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mercoledì 31 agosto 2011

Nettunia una città fascista 1940-1945

nettunia

IMPORTANTE EVENTO EDITORIALE:

E’ uscito il nuovo libro di Pietro Cappellari

NETTUNIA Una città fascista 1940 -1945

Pagg. 430 (17x21) Euro 30

Nettunia venne ufficialmente “fondata” il 24 gennaio 1940-XVIII E.F. con l’organica fusione dei due preesistenti Comuni di Anzio e Nettuno. Questa cittadina è degna di essere annoverata tra le “città fantasma”, tra quegli antichi agglomerati urbani che la storia ha sepolto e delle quali si è persa memoria storica. Nettunia fu un “progetto” del Regime fascista e per questo fu condannata a una damnatio memoriae che permane tutt’oggi. Anche tra i residenti di Anzio e Nettuno pochi sanno cosa fu Nettunia e questi pochi, molto spesso, hanno delle informazioni – o dei ricordi – del tutto deformati da pregiudizi consolidati, dalle ideologie politiche, dalla televisione e dalla stampa.

La storia di Nettunia è intimamente legata alla Seconda Guerra Mondiale. Non solo per il particolare periodo storico che la vide nascere, ma anche per il rapporto che s’instaurò con i numerosi militari che si avvicendarono sul suo territorio, sede di importanti installazioni delle Regie Forze Armate.

Nettunia, fu devastata dalla guerra, quella guerra che iniziò con i bombardamenti angloamericani ed ebbe il suo apice nello sbarco alleato del 22 gennaio 1944 e nelle successive battaglie che sconvolsero tutto il territorio della testa di ponte. Tra questi eventi si colloca l’8 settembre 1943: la resa incondizionata dell’Italia, l’occupazione germanica, lo squagliamento dei reparti del Regio Esercito. Anche in questo caso, Nettunia ha una storia da raccontare. Una storia straordinaria e sconosciuta.

Una cattiva “coscienza” elaborò, nel dopoguerra, il mito delle “tre giornate di Nettuno”. Un mito che affermava che, dopo l’8 settembre, il “popolo di Nettuno” era insorto contro i “nazi-fascisti”. Si trattò semplicemente di una grossolana operazione di manipolazione della storia. I documenti da noi ritrovati hanno, per la prima volta, potuto far luce su cosa avvenne realmente nella cittadina in quei caotici giorni, smantellando la vulgata resistenziale.

Parte non secondaria di questo studio riguarda l’esame delle violenze che gli Alleati commisero contro la popolazione dopo l’operazione di sbarco. Crimini di ogni tipo, oggi dimenticati o addirittura giustificati. Furti, rapine, omicidi, stupri, perdita della dignità nazionale, furono il triste tributo da pagare a coloro che vennero chiamati “liberatori”.

Con questo lavoro, per la prima volta, viene presentata al pubblico la storia di Nettunia, un progetto straordinario nato dalla tenace volontà di riscattare nel Lavoro le Tradizioni millenarie di un Popolo.

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Per info: ares753@teletu.it

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SOMMARIO

RINGRAZIAMENTI

ABBREVIAZIONI E SIGLE

PREFAZIONE

INTRODUZIONE

Genesi

Nettunia, una dea dimenticata

CAPITOLO I: LE “ORIGINI”

La rinascita di un territorio

Il mito nordico di fondazione

Mario Vaselli, il “fondatore” di Nettunia

CAPITOLO II: GELOSIE E CAMPANILISMO

Le reazioni della popolazione anziate

Le reazioni della popolazione nettunese

Nettunia nel 1960…

CAPITOLO III: NUBI DI GUERRA ALL’ORIZZONTE

Una città in guerra

La straordinaria Emma Allegrini

L’Amministrazione di Rosario Speciale

Il Commissario Prefettizio de Matteis

Un “martire” per la storia

L’invasore: una pellicola “maledetta”

La guerra in casa

La Difesa di Nettunia

CAPITOLO IV: L’INSURREZIONE CHE NON CI FU

L’8 settembre 1943

Nettunia Centro, mattina del 9 settembre

Nettunia Porto, mattina del 9 settembre

Il pomeriggio del 9 settembre

Gli incidenti del 10 settembre

Il disarmo dell’11 settembre

Gli arresti del 12 settembre

Quale Resistenza?

Quale antifascismo?

CAPITOLO V: L’OCCUPAZIONE TEDESCA

Lo sfollamento

La nascita della Repubblica Sociale Italiana

CAPITOLO VI: ARRIVANO I LIBERATORI

La guerra dal cielo

L’Operazione “Shingle”

Le violenze angloamericane

CAPITOLO VII: L’ECLISSI

Il Governo Militare Alleato

Il paese di Bengodi

La lotta politica: partitocrazia e lottizzazione

Comastri Sindaco di Nettunia

Arrivederci Nettunia…

APPENDICE

Documento n. 1: I caduti e i dispersi della Seconda Guerra Mondiale di Nettunia (1940-1945)

Documento n. 2: Caduti e vittime a Nettunia tra il 9 e l’11 settembre 1943

Documento n. 3: La fantomatica banda partigiana “Nettunense”

Documento n. 4: Il fronte di Nettunia sulla stampa della RSI

Documento n. 5: Le canzoni di guerra del “Barbarigo”

Documento n. 6: La catena di comando della Difesa di Nettunia (settembre 1943)

Documento n. 7: I Segretari del Fascio di Combattimento “Costanzo Ciano” di Nettunia

Documento n. 8: Ispettori di Zona del PNF del Comune di Nettunia

Documento n. 9: I primi cittadini di Nettunia

Documento n. 10: La nuova toponomastica di Nettunia

Documento n. 11: Vite da protagonisti

Documento n. 12: Pagine eroiche nettuniane

BIBLIOGRAFIA

APPENDICE FOTOGRAFICA

INDICE DEI NOMI

La stazione spaziale internazionale senza astronauti dopo l’incidente al Progress?

ISS

Avrebbe dovuto rifornire la stazione spaziale internazionale. La perdita del cargo russo Progress mercoledì scorso ha sconcertato l’industria aerospaziale a livello mondiale.

Trasportato dal razzo Soyuz, è precipitato nel sud della Siberia occidentale circa cinque minuti dopo il decollo. Roskomos, l’agenzia spaziale russa, ha deciso di sospendere il lancio di navicelle Soyuz fino a quando non saranno chiarite le cause dell’incidente.

Il prossimo volo con a bordo astronauti, previsto per fine settembre, è stato rinviato di almeno un mese. Dal pensionamento delle navicelle americane avvenuto quest’estate, la Russia è diventato il principale rifornitore della stazione internazionale. Per ora la Nasa non parla di emergenza.

“Siamo in buone condizioni dal punto di vista logistico per resistere alla perdita di rifornimenti all’ISS”, spiega il manager della Nasa Mike Suffredini. “Infatti se ci fossero problemi potremmo sopravvivere diversi mesi senza rifornire di nuovo la stazione”.

Ma Ivan Moisseyev, il direttore scientifico dell’istituto di politica spaziale di Mosca non esclude scenari più radicali. L’abbiamo contattato al telefono. “Il rifornimento dell’ISS può essere assicurato dal Giappone e dalla Francia”. sostiene Moisseyev. “Hanno buoni veicoli. Ma vengono lanciati molto raramente e non si puo’ contare su di loro per un approvvigionamento regolare in caso di cambiamenti strutturali gravi. Se un incidente simile si riproduce, sia con Soyuz che con Progress, occorrerà evacuare l’ISS”.

E’ il primo incidente avvenuto al un veicolo cargo russo da trent’anni a questa parte. Ma nel corso degli ultimi nove mesi Roskomos ha perso non meno di sei satelliti in seguito a problemi tecnici.

Come gli americani, gli europei restano ottimisti. L’agenzia spaziale europea ha investito circa 500 milioni di euro nella costruzione di una nuova area di lancio nella Guiana Francese per il vettore russo, la prima missione è prevista a novembre.

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lunedì 29 agosto 2011

Il testamento spirituale di Rutilio Sermonti

Rutilio Sermonti1

Camerati,

mi è difficile esprimere appieno la gioia che voi mi avete dato con la vostra iniziativa e con la vostra accoglienza . Non tanto solo per il novantesimo compleanno. In fondo io ho fatto un giorno. Domani è un giorno dopo ieri, non è un anno dopo. E' solo una convenzione. Ma per il fatto che per farmi sentire, vedere, respirare il vostro affetto siete venuti da lontano, lui addirittura dall’estero (addita Alberto Mariantoni), e tutto per un povero vecchio combattente, qui, che non ha fatto che il suo dovere è una cosa che veramente mi commuove. Però la mia gioia è soprattutto perché la vostra iniziativa mi permette di esprimere occhi negli occhi alcuni concetti che penso che siano essenziali tanto che li potrei definire il mio testamento spirituale. Mah! Testamento? Vedo qualcuno che accenna una protesta. Uno deve forse aspettare di essere rimbambito, per fare testamento, e spirituale per giunta ? che testamento sarebbe ? Di quale valore ? Spero proprio di fare a tempo a farlo in pieno possesso di tutte le mie facoltà.

Si tratta di un discorso molto semplice, che io non ho fatto che ripetere continuamente, eppure, sembra incredibile,nonostante la grande attenzione di cui tutti voi, delle più belle formazioni mi avete sempre onorato, nessuno l’ha preso sul serio. C’è una differenza significativa tra quelli che a me sono più vicini e il sottoscritto. E questa differenza l’ha espressa in modo molto felice Nicola Cospito che nel fare una prefazione ad un mio libro scrisse: “Rutilio Sermonti è uno che nel 1940, diciannovenne, mise un fiore nel moschetto e partì per la guerra contro le grandi plutodemocrazie, non è ancora tornato.”. Fu una definizione che piacque molto, perché io quella guerra mica l’ho finita. Io non ho chiesto la pace, non ho firmato armistizi. La guerra continua e la Repubblica Sociale Italiana mica è stata sciolta e per me l’unica Repubblica che legittimamente esiste è quella. Questa qui non mi interessa. La repubblica dell’Alto Volta mi interessa di più di quella italiana di Napolitano & C.

