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martedì 15 febbraio 2011

Che cos’è la pornografia?

Pornografia
di Francesco Lamendola - 11/02/2011
Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]
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Che cos’è la pornografia?
L’Enciclopedia Treccani così risponde: «Trattazione o rappresentazione (attraverso scritti, disegni, fotografie, film, spettacoli, ecc.) di soggetti o immagini ritenuti osceni, fatta con lo scopo di stimolare eroticamente il lettore o lo spettatore». 
Come definizione “tecnica”, per così dire, può piacere o non piacere; certo lascia impregiudicata la questione centrale, ossia perché determinati contenuti siano ritenuti osceni (ma da chi?, questo è il punto); e, inoltre, perché la stimolazione erotica del pubblico costituisca una manifestazione di pornografia. 
Vediamo. 
Un contenuto espressivo (scritto, figurativo, cinematografico, ecc.) si può considerare osceno quando offende il senso del pudore. Un tempo si diceva: “il comune senso del pudore”; ma l’espressione, anche se non risale ai faraoni, bensì a una generazione fa, è divenuta peggio che obsoleta: impronunciabile. 
Infatti, nel giro di pochi anni, si è verificata una rivoluzione etica ed estetica che ha distrutto la nozione stessa di un “comune senso del pudore”, come parte di una più vasta rivoluzione che ha distrutto tante altre nozioni del sentire, del pensare e dell’agire comune, in omaggio alla pirandelliana dissoluzione dell’io e del concetto di verità oggettiva. 
Arduo, perciò, dire che cosa sia da considerarsi, oggi, osceno; ancora più arduo, se non addirittura impossibile, dire per chi. 
Altrettanto arduo tentare di rispondere alla ulteriore domanda che ci eravamo posta, e che è una estensione della prima: perché la stimolazione erotica del prossimo, ottenuta per mezzo delle forme espressive e comunicative, possa o debba considerarsi come una manifestazione di oscenità e, quindi, di pornografia. 
Da parte nostra, ci sembra che oscenità e pornografia non siano perfettamente sinonimi. La pornografia, infatti, non è soltanto oscenità, ma ricerca deliberata ed ostentata dell’oscenità, compiacimento di essa, uso di essa allo scopo di ottenere un risultato ulteriore: la popolarità, il denaro, il potere e simili. 
Dunque, la bestemmia è oscena, perché viola il senso del rispetto dovuto al prossimo (per limitarsi alla dimensione immanente), nel momento stesso in cui sollecita, implicitamente, una condivisione, o, quanto meno, suggerisce e stimola una complicità, precisamente nella forma del sorriso, sì da configurarsi come una forma di corruzione morale del prossimo, particolarmente dei giovani. 
Nella pornografia, però, c’è qualcosa di più e di più sottile: c’è la separazione della parte dal tutto; c’è l’involgarimento di ciò che, in se stesso, è naturale; c’è il sovvertimento del giusto ordine delle cose, per cui esiste un ambito di riservatezza che deve essere rispettato e che, bello e nobile nella sfera intima, diviene irrimediabilmente brutto e miserevole se portato sotto la luce spietata dei riflettori ed esposto allo sguardo impudico degli altri. 
Le recenti vicende del “caso Ruby” hanno rispolverato parole che sembravano dimenticate, cadute ormai dal vocabolario, che corre sempre più in fretta: parole come “etica”, “lecito”, “esempio”, “dignità”, “vergogna”, “moralità”. 
Gli Italiani, tanto per cambiare, si sono divisi: paradossalmente, “bacchettoni” sono apparsi soprattutto i progressisti, i laicisti, gli eredi della tradizione politica della sinistra; “tolleranti” si sono dichiarati i conservatori, i difensori dei valori cattolici (a parole), gli eredi della tradizione politica della destra. Tanto per capire fino a che punto sia giunta la confusione delle menti e delle coscienze nel nostro Paese. 
Si sono visti preti indignati, in chiesa, durante l’omelia, leggere pagine del quotidiano «L’Unità»: una cosa che, fino a pochissimo tempo fa, sarebbe stata semplicemente impensabile; per contro, si sono visti padri e, soprattutto, madri di famiglia, persone qualunque, radunarsi nei gazebo del partito del presidente del Consiglio, per esprimergli tutta la loro incondizionata fedeltà, contro l’inqualificabile attacco sovversivo dei pubblici ministeri di Milano. 
Il resto del mondo ci guarda allibito. 
In qualsiasi Paese serio, e il cui popolo possieda un minimo di rispetto per se stesso, i comportamenti di un presidente del Consiglio come il nostro, sarebbero stati giudicati da un pezzo come pura e semplice pornografia: non solo e non tanto le sue feste private a luci rosse, ma tutto l’insieme del suo comportamento, e non solo riguardo all’ultima vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto: la sua ostentazione d’impunità, la sua arroganza, il suo quotidiano disprezzo delle regole, la sua totale mancanza di buona educazione. 
