicato a: "La cerniera mediterraneo-centrasiatica"

Ultime uscite

Soviet e Sobornost

Marco Costa

Correnti spirituali nella Russia sovietica e postsovietica. Questo saggio di Marco Costa ci presenta il quadro storico dei rapporti intercorsi tra autorità religiosa e potere politico nella Russia del Novecento. Dopo essersi ampiamente soffermato sugli anni del leninismo, che videro scatenarsi una virulenta offensiva ateista, coerente coi contenuti materialistici dell’ideologia marxista, l’Autore esamina attentamente il periodo successivo, indugiando sulla svolta che caratterizzò il periodo staliniano negli anni della “Grande guerra patriottica”, quando alla riappropriazione dell’idea di Patria da parte del potere comunista si accompagnò la fine della persecuzione antiortodossa, fino all’elezione del nuovo Patriarca. Lo studio si conclude con una panoramica della politica russa postsovietica, nella quale emerge con particolare evidenza la convergenza del filone nazionalcomunista con gl’indirizzi patriottici dell’Ortodossia russa.

Progetti di egemonia

Francesco Brunello Zanitti

Neo-cons USA e neo-revisionisti israeliani a confronto. In seguito alla vittoria di Bush nel 2000 e soprattutto dopo gli attentati dell’11 Settembre i neocons statunitensi hanno influenzato considerevolmente la politica estera della Casa Bianca. Allo stesso tempo, l’ultimo decennio della politica israeliana è stato caratterizzato dal rafforzamento della destra, in particolare del Likud, partito erede del neorevisionismo, movimento politico basato su alcuni concetti già espressi dal sionismo revisionista e dal suo capo, Vladimir Jabotinsky. Si può parlare in questo contesto di un singolare legame tra i neocons e gli esponenti del Likud? Il neoconservatorismo e il neorevisionismo, pur essendo movimenti nati in ambienti politici e geografici lontani e differenti, hanno elementi in comune nelle loro ideologie? L’analisi del pensiero dei due movimenti politici e le azioni intraprese in politica estera dagli appartenenti a queste correnti possono offrire una chiave di lettura per comprendere le somiglianze e le differenze tra neoconservatorismo statunitense e neorevisionismo israeliano.

Turchia, ponte d'Eurasia

Aldo Braccio

Il saggio di Aldo Braccio, profondo conoscitore del mondo turco, assume un prestigio particolare se messo in relazione con l'attuale congiuntura storica. Dalla lucida disamina offerta da Aldo Braccio emerge il ritratto di una nazione proiettata verso il futuro mantenendosi allo stesso tempo legata al proprio passato, capace di ereditare alcuni dei fattori fondamentali che avevano reso grande l'impero della Sublime Porta. Tratto dalla recensione di Giacomo Gabellini


Capire le rivolte arabe

Pietro Longo, Daniele Scalea

Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario, il nuovo libro dei nostri redattori Daniele Scalea e Pietro Longo (rispettivamente segretario scientifico e ricercatore dell'IsAG), è ora disponibile all'acquisto presso la libreria online Librad. Il volume, edito da Avatarèditions per conto dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), consta di 168 pagine ed è acquistabile al prezzo di 18 euro. Si tratta della prima pubblicazione con marchio IsAG, oltre alla rivista "Eurasia". Il ricavato andrà a finanziare le attività dell'Istituto.


ARTICOLI E SAGGI

Teoria Geopolitica

Propedeutica alla teoria politica

Alberto Buela

L'Autore si pone l’obiettivo di delineare, brevemente ma in modo esaustivo, i contenuti e le finalità della teoria politica. Secondo l’autore tale disciplina deve occuparsi, innanzittutto, dei problemi prepolitici o metapolitici, vale a dire di tutte le questioni che riguardano le origini dell’insediamento dell’uomo nel mondo. Dopodichè si presenta la necessità di prendere in considerazione la politica con le sue tre importanti finalità, vale a dire il bene comune, la sicurezza esterna e la concordia interna e la prosperità. Infine, l'Autore sostiene che si devono analizzare le questioni relative alla cosa pubblica, quali il concetto di Popolo, Nazione, Stato, partiti politici, sistemi partitici, regimi politici e di governo, comunità internazionale, rapporti internazionali, diplomazia e organismi internazionali.

Venerdì, 16 Settembre
Stato di Palestina: una catastrofe da scongiurare?

Matteo Pistilli

Riconoscere ai palestinesi parità di cittadinanza e dunque diritto di voto” sarebbe una “catastrofe per il futuro di Israele e la stabilità del Medio Oriente”. Questo afferma l’ex presidente Usa Jimmy Carter, spiegando che comporterebbe “La fine di Israele come Stato ebraico, ovvero l’autocancellazione di uno dei pilastri che sono a fondamento della nascita di Israele: il suo essere focolaio nazionale del popolo ebraico”...

Giovedì, 15 Settembre

Gilles Munier sull'opposizione siriana

Denis Gorteau, Gilles Munier

Intervista concessa da Gilles Munier, il 3 settembre 2011, dopo la pubblicazione del suo “diario di viaggio Damas-Hama” (1). Domande poste da Denis Gorteau del sito Que faire.