Quindi la situazione è questa: io sono in guerra, da allora e lo sono sempre stato. E l’unico merito che mi riconosco è di averlo fatto ininterrottamente senza titubanze, senza tante problematiche "ideologiche", facendo semplicemente il mio dovere come facevo da sergentino nel 1940. Ma qual è la conseguenza? Tutto quello che io ho fatto è stato senz'armi e purtroppo armi non ne posso usare più. Posso usare solo, come si diceva una volta la penna, e adesso manco quella: il computer. Ma tutto quello che io ho fatto è stato lo stesso un atto di guerra. Qual' è la caratteristica di un atto di guerra? Di non essere un’esibizione, un esercizio intellettuale No. È un’azione compiuta a un determinato scopo, in quanto utile per quello scopo e concatenata con una serie di altre azioni in modo organico. Un’azione una tantum non serve a un cavolo. Va fatto questo, in modo continuo e sistematico. Ed io ho inteso fare proprio quello. Voi che avete seguito i miei libri, i miei articoli avete visto. Io non ho fatto molti discorsi teorici, ho fatto discorsi pratici. Faccio delle proposte. Sì c’è stato il momento delle testimonianze, Il momento in cui era utile mettere su carta, fissare certi ricordi, perché la gente non se li scordasse, perché i giovani a cui non si insegnavano più avessero la possibilità di possederli .. almeno in una piccola parte … ma questa è stata una prima fase che è durata poco. Poi abbiamo cominciato a combattere. Ora, purtroppo, fin da allora ci sono stati alcuni equivoci e devo dire che siamo colpevoli tutti. Questi equivoci si chiamano soprattutto Emme Esse I. E recano soprattutto la firma del mio amico ( per me era un amico gli volevo pure bene, che quando è morto ci ho pure pianto): Giorgio Almirante. Quanto ci ho litigato con Giorgio Almirante! Quanto l’ho insultato perché non capiva certe cose. Noi non potevamo fare un partito come gli altri. Non l'ha capito, non hanno capito. Se c’è una cosa cretina era pensare che si potesse fare una guerra contro il sistema con un partito strutturato e organizzato come lo vuole il sistema Ma siamo proprio matti? Quindi quello che era necessario che ci voleva: Un piano riservato che fosse ben più chiaro e solido dell'ufficialità del partito. Guardare con sufficienza le solite scempiaggini: le elezioni. Ma poi ci fosse un effettivo comando. E invece non c’è stato mai.

E allora che cosa è successo? È successo che noi abbiamo fatto colte, acute analisi, nutrite discussioni. Ci sono stati dei camerati veramente di notevolissima levatura intellettuale e culturale che hanno chiarito un sacco di punti. Perchè quello è una battaglia secondaria? Perchè nessuno si è posto la domanda “Che cosa possiamo fare oggi? Con i mezzi di oggi, nella situazione di oggi? Ma che abbia lo stesso scopo di quello che facevamo con le Panzer Divisionen ? Era lo stesso, identico. Erano cambiati i mezzi, purtroppo, perché era cambiata la situazione. Se voi ve lo ricordate uno dei principali insegnamenti del Duce era di fare sempre i conti con la mutevole e complessa realtà. È inutile stare a nuotare tra le nuvolette della ideologia.

Noi dobbiamo sbattere il grugno con la realtà e sbattendo questo grugno l’Italia diventò in dieci anni dall’ultima ruota del carro, la mandolinista, quella che non contava niente, la prima nazione del mondo. Perché, cocchi miei, io c’ero e me lo ricordo nel 1938 l’Italia era la prima nazione del mondo a cui tutte le altre guardavano con invidia. Pensate con invidia. “Beati voi che tenete Mussolini !" Io mi ricordo una famosa attrice americana, Mary Pickford che diceva: “A me sono molto simpatici gli italiani, però sono stati tanto carogne perché hanno fatto un Mussolini solo. Ne dovevano fare due, uno se lo tenevano, e l'altro potevano prestarlo a qualcuno che ne aveva tanto bisogno !".

Allora siamo andati avanti così, col pensiero e l'azione appaiati. Ma qual è la situazione attuale di cui vi volevo parlare con un po’ di tristezza. Mi sono domandato:“Ma tutto questo mio combattere a che cosa è servito?”

Il primo passo fu nel 2005, quando io mi posi questa domanda “Noi siamo l’alternativa al sistema. L’ha detto Michelini, l’ha detto Almirante.. lo dice ogni volta … Ma sul vocabolario “alternativa” vuol dire: no a questo e sì a quell’altro. Se no non è alternativa. Se no è solo una critica, una demolizione. E' chiaro che se io voglio fare la casa nuova dove ce n’è una fatiscente la devo demolire prima di fare quella nuova. Ma quando la demolirò, ho appena cominciato. Sicuro devo fare la casa. Se invece la lascio lì e contemplo le macerie, sono un minchione che non giova a nulla..

E allora noi dobbiamo cominciare a costruire, cioè a spiegare alla gente in che consiste l’alternativa, ma deve essere l’alternativa 2000 e non l’alternativa 1930, perché è cambiata la mutevole e complessa realtà. Io che era già uomo allora mi accorgo delle differenze enormi in tutto non solo nella politica, nell’amore. Quando avevo diciotto anni e facevamo l’amore, facevamo cose completamente diverse da quelle che fanno oggi, quando fanno l’amore. Avevamo tutta un’altra concezione. Allora c’era la mania della vergine. Una ragazza doveva arrivare vergine al matrimonio ... Guai se non era vergine! Oggi stiamo freschi! Non si sposerebbe più nessuno. E così via. C’era tutto un modo di ragionare diverso: rapporti familiari, rapporti con la madre e col padre. Per non parlare poi del lavoro. Il lavoro allora era ancora il protagonista dell’economia, oggi non lo è più. È inutile che stiamo a fare retorica: oggi l’economia la fanno le macchine quindi i soldi non il lavoro! Il lavoro accudisce le macchine ed è una cosa noiosa, senza arte, umiliante, scocciante e non si vede l’ora che finisca per andare in pensione. Questo è il lavoro. … il funzionamento è cambiato.

Allora io ho scritto un libro che si chiama Stato Organico in cui dicevo: “Ecco lo Stato che noi oggi possiamo progettare!”. E ho invitato più volte anche nel corso del libro a correggermi, a dare suggerimenti migliori, a discutere questo argomento che per noi doveva essere essenziale. Perché la nostra attività è creativa non puramente distruttiva. “Possi cecamme” se c’è stato uno che mi ha risposto! Che mi ha fatto una critica. Mi hanno detto: “Bravo!”.

E che ci faccio io con il bravo? Mica faccio l’attore d’avanspettacolo! Se non mi seguite! Io vi do un suggerimento e non lo seguite … Non mi dite: “Bravo!”, ditemi “Bischero!” e seguitemi! Ah! Come sarebbe bello!

Il mio Stato Organico è rimasto così com’era. Nessuno (e guardate che camerati bravi, intelligenti, preparati, colti ce ne sono molti di cui ho grandissima stima) vi ha minimamente posto mano. Di quello non si occupa nessuno. Come si può ottenere oggi una rappresentanza che non sia la solita fregatura per i rappresentati? È inutile che tirate fuori la socializzazione degli anni Quaranta, perché sono passati settanta anni! Dobbiamo fare una cosa in funzione di oggi. Niente. E questo vuol dire che tutta questa modesta fatica che ho fatto con lo Stato Organico a questo momento non è servito a niente.

Andiamo avanti. Noi continuiamo la guerra e dobbiamo porci i mezzi con cui fare questa guerra: carri armati non ne abbiamo, testate nucleari non ne abbiamo. Come la facciamo la guerra? Che cosa abbiamo noi? Ecco che cosa abbiamo! La militanza e ne abbiamo tanta! In Italia, e io l’ho girata molto, c’è una quantità di militanza. Però tutti a gruppetti separati che non si guardano e magari polemizzano l’uno con l’altro. Però ce ne è una grande quantità e sono pieni di voglia di fare, di voglia di combattere. Qualche volta vedo i loro occhi lucidi di lacrime, quando parlo io, perché veramente lo sentono.

Però questa militanza bisogna renderla a livello di saper competere. Cioè, primo: disciplina! Credere, obbedire e combattere diceva Mussolini. Non diceva credere, obbedire e discettare! Ebbene quelli discettono. Bisogna abituarsi ad obbedire quando uno è soldatino. Poi quando diventa sergente ci saranno quelli a cui comanda e quelli a cui obbedisce. Quando sarà capo di Stato Maggiore Generale allora comanda solo. Così deve essere e invece no!

Altra cosa. I militanti dicono un sacco di corbellerie perché hanno la trista abitudine, molti, di parlare per sentito dire. Se voi sentite la cosa più popolare nel nostro ambiente ( che siamo tutti socialisti), è la socializzazione. Ma io mi domando una cosa: quanti che discutono di socializzazione hanno letto (e dico solo letto)il decreto istitutivo del Duce del febbraio 44 ? Quanti hanno letto (e non dico meditato) quell'insigne monumento di scienza giuridica e di saggezza, che furono le norme d'attuazione dell'ottobre, fatto poi in quelle situazioni con le bombe che ti cadono addosso, con i partigiani che ti sparano alle spalle. Eppure fu fatto quel capolavoro, ma chi lo ha letto? Non si preoccupano per discutere di qualcosa prima, almeno, di conoscerla.. E invece bisogna prima conoscere e poi discutere. Questo bisogna insegnare, come prima cosa, ai militanti. Ed è un problema. E come si fa ad insegnarglielo? Non abbiamo un’unica organizzazione, non abbiamo un’unica Opera Balilla. Come si fa?

Mi sono posto il problema. Abbiamo fatto un programma apposta. Abbiamo fatto un Patto di Unità d’Azione. Adesso siamo cinque, prima eravamo in due: Forza Nuova e Movimento Nazional Popolare. E questo patto era su alcuni punti: “Siamo d’accordo che si devono fare queste azioni? E allora tutti quelli che sono d’accordo, lavoriamo! L’unità nascerà dal lavoro comune e non il lavoro comune dall’unità. Questa è sempre stata la mia convinzione. E allora abbiamo fatto un bellissimo programma: corsi in tutta Italia con le dispense per ogni lezione. Queste dispense consentivano di fare contemporaneamente il corso in tutti i gruppi senza nessuna differenza nè concorrenza tra i gruppi stessi. Il corso era utile a tutti, aperto a tutti e unitario perché ci sono le dispense. Queste dispense dovevano essere fatte in un certo modo. Tutto questo è stato studiato e che cosa è stato fatto? Niente! Neanche una lezione. Di dispense io ne ho fatte e ne ho curate cinque, con cinque dispense si potevano fare duemila lezioni in tutta Italia. Quante ne sono state fatte? Duecento? Venti? No! Due forse sperimentali, perché c’ero io a Roma. E poi? Anche questi erano interrogativi. Ma che viziaccio maledetto è questo! Questo è un modo di combattere? Fare dei programmi per poi scordarsene?

E poi andare in giro con gli striscioni nelle strade! Non serve a niente! Ci devi portare mezzo milione di persone in strada allora serve a qualcosa. Ma se ci porti cinquanta persone in strada non serve a niente. E allora ?