Di più: tutta la politica italiana, il contegno di tutta la classe dirigente italiana, salvo rare e lodevoli eccezioni, risultano irrimediabilmente pornografici, nel senso più ampio e comprensivo del termine: anche se non stimolano l’eccitazione sessuale, stimolano però i peggiori istinti delle persone: la strafottenza, la cialtroneria, l’improntitudine, l’amoralità eretta a sistema e prepotentemente sbandierata, con una sorta di aberrante e delirante fierezza. 
Il problema, quindi, non è semplicemente dato dal fatto che ci troviamo ad avere un simile personaggio nel ruolo istituzionale di presidente del Consiglio; il problema è l’esistenza di una intera classe dirigente, che, nel consesso dei Paesi seri e rispettati, non ha letteralmente l’uguale in quanto a sfrontatezza, piccineria, mancanza di senso etico, sistematico perseguimento del proprio egoistico interesse. 
E, dunque, il problema siamo noi, noi comuni cittadini, che accettiamo e permettiamo tutto ciò e che, anzi, continuiamo a riporre la nostra fiducia in uomini politici, imprenditori, finanzieri, intellettuali e giornalisti totalmente screditati a causa della loro inettitudine, corruzione, ristrettezza di vedute, mancanza di progettualità, grottesca presunzione. 
Dicevamo che la vera pornografia si ottiene separando la parte dal tutto e presentando la parte come se fosse il tutto: ad esempio, quando si mostra il sesso nelle sue forme più crude, separandolo radicalmente dalla dimensione affettiva che lo comprende e lo riscatta dalla pura animalità; e, inoltre, quando lo si ostenta con compiacimento, laddove esso dovrebbe rimanere confinato nel dolce mistero di due esseri che si incontrano nella sfera privata e si scambiano una profonda, intensa esperienza di condivisione, che può giungere fino al sublime. 
Ebbene: pornografia non è solo l’idea di un anziano rappresentante delle istituzioni che fa del sesso, pagando cifre a molti zeri, con giovanissime ragazze, fra cui delle minorenni; pornografia è anche lo stuolo dei suoi accoliti che lo difende, che si appresta a far abbassare, in Parlamento, la soglia della maggiore età (ennesima legge «ad personam»), che incita lo sdegno popolare contro i magistrati che hanno osato inquisirlo; e pornografia è pure la levata di scudi di tanti cittadini qualsiasi, uomini e donne, che dicono, inviperiti: «Ma insomma, lasciatelo in pace: sarà o non sarà libero di fare quello che vuole, in casa sua?». 
Pornografia è una politica che urla, che mente, che aggira, che disinforma, che confonde, che illude, che prende in giro, che travisa, che stravolge, che irretisce e che manipola. 
Pornografia è una classe imprenditoriale che, dopo decenni di finanziamenti statali, pianta in asso baracca e burattini e comincia a fare le valige per trasferire all’estero impianti e capitali, senza neanche dire un “grazie”. 
Pornografia è un sistema bancario che deruba i pensionati e le vecchiette e che fa arricchire, in modo sempre più indecente e parassitario, i gruppi economici “blindati”. 
Pornografia è un sistema di informazione mercenario, pagato dai soliti padroni del vapore e tutto inteso a fare il lavaggio del cervello ai lettori e ai telespettatori, accumulando le menzogne più sfrontate e le fanfaronate più ridicole e penose. 
Pornografia è un sistema giudiziario che, dopo aver prosciolto o lasciato prescrivere i grandi reati finanziari e malavitosi, dopo aver lasciato impunite tutte le stragi degli anni di piombo, dopo aver concesso la libertà provvisoria o gli arresti domiciliari a imprenditori truffaldini e banchieri senza scrupoli, lascia senza verità, senza giustizia e senza risarcimento le famiglie truffate, i risparmiatori rovinati, i parenti delle vittime di delitti odiosi. 
Pornografia è che un calciatore guadagni in una settimana quello che un operaio guadagna in un anno; che una velina televisiva guadagni in un mese la stessa cifra; che lo Stato arricchisca con il ricavato dei monopoli sul fumo, quando poi dovrà prelevare dalle tasche dei contribuenti le spese ospedaliere per i malati di tumore ai polmoni; e che si ingrassi con i soldi delle giocate dei cittadini alla lotteria, invece di trasmettere la dignità del lavoro e il valore del risparmio. 
Pornografia è che una soubrette da quattro soldi venga eletta nei consigli regionali e che vada addirittura in Parlamento, che sieda sui banchi del Consiglio dei ministri, mentre migliaia di giovani laureati, seri, competenti, intelligenti e creativi, devono prendere la via dell’estero per trovare una sistemazione professionale decente e proporzionata alle loro capacità. 