Martedì, 13 Settembre

La marcia su Fiume e la geopolitica italiana verso i Balcani dopo la Grande Guerra

Lorenzo Salimbeni

La notte dell’11 settembre 1919, anniversario del blitz con cui fece clamorosamente irruzione nella baia di Buccari, Gabriele d’Annunzio, assieme ad un pugno di volontari e soldati che si sarebbe irrobustito strada facendo, partì dalla località giuliana di Ronchi alla volta di Fiume, città del dissolto impero austro-ungarico abitata in maggioranza da italiani, i quali nelle tumultuose giornate che segnarono la fine della monarchia asburgica nell’ottobre 1918 avevano plebiscitariamente chiesto l’annessione all’Italia.

Lunedì, 12 Settembre

La CIA si è trasformata in un’organizzazione paramilitare

Luiz Alberto Moniz Bandeira

In un’intervista rilasciata a Carta Maior, lo storico ed esperto politico, Luiz Alberto de Vianna Moniz Bandeira, segnala l’azione clandestina delle forze speciali degli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia nei conflitti della Libia e della Siria e critica la politica estera del governo di Barack Obama che fa uso dei diritti umani per giustificare interventi in qualsiasi parte del mondo. “La CIA sta diventando sempre più una forza paramilitare con l’abbandono del suo ruolo di agenzia di spionaggio e raccolta dati. I droni, aerei privi di equipaggio, teleguidati dalla CIA, hanno già ucciso, dal 2001, più di 2.000 presunti militanti e civili in vari paesi”, afferma Moniz Bandeira.

Sabato, 10 Settembre

Libia: prematura celebrazione di una vittoria

George Friedman

Un'analisi interessante e realista di George Friedman sull'attualità più scottante in Libia. Quanto la comunicazione politica incide sulle azioni di guerra e quali informazioni vengono diffuse per ottenere un risultato favorevole. Tutte le reali difficoltà della coalizione occidentale, di fronte ad una guerra in divenire e il cui destino sembra segnato, anche se sarà il tempo a decidere quando.




...E tanti altri articoli sono disponibili sul sito!

la Redazione

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sabato 17 settembre 2011

Chi ha vinto, chi ha perso in Libia?

Prima

Gheddafi-Berlusconi

Ora

Libia liberata
In molti penseranno che, se non altro, un dittatore è stato cacciato e la democrazia e la libertà hanno vinto. Io mi faccio una grossa risata!

venerdì 16 settembre 2011

Il Paese degli egoisti che però nessuno riesce a stanare

Totò e Fabrizi

Date

L’Italia è proprio un curioso Paese. Nel 2002 il governo Berlusconi varò un maxicondono fiscale per coloro che avessero fatto rientrare in Italia i milioni, o i miliardi di euro tenuti illegalmente all’estero. Una misura così favorevole per gli evasori che i giornalisti lo ribattezzarono "condono tombale". La penale da pagare oscillava infatti fra il 4 e il 6%, ridicola rispetto a quanto gli evasori avevano lucrato sottraendo, per anni, i loro guadagni al Fisco. I contribuenti onesti si mangiarono il fegato ma non poterono far altro che abbozzare. Adesso si scopre che uno dei "punti di forza" della manovra finanziaria è recuperare quattro miliardi e mezzo di penale che i "condonati", in otto anni, non hanno ancora saldato. Ma com’è possibile? Qui non si trattava di andare alla cieca alla ricerca di possibili ma sconosciuti evasori. Il Fisco ne conosceva nomi, cognomi e indirizzi.
Nella mia vita mi è capitato qualche volta di non pagare una multa o, poniamo, l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti. Cifre minime, dell’ordine dei 100-150 euro. Dopo un po’ mi arrivava un bollettino Equitalia che mi ingiungeva di saldare, con relativi interessi e mora, entro sessanta giorni, pena il pignoramento dei mobili di casa o l’aggressione allo stipendio. E di recente, qui al nord, c’è stata una rivolta di agricoltori contro un esattore Equitalia, tenuto prigioniero per un paio di ore, perché continuavano ad arrivare bollette che non lasciavano loro scampo. Per i doppi evasori del 2002 sono passati invece otto anni.
Naturalmente adesso la legge finanziaria minaccia misure severissime contro i doppi evasori del 2002: dovranno pagare ciò che non hanno pagato entro il 31 dicembre di quest’anno e se non lo faranno ci sarà una penale del 50%. Ma come pensa il Fisco di far pagare a costoro in due mesi (la legge diventerà operativa a metà ottobre) ciò che non è riuscito a farsi dare in otto anni? E se non è stato in grado di esigere la modesta penale del 5% come farà a scucire a questi soggettini il 50? Sembra una riedizione delle "grida" di manzoniana memoria che quanto più erano minacciose tanto meno erano efficaci. Inoltre lo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ha detto che di quei quattro miliardi e mezzo di penali non pagate "2,7 sono inesigibili".
Mussolini disse una volta: "Governare gli italiani non è difficile, è inutile". Si sbagliava. Governare gli italiani è difficilissimo. Perché non siamo un popolo, ma un aggregato di corporazioni e di individualismi che non sono disposti a cedere un etto a favore del bene comune e dell’interesse collettivo. Prendiamo la patrimoniale prospettata sui redditi superiori ai 90 mila euro lordi l’anno, il che fa uno stipendio di 3700 euro netti al mese, di tutto rispetto. Cambiava qualcosa nella vita di questi contribuenti se, una tantum, pagavano un modesto surplus oltre questi 3700 euro? Eppure è successo il finimondo e si è dovuto spostate il tetto a 300 mila euro. Forse una volta gli italiani erano meno egoisti. Quando Mussolini chiese "oro alla Patria" si videro uomini e donne del popolo offrire le loro povere gioie e persino le fedi nuziali. Saranno stati anche fascisti, ma perlomeno non avevano un premier che, dopo aver governato l’Italia per dieci degli ultimi diciassette anni, l’ha definita "un Paese di merda".
Massimo Fini