Vorrei che voi capiste la mia angoscia quando mi viene il dubbio di aver girato a vuoto.

Le corporazioni come opzioni di lotta non è un’idea mia. È un’idea che ho preso da una piccola pubblicazione Il Megafono. È un’idea geniale. Come si difende il piccolo commercio, l’artigianato, le piccole attività basate sul lavoro dell’uomo da queste grandi organizzazioni economiche multinazionali che le soffocano? Come si difendono? La corporazione! La corporazione come si intendeva nel Rinascimento. Facevo degli esempi. I piccoli meccanici sono disperati. Questi cornuti che fabbricano automobili non fanno più pezzi di ricambio. Se devi cambiare una vite devi cambiare mezza macchina. Ai piccoli meccanici ( e ce ne sono a migliaia) dobbiamo suggerire, “Fate le corporazioni! Unitevi in una corporazione! Portate tutti lo stesso distintivo. E questa corporazione per mandato degli associati tratta con le grosse organizzazioni produttive e detta legge perché se tutti i meccanici d’Italia che hanno anche rapporti di amicizia con la clientela, cominciano a chiedere prodotti con i pezzi di ricambio economici altrimenti consigliano ai loro clienti di rivolgersi ai produttori che lo fanno, diventano loro i più forti. Noi possiamo prenderli per il collo e voi sapete l’importanza enorme, l’incidenza che avevano le corporazioni nel Medioevo e nel Rinascimento, perché la funzione della corporazione era anche tutelare i valori extra economici che c’erano in quella attività. Erano quasi degli ordini religiosi e non vi si ammetteva lotta di classe, proibitissimo fare sindacati. Ci sono solo categorie gerarchicamente organizzate e il piccolo allievo di oggi diventerà il maestro di domani. Così era fatta l’organizzazione del lavoro nel Rinascimento e così erano fatte le corporazioni. Ora noi guardandoci in giro, e vediamo come i coltivatori diretti cercano di difendersi dallo strangolamento: sono iniziative squisitamente corporative. Neanche lo sanno loro, gli vengono così spontaneamente. E noi che ci stiamo a fare? Noi sappiamo tutto delle corporazioni, dobbiamo metterle in funzione, dobbiamo essere noi ad impugnare questo validissimo strumento della corporazione. Ma non fare noi le corporazioni. Le devono fare loro. Noi le possiamo suggerire, possiamo svolgere un’azione promozionale. Quale? Non può essere la stessa per tutte le corporazioni, ci sono diversissime mentalità, composizioni ed esigenze. Allora nel mio libretto Le corporazioni come opzioni di lotta e non come fatto storico, come opzione attuale, ho esaminato i vari problemi, le varie corporazioni nuove che è necessario fare.

Una per esempio, importantissima oggi, la corporazione delle donne di casa. Fare la donna di casa oggi è molto difficile. Se noi diamo ad una donna, che non sia un’imbecille, i mezzi, le conoscenze, la formazione questa , a parte che diventa la padrona assoluta della casa, ma diventa un elemento di progresso della Nazione intera. Oggi quelle che erano le funzioni del maschio dell’antichità non ci sono più: la fatica fisica la fanno le macchine, azionate elettricamente; la guerra la fanno schiacciando un bottone e distruggendo una città a 6 000 km di distanza; la caccia una volta era una risorsa per vivere oggi è uno svago discutibile. Allora a che cosa serve l’uomo? Non serve più! Serve la donna. Prova della pazzia di quest’epoca è che vogliono fare delle donne che scimmiottano degli pseudouomini che non servono più.

Allora dobbiamo studiare corporazione per corporazione come incominciare, dove gli accenni già in atto delle organizzazioni a cui ci si può appoggiare, una per esempio la Coldiretti, che da che non è più uno strumento della Balena bianca, sta diventando una cosa estremamente interessante. Non so se avete seguito le varie iniziative: le arance, il latte … hanno fatto una sacco di cosette carine proprio per liberarsi della schiavitù delle multinazionali. E allora lì dovremo fare in un modo di incidere al massimo.

Un’altra corporazione necessaria è gli uomini d’arme poliziotti, soldati … Anche loro contribuiscono a mantenere l’ordine. Anche loro devono avere la loro corporazione, soprattutto nell’assenza dello Stato, come è oggi. Ma la corporazione degli uomini d’arme può assumere molte funzioni anche morali, anche normative che lo Stato rifiuta.

Qualsiasi corporazione, io ne ho preso una quantità di esempi, esige sistemi diversi, diversi metodi di approccio con gli interessati, io credo che occorra cominciare dalle più "facili" e dalle più sensibili. I successi delle prime incoraggeranno le altre

Poi ho detto: “Su! Diamoci da fare! Suggerite! Correggete!” E poi mettiamoci al lavoro nel favorire la formazione di queste corporazioni. Dei cui benefici si accorgerebbero subito gli stessi interessati e quando uno cominciasse a funzionare bene, allora arriverebbero tutti: sembrerebbe l’uovo di Colombo. Ma Noi? Noi non importa. Non importa che noi figuriamo, anzi non dobbiamo figurare! Corporazione vuol dire Fascismo! Non importa metterci il fascetto sopra. Vuol dire una vittoria raggiunta contro l’eterno nostro mondo avversario.

Un ultimo solo ed altro esempio: la teoria dell’evoluzione naturale. È come l’olocausto, uguale, però lì c’è la legge penale, qui no. Si sono messi la coda tra le gambe. Non si riesce ad organizzare un dibattito, mi ricordo quaranta anni fa, io sono stato un pioniere di questa lotta, contro questa cretinata. Anche lì siamo arrivati al punto che scientificamente parlando è morto, non c’è più l’evoluzionismo. È la prova del fatto che non si riesce ad organizzare un dibattito. E se tu cerchi di organizzarne uno , con mille difficoltà, e trovi qualcuno per esempio un preside di facoltà universitaria che ha concesso la sala, vengono fuori quelli dei centri sociali contro il clericalismo. ( Io sarei il clericale, ve lo figurate ?)! Perché è, gente che come al solito parla a vanvera. Non ne sa un cavolo. Noi dobbiamo contrapporre un movimento studentesco. Ormai non serve più solo la scienza. Mio fratello, professore di genetica, ha contribuito a mettere con il culo per terra l’evoluzionismo. Continuano a pubblicare quegli alberi genealogici minuziosi e ridicoli, con mille biforcazioni deserte di nomi e frutto di mera fantasia.

Però continua a funzionare con la fantasia con gli scritti di gente ignara sia di biologia che di probità, e gli scienziati che sono tutti gran furbotti glie li lasciano scrivere. Pensate che tutto il mondo liberista è fondato su questi concetti. Chi ha successo è il migliore, per il solo fatto che lo ha, magari ammazzando uno con una coltellata. Ammazzandolo e derubandolo però ha avuto un successo, ha in tasca i soldi di quello ed ha ragione. Questo è il ragionamento a cui porta la teoria dell’evoluzionismo, che non viene affatto confermata in natura . Ho scritto un libro apposta su questo argomento, di carattere divulgativo su questi concetti ma adesso chi deve lavorare? Su questo argomento occorre organizzare un movimento studentesco, si devono rompere i vetri, fischiare i professori durante le lezioni, spernacchiare. Si deve far questo. Scrivere insulti sui muri, invece, non convince nessuno. Abbiamo vinto la guerra e non lo sa nessuno, neanche i nostri militanti !

Allora io voglio rivolgere a tutti voi e attraverso voi anche agli altri che vi ascolteranno questa accorata invocazione :“Fatemi crepare vedendo un pochino di luce, fatemi crepare vedendo appena da lontano una fiammella di un fuoco che si riaccende. Ma questa è lotta! Questa è guerra! Non sono chiacchiere! Non basta scrivere articoli e neanche libri. Bisogna saper combattere! Bisogna saper dire: “Io il 7 maggio alle ore 14.00 a qualsiasi condizione atmosferica sarò in centro a piazza del Popolo a Roma.” e ricordarselo dopo sei mesi. E invece no! Farò! E poi non si fa !È questo il punto! È questa la guerra che noi dobbiamo vincere, quella che i musulmani chiamano Jihad Achbar, la grande guerra santa, quella all’interno contro le proprie debolezze.

O noi siamo eroi, o noi siamo tutti eroi ( Tutti eroi!, ho detto !), oppure abbiamo già perduto in partenza. Se noi saremo capaci di essere tutti eroi, a queste condizioni noi abbiamo la vittoria in tasca. Perché gli altri stanno già marcendo. Li vedete che fine hanno fatto i tracotanti bolscevichi e che fine stanno facendo i tracotanti americani. È fallito pure uno stato. Cose incredibili!

Allora tocca a noi. Ma signori miei, non si può fare nei ritagli di tempo! Vi prego, non si può fare. È la cosa principale! La cosa che ci permette di essere orgogliosi di essere uomini. Se non che siamo? Sono meglio i bacarozzi! Sono meglio le cavallette! Loro, vivono secondo la loro natura. Soltanto noi non saremmo capaci di farlo ?

Enos, Lases, iuvate!

domenica 28 agosto 2011

Aggiornamenti EURASIA (20-26 08 11)

eurasia

Di seguito gli aggiornamenti al sito di "Eurasia" di questa settimana (20-26 Agosto 2011):

EURASIA IN LIBRERIA

È attualmente disponibile in libreria l'ultimo numero di "Eurasia" (1/2011) dedicato a: "La cerniera mediterraneo-centrasiatica"

Offerta Estate 2011

Solo fino al 31 agosto 2011, chi sottoscriverà un nuovo abbonamento a “Eurasia” riceverà un libro in regalo, per un risparmio complessivo fino a € 30,00 con una spesa di € 80! Per ulteriori informazioni clicchi qui -Ultimi giorni!

Ultime uscite

Soviet e Sobornost

Marco Costa

Correnti spirituali nella Russia sovietica e postsovietica. Questo saggio di Marco Costa ci presenta il quadro storico dei rapporti intercorsi tra autorità religiosa e potere politico nella Russia del Novecento. Dopo essersi ampiamente soffermato sugli anni del leninismo, che videro scatenarsi una virulenta offensiva ateista, coerente coi contenuti materialistici dell’ideologia marxista, l’Autore esamina attentamente il periodo successivo, indugiando sulla svolta che caratterizzò il periodo staliniano negli anni della “Grande guerra patriottica”, quando alla riappropriazione dell’idea di Patria da parte del potere comunista si accompagnò la fine della persecuzione antiortodossa, fino all’elezione del nuovo Patriarca. Lo studio si conclude con una panoramica della politica russa postsovietica, nella quale emerge con particolare evidenza la convergenza del filone nazionalcomunista con gl’indirizzi patriottici dell’Ortodossia russa.

