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mercoledì 23 marzo 2011

23 marzo 1919 nasce il Fascismo

23 Marzo 1919
Fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento





Alberto B. Mariantoni
Il 23 Marzo del 1919, quando ebbe luogo, a Milano, la prima Assemblea costitutiva dei ‘Fasci Italiani di Combattimento’, nessuno o quasi, in Italia ed all'estero, si accorse di quella riunione, né tanto meno prese in considerazione la portata storica, politica, economica, sociale, culturale ed esistenziale di quell'avvenimento.
Prova ne furono, le classiche ed asettiche ‘dieci righe’ di formale resoconto giornalistico che apparvero, il giorno dopo, sulle sole pagine di cronaca locale di alcuni quotidiani milanesi.
Ed era normale che così avvenisse!
Convocata a soli quattro mesi dalla firma dell'Armistizio di Villa Giusti (4 Novembre 1918) e dalla fine, per l'Italia, della Prima Guerra mondiale, quella “storica adunata” - non solo era stata distrattamente equivocata o semplicemente confusa, dagli osservatori esterni, con uno qualsiasi dei tanti convegni patriottici organizzati in quel periodo dagli ex-interventisti e/o ex-combattenti, ma - non aveva nemmeno avuto il tempo materiale di essere adeguatamente pubblicizzata, né ponderatamente né decentemente organizzata dai suoi stessi specifici promotori.
In altre parole, considerando che le situazioni di contingenza del Paese fossero più che mai imperiose ed incalzanti, l'allora direttore del "Popolo d'Italia", Benito Mussolini, e quello sparuto manipolo di camerati che lo attorniava e lo sosteneva sin dal 1914-15, avevano, per così dire, tentato di anticipare gli eventi (che immancabilmente inizieranno ad avverarsi nei mesi successivi) e, di conseguenza, avevano goliardicamente, dilettantisticamente e profusamente improvvisato.
L'annuncio per la convocazione di quell'Assemblea, infatti, dopo un primo fugace accenno di ‘appello’ lanciato dal futuro Duce l'11 Gennaio del 1919, aveva incominciato ad essere sistematicamente pubblicizzato, sul ‘Popolo d'Italia’, soltanto a partire dal 2 Marzo dello stesso anno. Cioè, esattamente diciannove giorni prima dell'incontro preparatorio di quel convegno (21 Marzo) e ventuno, dall'effettiva data di quel fatidico raduno (23 Marzo).
Risultato: alla vigilia di quell' “importantissima riunione”… (come lo stesso Mussolini l'aveva fino ad allora definita), l'iniziativa in questione era riuscita a malapena a raccogliere, in tutta la Penisola, soltanto 400 adesioni individuali (verbali o scritte) ed una trentina di conferme collettive di sostegno, da parte di qualche marginale associazione di reduci, di mutilati e di studenti.
Il 23 Marzo del 1919 - la data scelta dai futuri Sansepolcristi (come verranno definiti i partecipanti a quella riunione, a partire da quella data) - era una domenica come tante altre.
Milano - svestitasi temporaneamente del suo tradizionale e laborioso dinamismo feriale - si era, in quel giorno, apaticamente risvegliata sotto un'intermittente e noiosa pioggerellina primaverile. E piazza San Sepolcro (forse fu un caso, ma oggi è accertato che è proprio su quella piazza che sorgeva l’antico Forum della Mediolanum romana), raramente frequentata nei giorni festivi, appariva agli occasionali passanti, appena un po' più animata del solito.
Già dalle prime ore del mattino, infatti, diversi capannelli di persone, incuriosite o interessate, si erano spontaneamente costituiti dal lato opposto dello stretto piazzale che tuttora fronteggia la prominente basilica dalla facciata di aspetto medioevale (ma rifatta nel 1800) che è affiancata da due caratteristici campanili di stile romanico. E quell'inconsueto e sorprendente assembramento - con la sua attenzione principalmente rivolta all'indaffarato ed impaziente andirivieni che regnava davanti al portone d'ingresso del settecentesco ed, in quel tempo, abbastanza fatiscente Palazzo Castagni (sede designata per quella riunione) - faceva da estemporanea e surreale cornice al quadro piuttosto assembleare e senz'altro effervescente di quel rumoroso e singolare convegno.