giovedì 15 settembre 2011

Vasco contro tutti

vasco in concerto

Io NON incito all’uso di droga!
Quando parlo di antiproibizionismo, di “legalizzazione” e di “politica della riduzione del danno”, mi riferisco ovviamente al tipo di approccio legislativo che secondo la mia opinione si deve avere per affrontare e combattere la diffusione, il consumo e il mercato della droga.
Siamo tutti contro la droga e Siamo tutti per la cultura della vita!
NON siamo d’accordo... sui metodi e sui sistemi per affrontare il problema.
Sfido chiunque a trovare, in una qualsiasi delle mie quasi duecento canzoni, un riferimento preciso o un incitamento all’uso di droga. Che non sia una “interpretazione” pregiudizievole e assolutamente opinabile.
Bollicine (ad esempio) è un ironico e feroce atto d’accusa verso la pubblicità che ci condiziona, trasmette falsi valori e crea nuovi e inutili bisogni.
Coca-Cola non si capisce perchè dentro una mia canzone acquista il significato di un inno alla cocaina mentre la bibita gassata da quasi cento anni si chiama così e a nessuno è mai venuto in mente di denunciarla e chiedere che ne fosse cambiato il nome. (dov’è il codacons!?) . Forse perchè la bibita di Atlanta, potente multinazionale, schiaccerebbe come degli scarafaggi ministri, istituzioni e bigotti vari.
Vita spericolata, un inno alla vita vissuta pienamente, piena di avventure e perchè no, di guai, è diventata sinonimo di vita drogata quando, nella canzone, non c’è nessun riferimento né velato né simbolico all’uso di droga.
Concludo dicendo ...andate a farvi fottere, voi e la vostra malafede.
V.R.

Sante parole!

lunedì 12 settembre 2011

La ragione contro il senno, ovvero il brodo con la forchetta.

Rutilio Sermonti2

Rutilio Sermonti

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Tutti gli esseri viventi paiono conoscere perfettamente il modo migliore concesso alla loro specie per sopravvivere, per riprodursi e per proteggersi, senza che vi sia stato alcuno a insegnarglielo. Semplici forme di apprendimento per imitazione si riscontrano solo in pochi predatori sociali, ma per la quasi totalità tale sicura conoscenza è assolutamente innata, in uno scorpione come in un falco.

Unica eccezione è la specie umana, che, essendo dotata di ragione, può compiere proprie scelte volontarie. Da qualche tempo (geologicamente insignificante) gli uomini si sono convinti, come di un dogma indiscutibile, che la detta ragione sia un chiaro segno di superiorità, tanto da immaginarsi un Signore Onnipotente fatto più o meno come uno di loro, difetti compresi, progettista ed esecutore dell'intero Cosmo solo per il comodo degli uomini stessi. In cambio, Costui (variamente denominato) richiederebbe soltanto di essere lodato e osannato. Avrebbe fatto quel popò di lavoro, galassie comprese, solo a quel frivolo scopo. Della ragione -cominciamo col registrare- non fa parte il senso del ridicolo. Ma , prima di quel tempo (siamo nell'ordine dei 5-6000 anni ), la nostra specie nutrì seri dubbi sulla innocuità della ragione lasciata a se stessa e sulla sua elezione a regola suprema di vita. Non occorreva grande perspicacia, innanzi tutto, per costatare che - a fronte della sicurezza e coerenza della conoscenza istintiva - quella "razionale" presentava grande varietà. " Tot capita, tot sententiae", dissero i Romani. Tante teste: tante opinioni. Come scegliere quella giusta ? Con la ragione di chi ? No, cari pensatori professionisti - rispose la Tradizione: ragionate quanto vi pare, ma sopra ci deve essere qualcosa di stabile, di sicuro, di sacro, di solenne, non filiazione della ragione umana ma dell'armonia cosmica, struttura portante di ogni civiltà.

E' tutto un arbitrio!- strillarono i razionalisti. Tutto un trucco per giustificare privilegi di casta !

-Ah, si ? E l'usignolo ?

-Che c'entra l'usignolo?

-C'entra, c'entra ! Anche i suoi gioiosi, meravigliosi gorgheggi sono trucchi per giustificare la casta dei preti ? Sono anch'essi creazioni della ragione umana ?

-Nessuno pensa questo !

-E neppure quella stellina lassù, che magari è mille volte più grande del Sole e sta a 6 milioni di anni-luce ?

- No, certo.

- E allora, di grazia, in che ragione rientrano, usignoli e stelle? Non sarebbe il caso di "sintonizzarsi" con quell'ordine, limitando l'uso della ragione umana alla funzione pratica ( non conoscitiva) per cui fa parte della nostra naturale dotazione? Chessò: a come tenersi su i calzoni , o a come sospingere un natante ?

Nelle poche, immaginarie battute che precedono, abbiamo voluto sintetizzare, per il c.d. "uomo della strada" l'obiezione di fondo che noi opponiamo al cosiddetto illuminismo. Ma non è certo con le obiezioni che si può guarire una follia collettiva. Sarebbe come voler curare il paranoico convinto di essere Cesare Augusto, esibendogli il suo certificato di nascita.