Progetti di egemonia

Francesco Brunello Zanitti

Neo-cons USA e neo-revisionisti israeliani a confronto. In seguito alla vittoria di Bush nel 2000 e soprattutto dopo gli attentati dell’11 Settembre i neocons statunitensi hanno influenzato considerevolmente la politica estera della Casa Bianca. Allo stesso tempo, l’ultimo decennio della politica israeliana è stato caratterizzato dal rafforzamento della destra, in particolare del Likud, partito erede del neorevisionismo, movimento politico basato su alcuni concetti già espressi dal sionismo revisionista e dal suo capo, Vladimir Jabotinsky. Si può parlare in questo contesto di un singolare legame tra i neocons e gli esponenti del Likud? Il neoconservatorismo e il neorevisionismo, pur essendo movimenti nati in ambienti politici e geografici lontani e differenti, hanno elementi in comune nelle loro ideologie? L’analisi del pensiero dei due movimenti politici e le azioni intraprese in politica estera dagli appartenenti a queste correnti possono offrire una chiave di lettura per comprendere le somiglianze e le differenze tra neoconservatorismo statunitense e neorevisionismo israeliano.

Turchia, ponte d'Eurasia

Aldo Braccio

Il saggio di Aldo Braccio, profondo conoscitore del mondo turco, assume un prestigio particolare se messo in relazione con l'attuale congiuntura storica. Dalla lucida disamina offerta da Aldo Braccio emerge il ritratto di una nazione proiettata verso il futuro mantenendosi allo stesso tempo legata al proprio passato, capace di ereditare alcuni dei fattori fondamentali che avevano reso grande l'impero della Sublime Porta. Tratto dalla recensione di Giacomo Gabellini


Capire le rivolte arabe

Pietro Longo, Daniele Scalea

Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario, il nuovo libro dei nostri redattori Daniele Scalea e Pietro Longo (rispettivamente segretario scientifico e ricercatore dell'IsAG), è ora disponibile all'acquisto presso la libreria online Librad. Il volume, edito da Avatarèditions per conto dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), consta di 168 pagine ed è acquistabile al prezzo di 18 euro. Si tratta della prima pubblicazione con marchio IsAG, oltre alla rivista "Eurasia". Il ricavato andrà a finanziare le attività dell'Istituto.


ARTICOLI E SAGGI

Teoria Geopolitica

L'asse russo-germanico contro l'Occidente bancario

Diceva Oswald Spengler che il pericolo che già ai suoi tempi incombeva sulla civiltà bianca era doppio: da una parte c’era l’imminente “rivolta dei popoli di colore” contro il dominio colonialista degli Stati occidentali; dall’altra parte esisteva un pericolo interno, la rivolta dei ceti proletari, guidata dalla casta sobillatrice dei sindacalisti. Il panorama che il filosofo della storia dipingeva quasi cent’anni fa è noto: l’Occidente avrebbe arrestato il suo inevitabile declino solo affidandosi a figure di Cesari dittatoriali, che attraverso regimi autoritari avrebbero potuto liquidare sia la minaccia esterna sia quella interna. [...]

Giovedì, 25 Agosto

Daniele Scalea: “In Libia la guerra proseguirà ancora a lungo”

Agenzia Stampa Italia

(ASI) Agenzia Stampa Italia ha incontrato Daniele Scalea, segretario scientifico dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), redattore della rivista di studi geopolitici Eurasia, autore de “La Sfida Totale” e co-autore, insieme a Pietro Longo, di “Capire le rivolte arabe”.  

Mercoledì, 24 Agosto

L’attualità di Friedrich List

Giacomo Gabellini

Uno dei più attenti e lucidi osservatori dell'inarrestabile crescita economica statunitense scaturita dalla Rivoluzione Americana fu senza ombra di dubbio lo studioso tedesco Friedrich List. List insegna a comprendere come l’unipolarismo imperniato sugli Stati Uniti abbia prodotto numerosi attriti tra gruppi di dominanti che hanno aperto una serie di faglie spesso coincidenti con i confini delle singole nazioni. L’odierna fase capitalistica consacra infatti il ruolo centrale dello Stato, unica entità in grado di attingere alle proprie risorse per ergersi a punta di lancia delle forze strategiche garanti degli interessi corrispondenti a quelli nazionali.

Martedì, 23 Agosto

La battaglia per Tripoli

Daniele Scalea

Mentre la stampa italiana, sulla falsariga della posizione espressa ufficialmente dal ministro Frattini (che più d'ogni altro s'è sbilanciato nelle ultime 24 ore), continua a parlare dell'avvenuta “liberazione di Tripoli” e della “caduta del regime”, altre fonti – pur schierate con la NATO – cominciano a farsi più caute. Nella confusione di notizie che rimbalzano dalla Libia e dai paesi belligeranti, sembra adesso opportuno cercare di mettere un po' d'ordine ed ipotizzare una ricostruzione dei fatti e della situazione sul terreno, per quanto aleatoria ed inevitabilmente fondata su una ridda di resoconti e voci non confermabili.

Lunedì, 22 Agosto

Il ritorno degli Usa nell'America Indiolatina

William Bavone

Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla Provvidenza a piegare con la fame e la miseria l’America intera in nome della libertà” è quanto profetizzò Simon Bolivar nel 1815, durante il suo esilio in Giamaica, nella “lettera Guatemalteca” sulla Royal Gazzetta di Kingston. Dopo 194 anni da tale affermazione, si può ben dire che l’egemonia economico-politica nell’area da parte degli Stati Uniti è stata indiscussa. Con metodi non sempre leciti, il colosso nord americano è riuscito a tessere una rete di relazioni che gli hanno permesso di controllare l’intero continente.



...E tanti altri articoli sono disponibili sul sito!

  la Redazione

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sabato 27 agosto 2011

Passaggio a Nordovest

scioglimento dei ghiacci
Le misurazioni da satellite mostrano che ci stiamo incamminando verso un altro anno in cui la copertura di ghiaccio nell'Artico sarà sotto la media. Proprio mentre il ghiaccio si scioglie durante questi mesi estivi, due importanti passaggi navali si sono aperti nell'oceano Artico.
Nel 2008 i satelliti avevano registrato che il Passaggio a Nordovest e la rotta del Mare del Nord si erano aperti contemporaneamente per la prima volta dopo i rilievi da satellite cominciati nel 1970 – ed ora è successo di nuovo. 
Mentre la rotta del Mare del Nord sopra la Russia (nota anche come il Passaggio a Nordest) è stata aperta al traffico navale da metà agosto, recenti dati da satellite mostrano che il corso più diretto nel Passaggio a Nordovest sembra ora essere totalmente navigabile.
Situato nell'arcipelago artico canadese, il Passaggio a Nordovest può essere una scorciatoia per la navigazione tra Europa ed Asia – ma con l'apertura della rotta via mare cresce il potenziale per reclamare il potere supremo e la migrazione delle specie marine attraverso l'oceano Artico.
Nel 2007, il ghiaccio del mare Artico ha toccato il record più basso da quando sono cominciati i rilevamenti da satellite, quasi trent'anni prima. Quell'anno, il Passaggio a Nordovest, storicamente impraticabile, si aprì per la prima volta.
Le anomale condizioni meteorologiche hanno contributo nel 2007 al record di perdita di ghiaccio: i cieli si sono aperti sopra le zone centrali dell'oceano Artico ed i venti hanno soffiato aria calda sulla regione, causando un forte scioglimento.
I modelli delle condizioni meteorologiche sono diversi quest'anno, ma l'apertura anticipata dei passaggi indica che potremmo essere vicini a battere un nuovo record di bassa copertura di ghiaccio.

"Il limite minimo di ghiaccio è ancora lontano tre o quattro settimane, e molto dipende dalle condizioni del tempo sopra l'Artico in tali prossime settimane" ha detto Leif Toudal Pedersen, scienziato 'senior' all'Istituto Meteorologico Danese.
"Che raggiungiamo un minimo assoluto o no, quest'anno di nuovo si conferma che siamo in un regime con notevolmente molto meno ghiaccio che in precedenza. Queste ultime cinque estati sono le cinque con i limiti minimi assoluti di ghiaccio."
Ogni anno, nell'oceano Artico si formano e poi si sciolgono vaste quantità di ghiaccio galleggiante, ma il tasso di perdita totale è accelerato.
Negli ultimi 30 anni, i satelliti che hanno osservato l'Artico hanno testimoniato la riduzione alle soglie minime del ghiaccio alla fine dell'estate - da 8 milioni di chilometri quadrati agli inizi degli anni '80 fino al minimo storico di meno di 4.24 milioni di chilometri quadrati nel 2007.
Prima dell'avvento dei satelliti, ottenere misurazioni del mare ghiacciato nell'Artico era difficile: questa zona è inaccessibile e predisposta a lunghi periodi di maltempo e di buio.
I radar di Osservazione della Terra a bordo di satelliti come Envisat, dell'ESA, sono particolarmente adatti per controllare le regioni polari del pianeta perché riescono ad acquisire le immagini anche attraverso le nubi ed il buio.
Nelle prossime settimane, ESA continuerà a monitorare la situazione dell'Artico con i propri satelliti Envisat, CryoSat e SMOS

giovedì 25 agosto 2011

90 ANNI... ONORE E GLORIA A RUTILIO SERMONTI

Rutilio Sermonti

E’ stata una giornata particolare, emozionante come ogni incontro con Rutilio, ma un' occasione per festeggiare i 90 anni di un uomo che considera il suo compleanno, come un semplice giorno in più della sua vita normale... come la definisce lui.

Noi sappiamo bene che così non è, sappiamo che gli uomini di quella foggia non sono normali, quantomeno per lo standard di oggi... forse normali lo erano al tempo del "male assoluto", oggi nella loro semplicità, nel piattume che avvolge noi, essi diventano eroi.  Rappresentano la proiezione di un mondo a noi sconosciuto, che per quanto studiato e raccontatoci, noi non abbiamo vissuto; loro sì ,e la differenza salta agli occhi. Il loro essere normali è per noi straordinarietà perché viviamo nella mediocrità.

Cosa ci ha detto questo vecchio combattente a 90 anni ?  Che il suo sogno più grande sarebbe quello di non vederci plaudire ai suoi libri, alle sue parole, salvo lasciarli cadere nel vuoto ! Nel corso della sua vita ha scritto eccellenti libri da cui trarre esempi, o meglio spunti, per la politica, per la militanza e per la vita. Eppure nessuno ne ha fatto tesoro come in cuor suo avrebbe voluto. Divisi, sclerotizzati su posizioni reazionarie, questi sono i "camerati" che lui vede innanzi a sè; lui che a 90 anni ancora combatte la sua guerra con la divisa della RSI, con la speranza, con la freschezza che manca ai giovani di oggi ed a noi anziani.