Pornografia è che certi personaggi della politica, più e più volte inquisiti per reati vergognosi, ivi compresa l’associazione mafiosa, se ne vadano in giro con la scorta, quella scorta che viene negata a coraggiosi commercianti o piccoli imprenditori che si rifiutano di pagare il pizzo e che poi vengono feriti o ammazzati. 
Pornografia è che, mentre fedeli servitori dello Stato rischiano la vita tutti i giorni, oltre a rinunciare alla serenità familiare, per difendere la legalità, specialmente nelle regioni del nostro Paese che sono dominate dalla criminalità organizzata, vi siano magistrati, amministratori e uomini politici che con la mafia e la camorra fanno affari miliardari, che studiano il modo per far rilasciare i delinquenti arrestati, per farli assolvere con dei processi farsa, per ostacolare in ogni modo e perfino per concorrere all’eliminazione fisica dei loro colleghi che non accettano una simile logica, che non si lasciano corrompere, che non disonorano il ruolo che ricoprono. 
Pornografia è che si mandino a morire i nostri alpini sulle montagne dell’Afghanistan, per una guerra che non ha senso e che era già persa in partenza, mentre nel cuore di molte nostre città si vive in un clima da Far West, con rapine, sparatorie ed omicidi che insanguinano l’asfalto tutti i giorni, e che spesso travolgono i passanti, gli innocenti, i bambini. 
Pornografia è che vi siano medici che operano pazienti sani al solo scopo di arricchire, all’interno di un sistema sanitario in cui, sovente, mancano le lenzuola per i letti d’ospedale e, qualche volta, perfino le garze ed i cerotti per le medicazioni; e che tutti questi fatti vengano accettati con fatalistica rassegnazione, senza un moto di ribellione, senza un fremito di sacrosanta indignazione, senza un pronto intervento della giustizia amministrativa e di quella penale, che allontanino drasticamente gli incapaci e gli indegni e che li obblighino a restituire il maltolto e a risarcire, nei limiti del possibile, il malfatto. 
Pornografia è una strada cittadina che rimane dissestata per anni, o in cui i lavori in corso restano fermi per mesi e mesi, inspiegabilmente; in cui chilometri e chilometri di autostrada non procedono, restano in condizioni precarie, a dispetto dei continui incidenti automobilistici, delle code spossanti, dei disagi e dei pericoli per i viaggiatori: mentre il denaro pubblico serve quotidianamente ad asfaltare le strade che portano alle ville dei potenti, a dotarle di una eccellente illuminazione, a costruire costosissime opere “pubbliche” che verranno usufruite da quattro gatti ma che, in compenso, porteranno consistenti somme di denaro nelle tasche di pubblici amministratori e dei loro degni amici e parenti banchieri e imprenditori. 
Pornografia è lasciare in funzione fabbriche tossiche in prossimità dei centri abitati, in spregio alla salute dei cittadini; innalzare i livelli di tollerabilità alimentare, per consentire la vendita di prodotti che, all’estero, sarebbe sequestrati dalla guardia di finanza; consentire alle industrie farmaceutiche di continuare a vendere, fino ad esaurimento delle scorte, medicine di cui è stata accertata l’assoluta inefficacia o, peggio, la dannosità, al solo scopo di non compromettere i loro profitti. 
E pornografia è tollerare che ogni giorno, in Italia, si verifichino in media tre incidenti mortali sul lavoro, nonché decine di infortuni più o meno gravi: e questo per portare a casa circa mille euro al mese; mentre esperti di dubbia competenza sono pagati dallo Stato cifre favolose per delle perizie o delle relazioni di carattere ordinario, e mentre i baroni universitari monopolizzano le cattedre con i relativi emolumenti, per se stessi e per la propria numerosa figliolanza, ivi compresi generi e nuore. 
Insomma: l’Italia è diventata un Paese osceno; un Paese pornografico. 
Ci siamo avvelenati poco a poco, giorno dopo giorno, guardando la televisione spazzatura e ascoltando le sirene del consumismo più becero e cialtrone. 
Ma gli Italiani non sono tutti così. In fondo al loro animo ribolliscono di indignazione, ma non sanno a chi rivolgersi, non sanno come incanalarla… 
Ecco: è da qui che bisognerebbe incominciare, per uscire dall’emergenza morale in cui ci troviamo; per uscire dalla palude fangosa in cui siamo sprofondati, poco alla volta, insensibilmente ma inarrestabilmente. 
Perché una emergenza morale esiste ed è all’ordine del giorno: le storture della politica, della finanza, dell’economia, della pubblica informazione (o della sistematica disinformazione), della cultura (o, piuttosto, della pseudo cultura), partono tutte da qui. 
La nostra emergenza ha un nome, e non ne verremo fuori sino a quando non avremo il coraggio di farci una dura, spietata autocritica e di chiamare la palude, nella quale siamo colpevolmente sprofondati, con il suo vero ed unico nome: pornografia.

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