La colpa, non è della ragione, è solo del modo errato in cui si pretende di usarla. Se uno a cui piace il brodo pretende di assumerlo usando coltello e forchetta, non può prendersela col brodo nè con le posate se non ci riesce. Deve solo decidersi a usare il cucchiaio, che Dio lo benedica! E' con la propria stolta ostinazione che deve fare i conti. Ma per quello occorre il senno, non i sillogismi !

La ragione, invero, ce l'hanno anche i folli, solo che la usano in modo improprio e sconsiderato. E, infatti, si levò tra loro una piccola voce: " Ma se tante difficoltà derivano dalle differenze, perchè non abolire le differenze ? Consideriamo tutti uguali e saremo fuori dei pasticci !" I saggi, li guardarono d'intralice, come si guarda un povero scemo. Sembrava loro talmente evidente che le differenze fossero un attributo naturale e fecondo delle persone umane, e che non si potessero quindi "abolire" con una convenzione! Ma sbagliavano i saggi, e fu un errore fatale. Forse, anche loro sopravvalutavano la ragione e la ritenevano capace di resipiscenze, dinanzi allo spietato collaudo della realtà. Così non è. La ragione non ha nulla a che fare col senno. E' a tal punto narcisisticamente innamorata di se stessa da ignorare persino ogni buon senso e ogni pessimo risultato che ponga in discussione qualche sua trovata. Essa si trasmette per contatto, come una malattia infettiva: non ha alcun bisogno di convincere, per conquistare. Sua tremenda caratteristica è di darsi ragione da sè, senza bisogno di prove, anzi, malgrado ogni prova contraria.

Ma poi, parlando di pessimi risultati, non bisogna generalizzare. Pessimi per chi? Per quanto essi possano essere dannosi per vaste moltitudini, ci sono pur sempre persone o gruppi per i quali essi sono preziosi. Una stolta riforma che favorisca i furti sarà preziosa per i ladri, come una che ponga limiti alla legittima difesa sarà assai gradita ai violenti e una che abolisca ogni meritocrazia sarà benedetta dai profittatori e dagli ignavi. E costoro organizzeranno efficienti istituti ed apparati destinati appunto a procurare fraudolentemente il "consenso" degli sprovveduti per quelle aberrazioni, mentre le vittime non potranno opporre nulla del genere mancando di qualsiasi forma di coscienza "corporativa".

Tutto ciò funzionò a pieno regime per l'abolizione delle differenze, divenuta in breve, più che un dogma, un "immortale principio", che fosse addirittura "immorale" discutere.

Fu così che, sui gloriosi vessilli che uno dei maggiori geni militari di questo mondo portò a sventolare per tutta Europa, campeggiò una parola dal suono dolce e musicale, lieve come ala di farfalla, dolce come un marron glacè:

E G A L I T E'

che fu invece per lo sventurato Uomo la più maledetta espressione di degradazione e di strage. Lo fu già di per sè, coi massacri e i patiboli del '93, ma ancor più lo sarebbe stata per la più mostruosa delle sue "logiche" conseguenze: la Democrazia. Una volta accertata e accettata l'uguaglianza tra gli uomini, restava infatti il problema di scegliere tra le loro diverse opinioni, e una scelta qualitativa si presentava sempre ardua, anzi, veniva aggravata proprio dall'egualitarismo, che vietava di pensare a qualcuno che fosse più idoneo degli altri a compiere siffatta valutazione. A rigor di ragione, fu quindi giocoforza ricorrere a un criterio del tutto automatico ed oggettivo: quello quantitativo. Bastava contare le teste e assegnare il governo della cosa pubblica all'opinione professata da più teste ! Semplice, no ?

Semplice, in astratto, ma allucinante nella sua sconfinata balordaggine. E, si badi bene, non si trattava di stabilire li regole per un gioco di carte, ma quelle per la gestione di vaste comunità umane, per il sopperimento delle loro esigenze di vita dignitosa e per la possibilità di esprimere le proprie capacità come singoli e come popoli, per vivere in armonia, anzichè sbranarsi a vicenda. Balordaggini, in tale ambito, non sono consentite, e mascherarle con sofismi è criminale. Invece era proprio ciò che ci si poteva attendere dalla petulante "ragione" auto-referente.

Prima balordaggine: dove mai aveva, quella, pescata la certezza che l'opinione migliore fosse quella professata dal maggior numero ? Non certo dalla saggezza tradizionale, e neppure dall'insegnamento religioso (cristiano compreso), che aveva sempre dichiarato chiaro chiaro che la via percorsa dalle moltitudini conduce alla perdizione, mentre solo pochi trovano quella giusta. Non certo dall'esperienza storica, in cui tutti i momenti migliori dei vari popoli furono legati al nome di sovrani o demiurghi onesti e saggi. Non certo dalla conoscenza degli uomini, che tendono in prevalenza non a ricercare il sistema migliore per tutta la collettività, bensì per se stessi in danno del prossimo. Da dove, allora ?

Seconda balordaggine: come l'esprime la sua opinione, il singolo elettore? Scrivendo ( a matita copiativa )un trattatello in materia di tutto lo scibile? E poi, come si raggruppano, i trattatelli ? Chi li classifica? Ma la ragione non demorde. A qualsiasi coglioneria dica, trova subito il rimedio. L'elettore sovrano non formula alcuna volontà: conferisce solo una delega in bianco a un formulatore di professione, detto "politico", unito ad altri come lui nei c.d. partiti. Insomma, tutto il potere risiede (?), si, nel popolo, ma consiste solo nel conferire un mandato, a uno che, il più delle volte, il mandante non ha mai visto. E il mandatario -penserete- è tenuto ad attenervisi, come a qualsiasi mandato che si rispetti? Ma neanche per sogno: quello può fare anche esattamente il contrario di quello che ha dichiarato e promesso per avere il mandato!