Ma non voglio soffermarmi sulla giornata odierna, pur trascorsa in piacevole compagnia.

Voglio rendere gli onori a Rutilio, al mio amico e PADRE SPIRITUALE, cercando di raccontarlo brevemente per come io ho avuto l'immenso onore di conoscerlo e viverlo; questo credo che per lui sarebbe un ottimo regalo !

Ho avuto l'onore ed il privilegio di servirlo da un paio di anni, il rimpianto magari di aver fatto poco per lui, costretto a lasciare la sua casa, vicino alla mia, ed a trasferirsi dove ora vive (nota del proprietario del blog: non si potrà mai ringraziare a sufficienza il grande gesto del camerata Celsio che gli ha offerto gratuitamente questa nuova ottima sistemazione) , dall'altra parte degli Appennini. Le comunità militanti romane, NON sono state in grado di trovargli una sistemazione in zona... in maniera altrettanto solerte di come quando Rutilio veniva portato di evento in evento. Altro discorso che preferisco far morire qui.

In poco più di un anno ho avuto la fortuna di ricevere tanto da questo uomo; mi ha aperto la mente, con la sua semplicità, la sua umiltà, i suoi modi... per questo lo definisco il mio papà spirituale.

Forse il segreto della differenza generazionale sta proprio nella parola UMILTA'.   In una mia vecchia nota "credere, obbedire ,combattere" provai a spiegare il senso di queste tre parole secondo il mio punto di vista, trovandovi alla base sempre l'umiltà.

L'umiltà non è pochezza o debolezza, ma il saper ascoltare, il saper trovare i propri limiti e viverli di conseguenza, il darsi alla causa senza contropartita, il farsi da parte per lasciare spazio ai migliori se serve.

Le nuove generazioni si sentono sempre preparate, moderne, intelligenti... magari son furbe, e non è la stessa cosa che essere intelligenti.  E soprattutto non sono umili, quasi mai.

Rutilio ha una croce di ferro tedesca con cui fu decorato; mi ha raccontato il motivo  per il quale fu decorato. Non gli fu data in azione "eroica", ma per semplice opera di cecchinaggio da postazione presidiata; tre tiri a segno sui nemici, ed il tentativo di attacco fu respinto.  Più di qualcuno avrebbe approfittato per raccontare chissà cosa !

Per questo ogni suo racconto di vita, assume dalle sue labbra una semplicità che a noi pare straordinarietà, per questo lui non si considera speciale.

Ogni atto della sua vita contiene la forza della sua semplicità... ha scritto libri, fatto quadri, sculture, recitato a teatro !

Insegnare ai bambini, anche a mio figlio, è una sua capacità innata... li catalizza come catalizzava me, con i suoi racconti a 360 gradi, partendo dallo spiegare il volo di una farfalla e finendo a parlare di globalizzazione.

Quanto mi manca ora così lontano... ricevo delle sue email ogni tanto, meno di una volta, forse è stanco, giustamente stanco, ma oggi a sentirlo parlare  ci ha strappato ancora una volta delle lacrime di commozione !

Grande Rutilio, ci hai dato tutto, la tua vita, non hai mai preteso nulla in cambio, ti sei dato anima e corpo a tutti, sfruttatori compresi, e non hai mai fatto una piega. Non ti ho mai sentito parlare male di coloro che te ne hanno fatto; semmai l'ho letto nei tuoi occhi dolci e d'acciaio come si conviene ad un uomo della tua tempra.

Spero di essere lì con te per dei prossimi infiniti compleanni, spero che riuscirai sempre a strapparmi una lacrima perchè questo vorrà dire che sono ancora vivo io, spero di poterti regalare qualcosa realizzando anche un tuo piccolo desiderio, di essere degno di quello che mi hai insegnato e di vivere la vita con la tua stessa dignità ed amore.

Rutilio è l'esempio vivente di quello che il fascismo riteneva dovesse essere l'UOMO INTEGRALE.

Godiamocelo tutti, stiamogli vicino come possiamo, e soprattutto imitiamolo, e probabilmente saremo uomini migliori anche noi !

Come abbiamo strillato oggi, per Rutilio,  eja eja alalà !

Che il Grande Spirito ti protegga !

 

Alessio Provaroni

martedì 23 agosto 2011

Venezuela, Chavez nazionalizza anche l'oro

Venezuela, Chavez nazionalizza anche l'oro

Hugo Chavez ha firmato il decreto legge per la nazionalizzazione dell'industria dell'oro. La legge prevede il rimpatrio dei lingotti d'oro depositati nelle banche straniere, oltre che a riservare solo allo stato venezuelano il diritto di estrazione e lavorazione. Chavez ha annunciato che nelle prossime settimane cominceranno a rientrare nel paese le prime riserve internazionali che sono depositate all'estero che verranno trasferite al Banco Central de Venezuela. Le riserve del Venezuela vengono stimate intorno a 30 miliardi di dollari, di cui 18 miliardi di dollari in lingotti d'oro, 11 milioni dei quali depositati in banche all'estero.

 

Ecco come si comporta uno statista che ama la sua Patria.

Il vero deficit è dei valori

di Massimo Fini - 21/08/2011
Fonte: Massimo Fini [scheda fonte]

http://liberapiemonte.it/files/2011/07/soldi_sporchi_prezzo_corruzione_intervista_iliapolis_alessandra_calise.jpg

In un articolo pubblicato sul Corriere il 17 agosto (“Il vero disavanzo delle democrazie”) il settantenne Ernesto Galli della Loggia, docente di Storia contemporanea all’Università Vita-Salute del San Raffaele (curiosa parabola per uno che era partito comunista e si è scoperto, al momento opportuno, liberale e forse anche pio), storico che non ha mai scritto un libro di storia, risvegliandosi da un letargo durato quasi mezzo secolo, da quando era un giovane e promettente collaboratore dell’Einaudi, scopre che il deficit dei sistemi democratici sta nella loro mancanza di valori o, per usare il suo linguaggio contorto, nella loro “unidimensionalità economicista”. Geniale.
Nel mio spettacolo teatrale del 2004 Cirano, se vi pare… dicevo: “La democrazia è un metodo, un sistema di forme e di procedure, non è un valore in sé e non produce valori. È un contenitore, un sacco vuoto che andrebbe riempito. Ma il pensiero e la pratica liberale e laica, che sono il substrato sul quale la democrazia è nata, mentre facevano ‘tabula rasa’ dei valori precedenti, non sono stati in grado, in due secoli, di riempire questo vuoto se non con contenuti quantitativi e mercantili”. In realtà nella pièce riprendevo concetti espressi quasi un quarto di secolo prima ne La Ragione aveva Torto? e ribadite poi in Denaro. Sterco del demonio (1998), nel Vizio oscuro dell’Occidente. Manifesto dell’Antimodernità (2002) e in Sudditi. Manifesto contro la Democrazia (2004).
In realtà la democrazia, almeno così come si è storicamente determinata, non è che l’involucro legittimante del modello di sviluppo basato sul mercato. E il mercato, che è uno scambio di oggetti inerti, non può produrre valori, né laici né di qualsiasi altro tipo. L’unica divinità veramente condivisa è il Dio Quattrino. E la vera debolezza dell’Occidente democratico (in questo Della Loggia ha ragione, anche se arriva fuori tempo massimo), lo vediamo in rapporto con altre culture, Islam in testa, proprio in questo vuoto di valori.
Bisogna aggiungere che la democrazia, perlomeno quella rappresentativa, non solo non aiuta a costruire valori condivisi, ma sembra il sistema perfetto per demolirli. La liberal-democrazia si è infatti venuta strutturando, contro le intenzioni dei suoi padri fondatori (Stuart Mill, John Locke, Alexis de Tocqueville), come un sistema di partiti in competizione fra di loro. I partiti per conquistare consensi hanno bisogno di apparati (il voto di opinione, secondo lo stesso Norberto Bobbio, gran studioso e strenuo difensore della democrazia, “è solo quello di coloro che non votano”). Per mantenere gli apparati hanno bisogno di soldi, per procurarseli li drenano illegalmente dal settore pubblico, di cui si sono impossessati, o da quello privato tenendo l’imprenditoria sotto ricatto (o mi dai la tangente o non vincerai mai un appalto). Essendo abituati a corrompere o a farsi corrompere per superiori esigenze di partito, i dirigenti politici diventano, quasi sempre, dei corrotti in nome proprio. Questa corruzione pubblica trascina fatalmente con sé i cittadini (se rubano loro perché non dovrei farlo anch’io?) spazzando così via tutta una serie di valori, onestà, lealtà, dignità, che tengono insieme una comunità.
A ciò si aggiunge che i partiti, pur di non scontentare i rispettivi elettorati, perdono completamente di vista l’interesse nazionale. E questo non è un vizio solo italiano se in America, Paese che deve le sue passate fortune a un fortissimo senso di appartenenza nazionale, repubblicani e democratici si stanno scannando da mesi mentre il loro Impero rischia di crollargli sotto i piedi. Per cui sento di poter dire che l’attuale crisi economica non è solo il segno del fallimento di un modello di sviluppo ma anche del suo involucro legittimante: la democrazia.

domenica 21 agosto 2011

Strage di Bologna: la verità vi farà liberi!