All'interno di Palazzo Castagni - sede in quel tempo del ‘Circolo per gli Interessi Industriali, Commerciali e Agricoli’ della provincia di Milano ed i cui locali erano stati regolarmente presi in affitto e non certo “benevolmente concessi” dai responsabili del Capitalismo lombardo, come ebbero più tardi a pretendere i cosiddetti antifascisti della venticinquesima ora! - c'era di tutto: combattenti, arditi, volontari e mutilati della Prima Guerra mondiale, studenti, operai, commercianti, imprenditori, liberi professionisti, disoccupati, poeti, artisti, ex-interventisti, socialisti rivoluzionari, sindacalisti, anarchici, nazionalisti, futuristi, repubblicani, monarchici, massoni e, perfino, alcuni ebrei. E fu davvero un “miracolo” che la risicata e piuttosto deprimente Sala dei Commercianti di quel Circolo riuscisse addirittura quasi a riempirsi con meno di un centinaio di presenze effettive, tra cui - oltre i soliti curiosi e qualche poliziotto in borghese - soltanto 53 o 54 delegati dei nascituri ‘Fasci Italiani di Combattimento’.
Un reale fallimento, da un punto di vista formale. Ed uno strabiliante ed incalcolabile successo, se viene presa in considerazione la specifica qualità e la profonda sostanzialità di quell'avvenimento!
Quel giorno, infatti, al di là delle roboanti e bellicose dichiarazioni di principio che furono rispettivamente pronunciate dai diversi intervenuti, non furono soltanto gettate le basi di quello che più tardi diventerà il Fascismo Italiano. Quel giorno, se vogliamo, venne ri-inaugurato l'antico, naturale, umano e sempre valido metodo di fare politica all'interno della società: fissare, cioè, un obiettivo o uno scopo da raggiungere e chiamare indistintamente ed indiscriminatamente a raccolta tutti coloro che direttamente o indirettamente - al di là di qualunque schieramento partitico di appartenenza o qualsiasi schema ideologico o politico preconcetto - sono pronti, con il loro cuore, il loro spirito, la loro mente e/o le loro braccia ad implicarsi personalmente e concretamente in quell'impresa comune, per tentare di contribuire quotidianamente e fattivamente alla libertà, all'indipendenza, all'autodeterminazione ed alla sovranità politica, economica, culturale e militare del proprio Stato, nonché al benessere, alla fierezza ed alla dignità del Popolo-Nazione di cui si fa parte.
Ancora oggi, persino tra gli stessi Fascisti o presunti tali (il più delle volte, politicamente ottenebrati dalla rituale e ciclica "corsa alle sedie" democratica o semplicemente forviati o colonizzati da più di sessant’anni di quotidiana e martellante propaganda antifascista), ci si continua a meravigliare che un tale avvenimento abbia potuto effettivamente avere luogo. Oppure, che - in quell'occasione - "tutto" ed il "contrario di tutto" abbiano potuto incoerentemente ed inverosimilmente confluire in quel modesto e contraddittorio alveolo.
Come sappiamo, però, da quell’apparentemente incoerente alveolo, iniziò a scaturire un dinamico ed essenziale zampillo di speranza. Da quell’incontenibile anelito di vita, incominciò a sgorgare un irrisorio e trascurabile rigagnolo che, nel corso dei mesi, si trasformerà, dapprima, in torrente impetuoso e, successivamente, in poderosa, straripante e travolgente fiumana. E l’Italia ritornò a chiamarsi Roma!
Oggi, tentare di descrivere quel particolare episodio della nostra Storia, sembra davvero come raccontare una favola…
Eppure, fu semplicemente Storia. Storia di uomini e di volontà umane che tenacemente vollero ed arditamente e decisamente seppero raggiungere l'obiettivo che si erano liberamente, ostinatamente ed altruisticamente imposto di conseguire.
Quella loro Storia, ancora oggi, se ancora ce ne fosse bisogno, è là per dimostrare al mondo che quando si vuole, si può. E che il semplice buon senso e l'antica ‘arte del fare’, quando sono opportunamente “conditi” con un po' di coraggio e di autentica e trascinante abnegazione, oltre ad essere la migliore ricetta di ogni sana politica, sono sempre in grado, in ogni momento della Storia, di sconfessare qualunque tipo di teoria precostituita ed, allo stesso tempo, di contraddire, inficiare o stravolgere qualsiasi preteso, inevitabile o dogmatico "senso della storia"!

Alberto B. Mariantoni

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