MA QUESTA E' UNA SOLENNE PRESA PER I FONDELLI !- dovrebbe gridare il popolo, e magari lo grida, ma chi se lo fila, il popolo? Non ha mica i "mass media", il popolo ! Buona parte, così, diserta i seggi e l'altra abbozza.

A questo punto, dir male della democrazia è persino noioso. Dimostrare che non esiste se non a chiacchiere è tempo perso: lo sanno tutti ! Quello su cui, purtroppo, troppi non riflettono è la conseguenza, che è, a dir poco, disastrosa.

Se quella del potere decisionale residente nel popolo è una barzelletta che non fa neanche ridere, non è che un potere non esista o non venga esercitato ! Urpo, se esiste ! Anzi, proprio essendo, quello, assegnato e fruito al difuori di qualsiasi dettame costituzionale, non conosce limiti nè remore. Altro che le vituperate monarchie assolute ! Almeno, in quelle, chi era il "tiranno" si sapeva e pure l'indirizzo e, se esagerava, lo si poteva, al limite, pure ammazzare. Ma gli autocrati plutocratici, si nascondono dietro l'incognito. Hanno lo "ius vitae et necis" (diritto di vita e di morte) su ognuno di noi è non lo sappiamo neppure ! La democrazia mitica che si insegna ai bambini non determina, di fatto, che un colossale vuoto di potere, e, se un vuoto così appetitoso si forma, comincia subito la ressa per riempirlo. Ressa e rissa, ovviamente, tra quelli che hanno interesse e mezzi per parteciparvi: non certo popolani, a cui basta, di regola, tirare a campare. In parole povere: i pochi Mr. Trillion. Costoro non sono scemi, ma hanno alle spalle secolari esperienze e tradizioni di frodi bancarie e di usura, da cui (e non certo dai sudati risparmi) hanno tratto tutta quella illimitata disponibilità di quattrini. Sono quindi maestri nel restare nell'ombra e nell'agire attraverso personaggi mediocri, acquistati al mercato dei "politici", che pagano con l'obbedienza ai padroni gli ingenti privilegi che questi possono loro assicurare a spese delle nazioni.

Dicevamo di conseguenza disastrosa. E quale potrebbe essere più disastrosa di quella realizzata con la "democrazia matura", e cioè con quella che avesse completato e raffinato l'apparato automatico di auto-conservazione ? Come tutti sappiamo, compresi quelli così ipocriti da fingere di non saperlo, il potere politico effettivo è interamente esercitato da un piccolo gruppo di finanzieri internazionali apolidi, che non hanno altra Patria che il lucro, perseguito in modo maniacale e senza scrupoli. Agli ordini di costoro fingono di esercitarlo, in ogni nazione, bande di parassiti dai primi collocati su privilegiatissime poltrone, ma a condizione di servire solo gli interessi di quelli, regolarmente in contrasto con la sovranità , l'indipendenza e l'interesse delle nazioni stesse.

Questo significa, per esempio, che la Repubblica Italiana viene governata e dissanguata nell'interesse di Israele, degli USA o del FMI, e non mai degli Italiani. Dopo gli interessi superiori predetti, restano quelli personali dei "rappresentanti del popolo", unica categoria di dipendenti autorizzata a fissarsi da sè le retribuzioni e il trattamento. Dato il suo livello morale, è inutile dire quale uso faccia di tale autorizzazione: sguazza nell'oro e nel comfort oltre ogni decenza, alla faccia degli affamati.

E' veramente difficile ipotizzare, anche in astratto, come la situazione italiana potrebbe essere peggiore, in qualsiasi campo. Non c'è pubblico servizio che non sia una vergogna, pagata dal pubblico a caro prezzo. Non c'è onesta attività privata in grado di sopravvivere, se non pagando il pizzo a quelle disoneste. Non c'è difesa contro la speculazione fraudolenta e improduttiva, prima tra le quali il signoraggio bancario. Non vi è valore che non venga misconosciuto, salvo quelli di interesse economico o di miope edonismo. Distrutto il matrimonio, distrutta la famiglia, distrutto il rapporto genitori-figli, distrutta ogni dignità e ogni pudore, distrutta ogni solidarietà nazionale, l'osannata gestione "razionale" è riuscita solo a privare i popoli del necessario, scatenandoli all'inseguimento del superfluo, o addirittura del dannoso.

Ma quel che più colpisce è che, nel costatare il disastro, non riveliamo alcun segreto. Chiunque non sia del tutto idiota, ne è pienamente al corrente. La ragione, infatti, come vedemmo, è perfettamente in grado di far accettare i propri dettami fregandosene della realtà. Sorridendo e sculettando, l'Homo sapiens lavora così alla propria estinzione, con una efficacia e rapidità ignota a batteri e cetacei.

Questo significa essere "superiore"?