la stupidità dei compagni
La Procura della Repubblica di Bologna sembra abbia finalmente deciso di imboccare la “pista internazionale” per scoprire gli autori della terribile strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che ha causato “ufficialmente” 85 morti e oltre 200 feriti.
La notizia ha ovviamente gettato nello scompiglio tutto il mondo dell’antifascismo che da quella strage, subito etichettata come “fascista”, ha tratto nuova linfa per le sue campagne propagandistiche e se n’é servito come mezzo per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica da una gestione del potere che nei decenni si è rivelata sempre di più basata sulla corruzione ed il malaffare.
Per “noi” la notizia della recente svolta nelle indagini è solo la conferma di quello che abbiamo sempre pensato fin da quando, sul settimanale “Candido”, il giornalista e senatore missino Giorgio Pisanò aveva rivelato che durante la ricomposizione dei corpi erano stati rinvenuti altri resti oltre a quelli degli 85 morti ufficiali, e che quindi i morti in realtà non erano 85 ma 86, ed era ragionevole pensare che quei resti in più erano di un terrorista o di un corriere di esplosivi in transito, vittima di un incidente di percorso o di un complotto del quale anche lui era rimasto vittima.
Questa notizia fu sempre snobbata nel clima imperante nel quale tutti volevano e avevano bisogno che la strage fosse “fascista”, dal potere politico alle Autorità istituzionali, dai Servizi più o meno deviati alla Magistratura, dai media alle lobby della disinformazione, dagli intellettuali impegnati ai tromboni dell’antifascismo.
Tutti i successivi interminabili processi non hanno fatto altro che condannare dei colpevoli di comodo, ovviamente “fascisti” o “presunti tali”, sacrificati sull’altare della “ragion di Stato” e per dare soddisfazione a quell’Associazione Vittime della Strage di Bologna i cui esponenti, intrisi e abbeverati di antifascismo, hanno dimostrato di preferire ad una verità scomoda una bugia che placasse il loro delirante antifascismo.
Adesso non resta che aspettare che la Magistratura faccia il suo corso e, liberata dalla cappa di conformismo che finora l’ha imprigionata, dia finalmente una chiara risposta sui nomi dei responsabili, dei mandanti e di coloro che per opportunismo o carrierismo hanno contribuito a depistare e sviare le indagini.
Per quanto riguarda la richiesta di togliere dalla Piazza della stazione di Bologna la lapide che condanna la “strage fascista”, richiesta avanzata da alcuni “indegni” ex missini che, comodamente assisi nella mangiatoia del potere si sono ben guardati in questi anni dal pretendere la ricerca della verità, come abbiamo avuto occasione di scrivere anni fa, riteniamo che quella lapide non vada rimossa.
Per 30 anni quella lapide ha seminato odio, per 30 anni migliaia e migliaia di scolaresche l’hanno letta come dimostrazione del “male assoluto”, toglierla significa far sparire la prova delle aberrazioni alle quali è sceso questo regime antifascista e sedicente democratico.
La lapide va lasciata, così com’è, ma di lato va posta un’altra lapide, sulla quale venga spiegato, per le future generazioni, a quale livello può giungere l’odio ed il settarismo politico di chi, non avendo altre ragioni o idee da contrapporre al suo avversario, ricorre alle menzogne e alle speculazioni propagandistiche più atroci, anche sulla memoria di tante vittime innocenti
Non diamo al sistema l’opportunità di far sparire la prova delle sue malefatte.       
Adriano Rebecchi
Ufficio Politico del MNP
Responsabile Provinciale F.N.

sabato 20 agosto 2011

Ridley Scott girerà un nuovo Blade Runner

  • blade_runner_Remake_Sequel_prequel

    Uno scoop sorprendente circola in Rete in queste ore e sono già molti i siti di cinema che stanno confermando la notizia: Ridley Scott è seriamente coinvolto nello sviluppo di un nuovo film collegato a Blade Runner. Si tratta di una bomba in grado di far scoppiare di gioia anche i fan più tiepidi e tranquilli.

    Tutto risale a quando, qualche mese fa, Alcon Entertainment ha acquistato i diritti per poter realizzare film collegati a Blade Runner. Le clausole del contratto impediscono alla produzione di girare un remake diretto ma permettono qualsiasi altro tipo di operazione, dal sequel al prequel passando per eventuali spin off dedicati ai vari personaggi.

    E dopo alcuni mesi di riflessione Ridley Scott si è detto disposto sia a produrre che a girare il film: non c'è limite alle possibilità se pensate anche solo un attimo ai passi da gigante che la tecnologia ha fatto nel corso degli anni passati dall'uscita di Blade Runner e per Scott si aprono orizzonti realizzativi incredibili.

    Se a questo aggiungete il fatto che proprio durante la lavorazione di Prometheus, il prequel di Alien, il regista ha affermato che non girerà mai più nessuna scena senza il 3D, allora non resta altro che armarsi di santa pazienza e aspettare questo nuovo progetto che ha tutte le carte in regola per segnare la storia del cinema di fantascienza almeno quanto ha fatto il suo predecessore.

    Non si conosce ancora il nome dello sceneggiatore né si sa se Harrison Ford verrà coinvolto nel progetto, ma siamo sicuri che nei mesi a venire non mancheranno notizie riguardanti questa pellicola.

  • Da: http://it.cinema.yahoo.com/blog/multisala/ridley-scott-girer%C3%A0-un-nuovo-blade-runner-170217270.html

    giovedì 18 agosto 2011

    La farfalla e i kalashnikov

    di Massimo Fini - 16/08/2011
    Fonte: Massimo Fini [scheda fonte]
    http://www.articolotre.com/wp-content/uploads/2011/08/Disastro-Borsa-di-Tokyo-300x214.jpg
    Quello che è suonato in queste settimane è stato il gong del quattordicesimo round. Il prossimo sarà l’ultimo e metterà fine al match. Una volta si diceva che il battito d’ali di una farfalla in Giappone poteva provocare una catastrofe nell’emisfero opposto. Era un’iperbole per esprimere il concetto che l’eco-sistema-Terra è integrato e ogni sua componente è interdipendente. Un battito d’ali di farfalla sposta dell’aria che muove un moscerino che cambia la sua traiettoria e quella di un passero che gli faceva la posta e così via. Rimaneva comunque un’iperbole perché la forza d’attrito a un certo punto spezzava queste concatenazioni.
    Nel mondo globale invece l’iperbole si è realizzata in economia, attraverso il denaro che, essendo virtuale, non conosce l’attrito. Enormi masse di denaro si spostano ogni giorno, ogni ora, ogni minuto da una parte all’altra del mondo senza trovare ostacoli. In un mondo integrato e globale il battito d’ali di una farfalla americana, per restare alla nostra metafora, può avere conseguenze devastanti in ogni angolo del pianeta. Ne restano fuori solo quelle popolazioni, ormai delle mosche bianche, che, o per rifiuto consapevole o per altro, non sono entrate nel mercato internazionale (certamente gli indigeni delle Isole Andemane possono farsi un baffo di questi tsunami monetari).
    Lo abbiamo visto con la crisi dei “subprime” americani del 2008 che è rimbalzata in Europa provocando il default dell’Irlanda e della Grecia e che poi, come un’onda di ritorno, ha colpito di nuovo gli Stati Uniti mentre in Europa le defaillances irlandese e greca hanno intaccato il Portogallo, la Spagna, hanno aggredito l’Italia e domani, probabilmente, tutto il vecchio continente.
    Ma il contraccolpo colpisce anche i paesi cosiddetti emergenti dell’Asia. La cosa più inquietante, anzi disperante, è il senso di impotenza che dà questo sistema. Nessuno, individuo o Stato, è più arbitro del proprio destino. Tu puoi aver lavorato una vita, con fatica e con coscienza, e basta un battito d’ali in una qualsiasi parte del mondo per distruggere, d’un colpo, il tuo lavoro, la tua fatica, i tuoi risparmi (che sono “forza-lavoro”, energia tesaurizzata e messa da parte). Ma le leadership mondiali si ostinano a parare ogni nuova crisi immettendo nel sistema altro denaro inesistente (nel senso che non corrisponde a nulla, questo è il senso dell’innalzamento legale del debito pubblico americano, che è come se uno che ha tutti i parametri del sangue sballati decidesse di essere guarito perché li ha portati a un livello più alto) che va ad aumentare lo tsunami della massa monetaria che, al prossimo colpo, si abbatterà su di noi con una violenza ancor più devastante. Finché, fra non molto, arriverà il colpo del ko che nessun trucchetto contabile riuscirà a mascherare.
    Possibile che sia così difficile da capire che non dobbiamo più crescere ma decrescere, che non dobbiamo modernizzare ma smodernizzare, che dobbiamo allentare la morsa dell’integrazione globale? Il mondo occidentale (inteso in senso lato perché ormai quasi tutti i paesi sono coinvolti nel modello di sviluppo a crescita esponenziale partito dall’Europa, in Inghilterra, a metà del XVIII secolo) si rifiuta di capire, perché considera irrinunciabili gli standard di benessere acquisiti. E allora si droga di denaro. Non comprende che se non pilota una decrescita graduale di questo benessere lo perderà tutto d’un colpo per quanti sacrifici, e massacri, possa pretendere dalle popolazioni. Quando la gente delle città, crollato il sistema del denaro, si accorgerà che non può mangiare l’asfalto e bere il petrolio, si riverserà alla ricerca di cibo nelle campagne dove si saranno rifugiati i più previdenti, provvedendosi dell’autosufficienza alimentare oltre che di un buon numero di kalashnikov per respingere queste masse di disperati.

    lunedì 15 agosto 2011

    La baby pensione di Di Pietro

    Di Pietro: «Io già in pensione a 45 anni. Certo, è assurdo, ma come rifiutare?»

    ROMA — Ministro Antonio Di Pietro lei è andato in pensione a 45 anni. Era usurato?
    «Ma no. E poi non ho mica smesso di lavorare. Forse lo faccio più di prima».
    Un assegno vitalizio dello Stato a un quarantenne come lo racconta a un operaio?
    «Mi rendo conto che ottenere una pensione in quel modo è una cosa assurda, ma era la legge di allora e non potevo certo rifiutare».

    Marco Galluzzo 18 luglio 2007 (intervista all’allora Ministro dei Lavori Pubblici, Antonio Di Pietro)

    http://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/07_Luglio/18/galluzzo_intervista_di_pietro_pensioni.shtml

    Rivelazione – Il giornalista Mario Giordano dedica un libro alle pensioni d’oro che prosciugano le casse: il deputato bergamasco, dal 1995 (44 anni) percepisce una pensione di circa 2mila euro al mese.

    Da 16 anni il magistrato Di Pietro è in pensione. Duemila euro oltre lo stipendio da deputato

    Per molti la pensione è un sogno. Per alcuni diventa davvero poco onorevole, come per esempio per Antonio Di Pietro, ex magistrato di Mani Pulite e presidente del partito L’Italia dei Valori. Lo sostiene il giornalista Mario Giordano nel suo libro fresco di stampa, esce il 5 aprile in libreria, “Sanguisughe. Le pensioni d’oro che prosciugano le tasche”. Giordano fa i conti in tasca a molti personaggi noti che, pur svolgendo altre attività percepiscono pensioni d’oro o, perlomeno, consistenti.

    È il caso del sessantenne parlamentare bergamasco che da ormai quindici anni, dal 1° settembre del 1995 quando a 44 anni ha lasciato la magistratura, percepisce una pensione di circa 2mila euro al mese. I cedolini sono «in carico alla provincia di Bergamo» che ogni mese fa transitare sul conto corrente dell’onorevole Di Pietro la pensione da magistrato: 2.644,57 euro lordi al mese, 1956 euro netti.

    «Che forse non saranno molti – scrive Giordano – ma sono sempre quasi cinque volte più della minima. E che si vanno a cumulare senza alcuna decurtazione al ricco stipendio da parlamentare. Non male per chi passa le sue giornate a tuonare contro i privilegi altrui, non è vero?».

