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sabato 16 luglio 2011

OPPOSIZIONE: è tempo di Fronte Comune

di: Ugo Gaudenzi
direttore@rinascita.eu
ruote del capitalismo
Abbiamo un sogno. Quello di un fronte comune di tutti gli uomini liberi - con tutti i loro eguali, con tutte le associazioni, le pubblicazioni, i gruppi di contatto virtuali o territoriali - che abbiano, quale minimo comun denominatore, la volontà di riscatto del nostro popolo contro il capitalismo e l’usura internazionale e contro i suoi strumenti di dominio globale. Che poi questo fronte comune sia nazionale italiano, quindi nazionale europeo, quindi alleato di ogni forza che nei quattro angoli del mondo dia battaglia allo stesso nemico del genere umano, è naturale e conseguente.
E’ un sogno. Lo coltiviamo da decenni. Sempre abbracciato, frustrato, interrotto, tentato, sospeso, desiderato.
Ma c’è un valido motivo per riproporlo oggi, in questi ore, in queste settimane.
Ogni giorno qui, sul nostro osservatorio, riceviamo, consultiamo, identifichiamo, centinaia e centinaia di sussulti di dignità. Con mille iniziative, convegni, proclami e appelli, ma atomizzati, polverizzati, censurati dai grandi mezzi di “informazione”. Una informazione corrotta e vomitevole elargita a pieno schermo da una borghesia suddita dei banchieri e dei loro valletti politici, di “destra” e di “sinistra”, ma tutti “liberaldemocratici”: così si definiscono.
Iniziative, purtroppo, confinate in piccole chiese di fedeli o costrette a ripiegare su sé stesse da errori nel metodo usato nel vararle. Non stiamo offendendo nessuno. Non è un caso che anche noi, più volte, si sia finiti in queste gabbie.
Di certo, però, stiamo assistendo al soffio di un vento sotterraneo potenzialmente capace di riaprire spazi per una libertà per decenni negata.
Attenzione: non intendiamo affatto, su queste colonne, restare sul generico. Per una volta tralasciamo riferimenti alla politica internazionale in panne e a quella nazionale che lo è pure. Guardiamo a cosa si muove oltre il Paese “legale”. Con una serie di interrogativi retorici.
Come mai esiste un “comune sentire politico” tra, mettiamo, noi e i variegati comunisti di Ferrando, Rizzo o Rossi e tra questi e i forzanovisti di Fiore? E accanto a loro - l’equazione è lunga ma palpabile - tra il “gruppo dei settanta” varato da Mariantoni e i variegati inviti ad iniziative e convegni ex tricolori o frontisti o antagonisti o integralisti di Bevilacqua, Venditti, Marconi, Di Luja, Canosci, Minnella, De Martino, De Propris? E, ancora, tra tutti i promotori di azioni anti-usura e antisignoraggio, da Marra a Frigiola, a Scilipoti, a Barnard e decine e decine di altri; o tra tutti i promotori di associazioni per la libertà di pensiero o per la dignità umana, da Caracciolo a Viola, o a Moffa? E perché fioriscono dappertutto discussioni e rievocazioni della politica “altra”, antimondialista, comunitaria e olistica? O sulla “geopolitica eurasiatica”? (Ora scusateci se ci fermiamo nelle indicazioni: chi non è stato citato non se ne abbia a male, però... Non è esattamente lo spirito di questo intervento: se qualcuno - indicati ovviamente inclusi - pensa a improbabili “disconosciute primogeniture”, è meglio si faccia da canto...) La risposta agli interrogativi retorici proposti è ovviamente insita nella domanda.
Però occorre fare un passo avanti. Con umiltà.
I citati - gruppi o individui o movimenti - e i non citati, debbono liberarsi dalle pastoie del passato. Hanno bisogno di relegare - come in qualche modo ha fatto “Rinascita” in tutti questi anni - nella “memoria” o nella “storia”, il proprio sentire metapolitico. Tutti dobbiamo guardare a oggi e in avanti. Nuove idee, nuove sintesi, si conformino all’azione, alla battaglia. Le “chiese” si sciolgano e si faccia “fronte comune”...

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