O sono meglio, nel loro piccolo, le formiche ?

domenica 11 settembre 2011

Nulla sarà più come prima: ovvero il glogolpe

11 settembre

Con l'uso combinato di droni ed esplosivi e con le dirette lampo in mondovisione, dieci anni fa, l'11 settembre, i vertici del sistema-mondo, simulando un attacco a se stessi, davano il via ad un'offensiva golpistica globale.
“Nulla sarà più come prima” ci annunciarono, e infatti non lo è.
Monopoli dell'informazione mondiale, il potere assoluto di Google di decidere se un'attività, in qualsiasi angolo del mondo, avrà o non avrà mercato. Facebook e Twitter per delineare “democraticamente” il nostro quotidiano. E intanto guerre monopolistiche agli imprenditori liberi (uno dei primi effetti dell'11 settembre fu il fallimento di molte linee aeree minori a vantaggio dei grandi gruppi), economie sabotate dalle agenzie di rating, risparmiatori sfruttati e rovinati dall'associazione a delinquere composta da dette agenzie e dalle banche.
La cartina geopolitica in costante modifica, l'avanzata non regolamentata delle economie di sfruttamento integrale che distruggono quelle a misura d'uomo, disastri umanitari, fame determinata in borsa dalle scommesse sui futures, conflitti etno-sociali, leggi per scrivere la storia senza che a nessuno sia concesso  verificare.
E leggi liberticide ovunque e sempre più rigide, alle quali, orwellianamente, la gente non solo sottostà ma cui addirittura plaude, beota.
Intendiamoci: la dinamica era nata ben prima ma il sostegno giuridico, militare, poliziesco e tecnologico alla sua rigida e rapida affermazione fu imposto a partire da quel giorno.
E oggi viviamo esattamente come lo si faceva in una triste repubblica socialistica sovietica, con l'unica differenza che lì, almeno, c'era un lavoro per ciascuno.
La depressione spirituale, psichica e culturale non aveva mai raggiunto simili profondità nella storia della civiltà. La quale in effetti è solo un ricordo.
“Nulla sarà  più come prima” ci dissero.
Giusto; infatti nulla lo è.

Da www.noreporter.org

sabato 10 settembre 2011

L’albero e le radici

Questo volume raccoglie le domande del Pubblico Accusatore e le risposte di Franco G. Freda – incriminato per ‘eresia' razzista - al processo contro il Fronte Nazionale. La dialettica oppositiva delle circostanze rende ancor più nitide le formule con cui, citando Nietzsche e Platone, si spiegano la natura del razzismo “morfologico”, la necessità delle differenze (una variante sociologica del “pathos della distanza”), e i motivi dell'ostracismo democratico a tali teorie e istinti.
   

Presentazione
"P.M. Ricordo in particolare i punti 2, 3 e 4 [del programma del Fronte Nazionale - n.d.r.}, dove si dice: 'espulsione immediata degli stranieri extraeuropei immigrati illegalmente'.
FRED A. Mi scusi, signor pubblico ministero, ma sa che l'argomento è di attualità?.....
P.M. Certo che lo so.
FREDA. C'è un concerto totale delle forze politiche democratiche attuali.
P.M. Lo so benissimo, e questo è uno dei capisaldi dell' accusa.
FREDA. Quindi noi abbiamo dimostrato preveggenza!
P.M. L'attualità dell'argomento è uno dei capisaldi dell'accusa e dimostra la pericolosità del suo movimento.
FREDA. Dimostra la preveggenza, la capacità di lucidità e di previsione politica.
P.M. E la pericolosità politica [...] La preveggenza gliela riconosciamo. Infatti è un requisito della pericolosità".
La valutazione dell' assetto presentato da una Nazione non può prescindere dalla conoscenza dei suoi giudici e dei suoi tribunali. Il vigore di un regime politico è, in un certo senso, proporzionale alla sua 'pazienza': indipendentemente dai connotati che la sua dinamica assume nella storia, da sempre lo Stato come forma politica di vita si regge, più che sulla forza materiale e sulla repressione, sulla persuasione e sull'azione anagogica, elevativa, che sa esercitare sul popolo. I provvedimenti repressivi non dovrebbero riguardare gli oppositori di pensiero - lasciati liberi entro il loro spazio ideologico marginale - ma se mai i cattivi esecutori di regole e prescrizioni, gli autori di comportamenti devianti - delinquenziali e non ideologici.
Come qualsiasi complesso organico totale, lo Stato incorpora in sé un ordine di differenze - verticali e orizzontali - che dovrebbe riconoscere senza traumi e senza fastidi, accanto alla sua funzione egemonica, la presenza efficace di elementi ideologici antagonistici e l'influenza di 'essenze' culturali diverse da quella che esso espone: possedendo in ogni caso, lo Stato, quegli 'anticorpi' necessari alla perpetuazione della sua forma. Se non si verifica in una fase di transizione rivoluzionaria, l'intervento chirurgico, liberticida, è sintomo di debolezza, di insicurezza congenita nella figura-Stato.
Vero è che l'equilibrio nei rapporti di forza determina - sempre, ovunque - situazioni di dominazione e di subordinazione; ma il fatto è che all'interno di esse - sempre, ovunque! - deve sussistere un principio di lealtà a protezione dell'avversario, della sua identità e personalità - ciò, se vogliamo, a maggior gloria del potere, a dimostrazione della sua supremazia.
La lotta politica si conduce con argomenti politici: la via della liberazione - raccomanda il Socrate dell'Apologia - non sta nel chiudere la bocca agli altri, ma nel migliorare sé stessi.


Perché dunque processare le idee!
Perché affermare in astratto la libertà di espressione del pensiero (specchio frammentato dell'idea), per poi negarla in concreto?
Qui, non si pone tanto una questione di rispetto dei ed. diritti civili del singolo soggetto della società politica: è la tradizione complessiva di un popolo che, attraverso F incriminazione di alcuni suoi elementi (costitutivi sia di quella come di questo), subisce una parziale negazione - quindi una mutilazione. Ogni configurazione del mondo e della vita può essere combattuta, ma non abbattuta nella sua espressione o contraffatta sotto menzognere definizioni per renderla 'sostanza di rifiuto': da eliminare.