    Con la sua scrittura graffiante il giornalista affonda la penna senza pietà. «Se la sua esistenza dovesse durare quanto quella media di un italiano (lunga vita!) – continua Giordano – finirà per incassare il vitalizio almeno per altri 20 anni. E dunque è evidente che il magistrato Di Pietro ha versato all’ente previdenziale solo una minima parte di quello che il pensionato Di Pietro dall’ente previdenziale ha preso e prenderà. È così che nascono i buchi nei conti, ma che importa? “Tanto alla fine è sempre il cittadino che paga”. Lo sapete di chi sono queste parole? Di Tonino, naturalmente. Un moralizzatore baby pensionato. Un uomo sempre molto attento ai valori. Così attento che ha cominciato a incassarli già a 44 anni…».

    http://www.bergamonews.it/politica/articolo.php?id=40193

    sabato 13 agosto 2011

    Juno porta i LEGO su Giove

     

    Giove, Giunone e Galileo Galilei sono i passeggeri della sonda che studierà il gigante del sistema solare.

    [ZEUS News - www.zeusnews.com - 08-08-2011]

    NASA Juno Giove Giunone Galileo LEGO

    Nonostante l'era degli Shuttle si sia ormai conclusa, alla NASA non hanno certo deciso di chiudere bottega.

    Ha infatti avuto inizio la missione di Juno, la sonda che avrà il compito di studiare da vicino il pianeta più grande del sistema solare: Giove.

    Prima che questo sia possibile dovranno però trascorrere cinque anni: tanti ne impiegherà Juno (il cui nome è evidentemente Giunone, la consorte del dio Giove, in inglese) per raggiungere il gigante.

    Juno permetterà alla NASA di svelare i molti aspetti di Giove che il pianeta ancora nasconde sotto la coltre di nubi della propria atmosfera e di studiarne, per la prima volta, i poli.

    Per compiere la propria missione la sonda è attrezzata con otto diversi strumenti scientifici, due dei quali realizzati con il finanziamento dell'Agenzia Spaziale Italiana: «Uno» spiega Enrico Saggese, presidente dell'ASI - «si occuperà dell'atmosfera e l'altro effettuerà degli esperimenti di radio-scienza».

    Su Juno gli scienziati hanno però trovato lo spazio per inserire tre "strumenti" di un tipo diverso, più frivolo: tre "omini" realizzati da LEGO, l'azienda danese produttrice dei famosi mattoncini.

    Non si tratta di personaggi presenti nelle serie in vendita nei negozi, ma di prodotti appositamente realizzati per il viaggio spaziale.

    Realizzati non in plastica ma in alluminio, raffigurano Giove con in mano un fulmine, Giunone con in mano una lente d'ingrandimento e Galileo Galilei con in mano un modellino del pianeta e un telescopio.

    Sul sito della NASA si trova la spiegazione di questa scelta: «Nella mitologia greca e romana, Giove si ammantava di nubi per nascondere le proprie malefatte. Dal monte Olimpo Giunone era in grado di scrutare oltre le nubi e rivelare la vera natura di Giove. Giunone regge una lente d'ingrandimento per simboleggiare la propria ricerca della verità».

    A Galileo si deve invece la scoperta dei quattro maggiori satelliti di Giove, che egli indicò come «astri medicei» (in onore della famiglia Medici) e che oggi sono collettivamente noti come satelliti galileiani in suo onore.

    Dopo che, nell'estate del 2016, avrà raggiunto Giove, la sonda Juno avrà a disposizione 33 orbite per compiere la propria missione. Quindi verrà fatta precipitare sul pianeta.

    venerdì 12 agosto 2011

    Il gruppo Anonymous annuncia la distruzione di Facebook per il 5 novembre



    Pare confermato da più fonti il comunicato video rilasciato dal gruppo di hacker ‘Anonymous‘: “Il 5 novembre distruggeremo Facebook“. Dalle varie notizie che circolano sulla rete - qui il tweet direttamente dal loro account - pare che non tutti gli attivisti del gruppo siano d’accordo, ma oramai l’azione di attacco è decisa e non è necessaria l’unanimità per sferrare l’attacco.
    #OpFacebook (questo l’hashtag dell’operazione che già spopola su twitter) sembra quindi il proclama degli Anonymous nei confronti di Facebook, accusato in particolare di vendere i dati personali dei milioni di utenti ai governi e alle multinazionali e di rendere impossibile la cancellazione reale dell’account. Il solitamente ben informato Mashable ha lanciato poche ore fa la conferma sulla sua homepage - anche se a ben vedere il video è stato caricato su Youtube da quasi 30 giorni. Intanto in rete impazza il tormentone con tanto di countdown. Attendiamo sviluppi e risposte da parte dei soggetti interessati.

    giovedì 11 agosto 2011

    EUROPA FASCISMO RIVOLUZIONE

    incontro parti sociali

    Chiacchiere e fatti

    Leggere i giornali, ascoltare radio e tv in questi giorni può provocare diverse reazioni, in funzione di come siamo fatti.

    Molti (i più) si preoccupano per la situazione economica finanziaria mondiale ed italiana, per la durata della lettura (spesso solo dei titoli) del giornale, o per le edulcorate, brevi frasi del giornalista – linguetta di turno. Poi tornano alle cose per loro più interessanti, come gli amori dell’atleta, il fondoschiena della attrice-carnivendola in auge, il gossip in genere, o il calciomercato. Pance ancora troppo piene. Finche dura….

    Alcuni approfondiscono, discutono, s’interessano. Per arrivare inevitabilmente ad un punto morto: paura, preoccupazione, insicurezza. Quelle sì, e giustamente, in verità. Ma manca il coraggio di un’analisi spietata e definitiva. Manca soprattutto la capacità di dare una risposta, di avanzare una proposta. Troppi decenni di “benessere borghese”, di finta gioia, che avrebbe dovuto sostituire la felicità dell’appartenenza, l’orgoglio del fare, la gratificazione del credere. Spingersi un poco più in là, fare un passo in più vorrebbe dire dover mettere in discussione sistema, credo, abitudini, ovatta che avvolge intelletto e coscienza. Troppo, per chi si è venduto la primogenitura dell’essere per un piatto di consumismo.

    E quei pochi, (il “male assoluto”) che non si sono arresi, che contro tutto e contro tutti, hanno testardamente continuato a testimoniare un’Idea, un Sistema, un Modello, un Uomo, oggi non possono fare a meno di sorridere. Amaramente, in parte, perché la propria Terra, la propria Gente, la propria Comunità la si ama comunque, e non fa piacere sapere che si avvicinano tempi bui e tempestosi. E l’averli previsti ed annunciati non è di eccessivo conforto. Ma tant’è…..

    Oggi sui giornali assistiamo alla caccia ai privilegi di una casta: il sistema cerca di sacrificare le briciole per dare sfogo alla caldaia che sta scoppiando.

    L’illusione di guarire il cancro con aspirine è tipico di società al tracollo: è sempre stato così. Troppo tardi. Inutile. Patetico, se non fosse tragico per coloro sulla cui pelle si scatenerà l’inferno della fine.

    Non servono le chiacchiere della casta: danno solo il voltastomaco a chi non sopporta più lo spettacolo dell’immondo teatrino della politica, della finanza adunca, dell’economia drogata. Il sistema sta rantolando, sta dibattendosi nelle sabbie mobili della sua ignominia.

    E la casta fa chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere…. Non sanno e non possono fare altro, maggioranza ed opposizione, come criceti in gabbia che non hanno altro che una ruota da far girare per ore sempre più vorticosamente.

    Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere….

    Come è loro permesso dai padroni, dai “poteri forti”, dalle truppe di occupazione.

    Non possono affermare che è la natura, la matrice del tipo di società liberal capitalista che non può che avere questo sbocco traumatico cui stiamo assistendo. Se aggiungiamo poi che il social comunismo è già cadavere, la confusione mentale dei “figli della democrazia” è totale. Non sanno guardarsi allo specchio, mettere in discussione se stessi e l’educazione ricevuta.

    E allora si sfogano in chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere….

    Ora citerò un giornalista straniero, svizzero, che nel maggio del 1945 scrisse:

    <<…. Il bilancio del Fascismo? Ha nome: strade, autostrade, ferrovie, canali di irrigazione, centrali elettriche, scuole, stadi, sports, aeroporti, porti, igiene sociale, ospedali, sanatori, bonifiche, industrie, commercio, espansione economica, lotta contro la malaria, battaglia del grano, Littoria, Sabaudia, Pontinia, Guidonia, Carta del lavoro, collaborazione di classe, Corporazioni, Dopolavoro, Opera maternità ed Infanzia, Carta della Scuola, Enciclopedia, Accademia, Codici mussoliniani, Patti lateranensi, Conciliazione, pacificazione della Libia, marina mercantile, marina da guerra, aeronautica, conquista dell'Abissinia. Tutto ciò che ha fatto il Fascismo è consegnato alla storia. Ma se c’è un nome che in tutto questo dramma, resterà puro e immacolato, sarà quello di Mussolini……>> Paul Gentizon, in “les Mois Suisse”, maggio 1945.

    Ho voluto ricordare quanto scritto da una persona terza, di un Paese neutrale, per non incorrere nella patetica accusa di nostalgia.

    Da un lato le odierne chiacchiere. Dall’altro i fatti, lo Statista, l’Uomo, l’Idea. E badate bene che anche nel 1922, prima dell’ascesa al potere del Duce, la situazione economica era, come oggi, catastrofica. Ma allora c’era un progetto, una volontà. E la casta fu spazzata, la corruzione fu spazzata, la partitocrazia fu spazzata, le pensioni da vampiri furono spazzate, la mafia fu spazzata.

    Fatti, non chiacchiere.

    Oggi, ma solo per poco ancora, stiamo affogando in un mare di chiacchiere.

    E la casta non vuole rendersi conto che il Popolo è in fase pre insurrezionale.

    Coraggio! Ed anche se sono vecchio, mi sento ancora in grado di dare “cattivi esempi” e non solo “buoni consigli”.

    Quando ci sarà da …….correre, io ci sarò.

    Gott mit uns.

    Fabrizio Belloni

     

    Mai come in questi momenti quelle tre parole, urlate nei cortei degli anni ‘70 e a me così care, che danno il titolo a questo messaggio sono così attuali e indicano una via: la VIA!

    mercoledì 10 agosto 2011

    Albione in fiamme

     

    incidenti Londra

    Albione in fiamme

    Quando si ammassano milioni di Immigrati Afro-Asiatici in una citta' come Londra , tanti da soverchiare a macchia di leopardo il numero di nativi Britannici di razza caucasica , occorrerebbe essere certi che possano godere del massimo livello di benessere concepibile e questo , per evitare che progressivamente , una intera citta', venga ridotta in un mucchio di macerie fumanti. Alle 22.00 di questa notte un quarto delle forze di Polizia disponibili nella citta' di Londra e suburbs sono schierati per contenere il movimento riottoso di migliaia di giovani intenzionati ad affrontare con energia la terza notte di indiscriminata distruzione.