"Una manifestazione che ha tutta una serie di tratti inquietanti... Alla fine viene appiccato il fuoco a questo mucchio preparato di legna sormontato da questo simbolo e quindi al termine di questa cerimonia tutti rimangono sull'attenti di fronte a questo fuoco che brucia...
Teste Fainelli (ispettore sup. P.S.): "Intorno a mezzanotte hanno acceso questo falò. Hanno assunto attorno al falò la posizione di attenti. P.M.: Tutti quanti? T.: Tutti quanti.
P.M.: Quando lei dice 'posizione di attenti', è proprio quella militare?
T.: Se ben ricordo, è stato dato proprio il comando di attenti.
P.M.: In modo militaresco?
T.: Sì. Mentre quattro persone, partendo in rappresentanza dei quattro punti cardinali, con quattro torce hanno dato fuoco a questa pira, gli altri hanno assunto la posizione di attenti... [...]
P.M.: E anche qui [l'anno successivo all'episodio sopra citato -n.d.r.] fu dato l'ordine di attenti? Si misero sull'attenti come l'altra volta?
T.: Sì. Tutti assunsero la posizione di attenti... Diciamo che questa posizione di attenti è durata per decine e decine di minuti...".

Dalle contrapposizioni viscerali e cruente degli anni '70, per una specie di meccanica degradazione delle energie che le muovevano, si è passati ai nostri giorni, in Italia, a confronti politici più 'morbidi' (insani e fradici?) e lascivamente dialettici...
'Gli altri' sono ormai avversari e competitori, non più nemici.
Qualcuno, tuttavia, deve pur rimanere tale, perché se ne ha disperatamente bisogno: il nemico contro cui non bastano le ordinarie regole del gioco politico, poiché - si dice- è fuorilegge, e deve essere posto al bando; non basta condannarlo nelle idee, sconfiggerlo 'democraticamente' coi consensi: ci vuole una dannazione criminale e l'espulsione carceraria.
Questo è il caso del Fronte Nazionale, perseguito e condannato in I° grado da una Corte d'Assise - quella che giudica di gravi comportamenti trasgressivi - per "ricostituzione del partito fascista".
Lo scenario di questo processo non è la Russia sovietica o la Cina di Mao, la Germania nazionalsocialista o una delle tante dittature, militari o di altro tipo. È una Nazione democratica a intentare "processo alle intenzioni", prendendo a pretesto la violazione di una legge che nessuno - tanto meno il Fronte Nazionale - ha inteso violare: una norma anacronistica, un'ipotesi di reato assurda - tanto quale sarebbe l'accusa di voler ripristinare il Sacro Romano Impero o la Respublica romana di Catone. La storia - espressione del divenire del mondo -passa, e l'ipotesi di ricostituzione del P.N.F. è davvero stonata: chi riesce a 'simularla', quell'ipotesi, dimostra di non avere proprio 'orecchio' per la musica della storia.
Menzognera invece, e non anacronistica e paradossale, è l'accusa di incitamento all'odio e alla discriminazione razziale, vero perno attorno a cui gira questa macchinazione giudiziaria: i verbali degli interrogatori veronesi, le risposte inequivocabili del reggente del Fronte Nazionale ci confermano quello che già sapevamo. Rimandiamo semplicemente alla lettura delle tesi e delle proposizioni affermate, confermate e pazientemente ripetute in questo libro-documento: da apprezzare liberamente, senza confusioni sentimentali di sorta.
Perché questo processo?