    Si tratta di giovani , giovanissimi ma anche di donne e uomini maturi che hanno pochissimo da perdere in una realta' dove in uno stato di endemica disoccupazione e un costante aumento del costo della vita , le condizioni di vita si trasformano in un lungo incubo metropolitano.

    Cosa accadra' alle citta' con una piu' forte e storica presenza immigrata e con un malessere maggiore ? Cosa potrebbe accadere a Manchester , a Liverpool a Birmingham? Per il momento le autorita' Inglesi hanno deciso per una controguerriglia di posizione , cioe' per un immobilismo assoluto che riduca addirittura l'intervento dei pompieri e delle ambulanze al minimo assoluto. Questo per evitare che qualcuno muoia e che a tale morte corrisponda un aumento esponenziale della guerriglia urbana.

    Che nessuno creda che il governo Britannico non sappia come stroncare la rivolta in poche ore ma perche' questo accada e' necessario applicare un livello proporzionale della forza con un possibile intervento delle Forze Armate e quindi un drastico deterioramento dei rapporti con le centinaia di migliaia di immigrati pronti a scatenare una sommossa saccheggiante su scala Nazionale e non solo Metropolitana.

    Gli eventi dimostrano e man mano che il materiale filmato nella Nazione piu' videosorvegliata del Globo che la presenza di bianchi partecipanti non e' isolata e tale dato, cambia e non di poco una possibile analisi a caldo. La distruzione avanza dai quartieri piu' periferici , ghettizzanti e iconici quali Clapham e Peckam verso White Chapel e quindi verso la City , cioe' il cuore della capitale e al saccheggio sistematico (Di questo si tratta) si uniscono pare sempre piu' bianchi e Asiatici.

    Perche' solo in una societa' moderatamente giusta si puo' sviluppare in permanenza il senso civile della disciplina al cospetto di un grande magazzino dalle vetrate infrante e dal libero accesso che per una volta offre un senso totale al termine" Self Service".

    Cosi' una metropoli Europea si trasforma in un enorme albero della Cuccagna. I desideri repressi di migliaia di teen-agers e di disoccupati adulti si scatena nella migliore tradizione della societa' del consumo indiscriminato. Schermi al plasma , cellulari , lap top , alcool e' tutto a portata di mano: il sogno Globale.

    Alle 23,00 la BBC scopre che un sondaggio rivela che 9 Inglesi su 10 hanno votato dalle loro poltrone per l'intervento militare e questo potrebbe portare entro breve ad un confronto piu' radicale , piu' ampio , piu' letale. Noi, pensiamo alle previsioni e alle premonizioni , alla crisi che aumenta e non si modera , quella che ad una famiglia da 5 viene concesso un salario di 1'200 per un costo della vita di 2.500. Allora le prospettive del disordine , della rivolta del desiderio e della disperata necessita' si trasformano in un possibile incendio che divorera' la societa' che conosciamo e che noi stessi vogliamo incenerire.

    CM Linea Ovest Nucleo W.Darre , militante Confederatio

    Di: Linea Ovest Walter Darre

    martedì 9 agosto 2011

    Due brevetti italiani per conquistare Marte

    I primi coloni costruiranno case in ilmenite, ottenendo le sostanze necessarie direttamente dal pianeta rosso.

    [ZEUS News - www.zeusnews.com - 01-08-2011]

    Marte brevetti italiani ilmenite Cao

    Sarà grazie a due tecnologie sviluppate in Italia se un giorno l'uomo potrà colonizzare il pianeta Marte.

    Alcuni ricercatori dell'Università di Cagliari e del Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna (CRS4), coordinati da Giacomo Cao, hanno trovato come utilizzare le risorse presenti su Marte per ottenere quanto necessario ai primi astronauti che vi si potranno stabilire.

    Le tecnologie sono protette l'una da un brevetto internazionale e l'altra da un brevetto nazionale e sono frutto del progetto Cosmic finanziato dall'Agenzia Spaziale Italiana con 500.000 euro.

    Il primo brevetto riguarda un «Procedimento di fabbricazione di elementi per strutture abitative e/o industriali sul suolo lunare, marziano e/o di asteroide»: già questa dicitura illustra come la tecnologia non sia stata sviluppata esclusivamente per la colonizzazione marziana ma possa essere adoperata anche in altri ambienti.

    «L'idea» - spiega il professor Cao - «è sfruttare il suolo lunare e marziano per costruire delle strutture abitative o industriali; dal suolo lunare è possibile estrarre una sostanza chiamata ilmenite (un ossido misto di ferro e titanio) utile a realizzare i manufatti per le strutture in questione».

    Il secondo copre invece il «Procedimento per l'ottenimento di prodotti utili al sostentamento di missioni spaziali sul suolo marziano mediante l'utilizzo di risorse reperibili in situ».

    In pratica si tratta di un sistema che permette di ottenere «sostanze quali ossigeno, acqua, monossido di carbonio, ammoniaca, fertilizzanti azotati e biomassa edibile utili al sostentamento degli astronauti durante le missioni spaziali permanenti su Marte» (come spiega ancora il professor Cao) partendo da ciò che è già presente sul pianeta rosso.

    Poter sfruttare le risorse locali per realizzare le strutture e ottenere le sostanze necessarie all'uomo rende un po' più concreta la possibilità di progettare una missione umana verso Marte.

    Prima di arrivare a quel punto, però, il team di Cao dovrà dimostrare che queste tecnologie funzionano qui sulla Terra: il prossimo passo è dunque provarne la validità alle agenzie spaziali interessate.

    lunedì 8 agosto 2011

    La fine del sogno americano

    sogno americano

    Ormai è ufficiale. Ufficiale e certificato. L’agenzia di rating Standard & Poor’s oggi 6 agosto 2011, per la prima volta nella storia, ha declassato gli Stati Uniti d’America. Non avranno più la tripla AAA (massimo di affidabilità in campo economico) ma soltanto la doppia AA insieme a paesi come il Giappone, la Cina, la Spagna e il Belgio. Dopo essere stati nei giorni scorsi a un passo dal fallimento è il meno che gli potesse capitare. Intendiamoci, il rischio default non è definitivamente scongiurato bensì rinviato nel tempo, come quando ad un debitore recidivo si concede di firmare un’ultima cambiale. Se questa sarà onorata lo sapremo tra due anni. Ma come è potuto accadere che l’”american dream”, l’”american way of life” abbiano fatto questa miserevole fine?
    Ricordo quando, nell’ormai lontano 1971, giovane studente universitario, visitai gli States. Tutto luccicava, tutto trasudava ricchezza e opulenza. Ogni famiglia media possedeva due televisori di cui uno a colori, due automobili di cui una con l’aria condizionata e il cambio automatico, accanto al frigorifero formato magnum vi era il congelatore, e, almeno in una stanza vi era un condizionatore d’aria. La gente lavorava intensamente per cinque giorni alla settimana e nei restanti due comprava e spendeva nei supermercati e nei centri commerciali. La disoccupazione era bassissima. Gli States erano almeno venti anni più avanti dell’Italia.
    Salire sull’Empire State Building (381m.), allora l’edificio più alto del mondo fu una emozione unica. Oggi è al 9° posto e scivola verso il 10°. Percorrere nella notte centinaia di chilometri sulle High Way e sulle Express Way di Long Island illuminate a giorno da migliaia di lampade alogene aveva qualcosa di irreale, di fantascientifico. Nel 1971 il dollaro valeva oro e non solo per modo di dire ma perché, vigendo il sistema monetario del Golden Standard, ci si poteva recare in banca e chiederne la convertibilità nel metallo prezioso. In campo scientifico ancora non si era spenta l’eco del primo uomo sulla Luna (20 luglio 1969). In poche parole gli USA attraversavano un periodo di forte crescita economica e di espansione internazionale.
    Da allora molte cose sono radicalmente cambiate e tante altre si modificano giorno dopo giorno a un ritmo vorticoso e, apparentemente, incontrollato. Per poter finanziare la guerra del Vietnam il Presidente Nixon dichiarò la fine della convertibilità del dollaro dall’oro ponendo le basi, non avendo più nessun aggancio o vincolo, per massicce e incontrollate emissioni di biglietti verdi. Gli USA continuarono la loro politica espansionistica e, dopo che fu saturo il mercato nazionale, si rivolsero ai mercati esteri inondandoli con il “made in USA”. Il consumismo venne spinto al massimo per consentire di produrre e di vendere sempre di più. La gente venne incentivata a fare debiti, sempre più debiti per acquistare prodotti spesso superflui o addirittura inutili. Lo Stato, dal canto suo, si indebitava sempre di più per mantenere un gigantesco esercito che gli consentisse di svolgere il suo ruolo di super potenza.
    Ma fu all’inizio degli anni ‘90, con la “deregulation” e con la globalizzazione dei mercati, che scattò la trappola. I lavoratori, le fabbriche e le industrie statunitensi furono costretti a competere con i lavoratori, le fabbriche e le industrie del terzo e del quarto mondo, dove il costo del lavoro era infinitamente inferiore. Il mercato americano fu inondato da prodotti, cinesi, taiwanesi, tailandesi, indiani, ecc. magari di scarsa qualità ma prodotti e venduti a prezzi irrisori. A quel punto molte fabbriche fallirono, molti lavoratori furono licenziati, le grosse aziende furono costrette a delocalizzare (trasferire) all’estero le loro attività.
    Le combinate conseguenze di questo capitalismo sfrenato, di questo consumismo senza limiti, della cinica speculazione finanziaria, oltre ad un paio di guerre senza fine, hanno prodotto il risultato che oggi è sotto gli occhi di tutti. Un astronomico debito pubblico pari a 1.400 miliardi di $, un altrettanto mastodontico indebitamento privato, una disoccupazione al 9,2% e un PIL che stenta a decollare.
    CONCLUSIONE
    Oggi il dragone cinese, la tigre indiana, l’orso siberiano e l’anaconda amazzonica, insieme alle altre economie emergenti, si muovono ad una velocità 3, 4 o anche 5 volte superiore a quella alla quale vanno le economie occidentali e quindi è facilmente prevedibile che nei prossimi anni si verificheranno sorpassi clamorosi come quello recente della Cina sul Giappone.
    A me sembra di vedere la Vecchia Europa e la Old America come due vecchie nobildonne incamminarsi fianco a fianco verso un inglorioso quanto inevitabile declino, magari asciugandosi qualche lacrima con fazzoletti bianchi guarniti di pizzo, ricordando i bei tempi andati.
    Salvo La Valle        6 agosto 2011

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