Convergono nell'ipotesi accusatoria, a nostro avviso, due 'grandezze' di diverso peso e tenore: una sinistra - e residuale - ossessione antifascista, e il proposito di lanciare un avvertimento (mediante una lezione incisiva) a quanti ancora chiudessero la propria anima al paesaggio omnipervasivo del 'mercato unico mondiale', disegnato da quella che, con termine desueto e fuori moda - e perciò veritiero... -, si potrebbe chiamare plutocrazia internazionale.
Per quanto riguarda il primo aspetto, riportiamo le parole di Romolo Gobbi, militante dei gruppi di "Quaderni Rossi" e "Classe Operaia": "Il sistema politico nato dalla Resistenza dimostra oggi tutta la sua debolezza congenita: l'unità antifascista, che si è voluta mantenere a tutti i costi, ha impedito il formarsi in Italia di una vera dialettica tra governo e opposizione [...] Non solo, ma l'antifascismo a oltranza ha ulteriormente confuso le idee [...] ha fatto uscire il fascismo dal suo alveo storico e l'ha inflazionato".
Implicitamente o esplicitamente fascisti sembrano essere - per l'accusa nel processo al Fronte Nazionale - i più svariati comportamenti.
Lo stare eretti in posizione di "attenti" è già una liturgia sospetta. Musiche e tanti sono, fino a prova contraria, nazisti. Non lo si dice apertamente, ma risulta chiaro: il servizio d'ordine (composto da mezza dozzina di persone) tradisce l'esistenza di una struttura militare. I manifesti, poi, dicono in filigrana sempre qualcosa di più e di diverso da quanto c'è scritto. E, come ispiratori di tutto, gli 'spiriti' del fascismo!
"L'umanità esiste sotto forma di differenza razziale [...] Fino a quando esisteranno differenze razziali -[...] spero esisteranno sempre poiché la loro scomparsa impoverirebbe l'umanità - ci saranno pure tensioni tra le razze e problemi di coesistenza cronici o acuti" .
Ben più rilevante, sotto il profilo dell'attualità politica, è l'attacco ai "portatori di odio e di discriminazione razziale".
La questione, per noi, si pone in un'ottica esattamente rovesciata. Ingiusta discriminazione e odio sono fomentati da chi benedice o altrimenti favorisce lo sradicamento delle etnie - delle razze, dei popoli -dai loro propri spazi territoriali: da chi vuole cancellare, attraverso un ipocrita e contraddittorio umanitarismo, le differenze (che sono altra cosa da contingenti e fragili e moralistiche "superiorità" o "inferiorità"), non rispettando la propria e l'altrui forma razziale; da chi ha riservato per sé l'orribile sfruttamento consumistico delle risorse della Terra, inducendo milioni di disperati a decidere tra fame o "assunzione" ai margini delle megalopoli occidentali - carne da macello buona per tutte le sottoutilizzazioni.
"[...] Il tiranno della Torre oscura di Mordor, il cui potere si sta di nuovo diffondendo nel mondo. Noi siamo all'interno di una fortezza. Fuori si sta facendo buio".
La fortezza in cui ci raccogliamo è quella delle nostre anime e del nostro spirito di milizia.
Minuscolo sodalizio dal peso specifico vicino allo zero sotto il profilo operativo e "mobilitante", il Fronte Nazionale non coltivava pretese di originalità né ambizioni di potere.
Il suo compito etico-politico (quello che il Fronte rifletteva e perseguiva) denotava tuttavia un preciso significato: di custodire e rafforzare all'interno della comunità nazionale italiana idee, condizioni dell'anima, precetti concordi con un senso 'normale'-tradizionale del mondo; di denunciare il terrificante pericolo di uno sfiguramento irreversibile delle fisionomie nazionali, suscitato dalla deportazione di milioni di individui umani negli Stati-Nazioni euro-occidentali.
La "società multirazziale", sì, è quella che vogliamo noi, di contro a coloro che perfidamente - od ottusamente - la 'cantano', mirando in realtà a un universo forzatamente unirazziale.
Rispettare le etnie - i colori del mondo, le voci dei popoli - significa ripristinare l'egemonia dell'armonia, restaurare l'ordine di vere corrispondenze e assonanze piuttosto che tramare la confusione di impossibili, inumane eguaglianze.
Intonate su questa tradizione, le parole del reggente del Fronte Nazionale ne costituiscono segni distintivi: insegne dei fattori normativi che la conservano e la riproducono.
Per il fatto di non aver ispirato ai loro destinatari occasionali - ossia a coloro che avevano l'onore di giudicare "Freda Franco+49" - la decisione assolutoria, esse appaiono, in quanto 'parole', argomenti di una dialettica soccombente, o meglio strumenti dialettici di una mediazione "malriuscita".
Ma, in quanto forme naturali del linguaggio della nostra comunità di Destino, esse sono giusti segni che comunicano la volontà di opporsi a una decadenza che estenua la potenza di vita di questa stirpe: semi che rivelano la presenza simbolica dell'Albero - il ricordo e la misura dell'apparire, propri di un operare politico che si dà come manifestazione percepibile di realtà esemplari metapolitiche — e la funzione delle radici, dai percorsi molteplici e diramati, concepite dalle profondità e generate dalle sommità della metastoria.
Aldo Braccio

P.M. Quindi, sul discorso della superiorità abbiamo chiarito tutto, in sostanza.
FREDA. Abbiamo chiarito che non c'è 'superiorità'.
P.M. Come non c'è??
FREDA. Per esempio, io sono ammiratore degli estremo-orientali: profondo ammiratore.
P.M. Lei ha detto che è ammiratore dei Giapponesi.
FREDA. Sì. Per esempio, oltre vent'anni fa ho pubblicato il testo Bushido, che è un testo canonico sull'etica dei samurai giapponesi.
P.M. È puramente casuale quest'ammirazione per i Giapponesi?
FREDA. Io ho un'ammirazione anche per lo sciamano, per l'uomo-medicina negro, o per gli Indiani d'America: un'ammirazione profonda. Non mi chieda quale sia il loro posto: io non sono sostenitore di un razzismo gerarchico. Di fronte a tante razze si deve dare solo una valutazione di diversità: che ognuno rispetti la propria diversità! Bisognerebbe avere dei parametri comuni, per dare un giudizio su chi sia migliore e chi peggiore, chi sia superiore e chi inferiore.
P.M. Andiamo avanti. So che questo è un argomento che non le fa molto piacere, però io devo parlare dell'intervista. Mi dica: questa televisione innanzitutto era inglese o americana?
FREDA. Con la sua sensibilità culturale di europeo, lei ha senz 'altro compreso, dal modo triviale di articolare le domande, che si tratta di una giornalista USA.
P.M. Questo testo che io ho trovato era la traduzione. Anche le domande saranno state poste in inglese? Lei conosce la lingua inglese?
FREDA. No.
P.M. Quindi, la signora intervistava in italiano?
FREDA. No, c 'era una sua interprete che traduceva.
P.M. Quindi il testo come lo avete ricavato?
FREDA. Deve essere intervenuta una registrazione della conversazione, con successiva traduzione scritta curata dall'equipe dell'intervistatrice. Questa traduzione appare molto sconnessa in certi punti. Non so quali punti le interessino...
Autore: Franco G. Freda
Titolo: L’albero e le radici
Edizioni di Ar
Prezzo: 17,00€

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