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venerdì 5 novembre 2010

Ragazzine morte e vive, il potere che stordisce e un paese alla finestra

di Alessandra Colla - 03/11/2010
Fonte: Alessandra Colla

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In questi ultimi giorni più d’una persona mi ha chiesto perché io non abbia scritto nulla sul caso di Sarah Scazzi e sull’affaire Ruby.
Si tratta, credo, di persone che non mi conoscono — non abbastanza, perlomeno. Ma rispondo ugualmente e volentieri.
Intanto, non posso fare a meno di notare che ci troviamo in presenza di due ragazzine mediaticamente sovraesposte: la differenza è che Sarah riempie le prime pagine perché è morta ammazzata (come?, da chi?, perché?); mentre Ruby è viva, vegeta, vispa e soprattutto ha capito perfettamente come funziona il meccanismo.
Più seriamente, che c’è da dire sull’assassinio di una ragazzina di 15 anni? Comunque siano andate le cose, credo avesse ragione Aristotele dicendo che la famiglia è il luogo del tragico (Poetica, I, 14). Lui si riferiva in particolare alla tragedia di Edipo, ma vale la folgorante intuizione di base — quella che fa dire a Gianni Vattimo: «[…] l’oikos, nella tradizione greca (domus in quella romana) non è, e io insisto su questo punto, il luogo della sicurezza. L’oikos è innanzitutto il luogo della tragedia. Ricordo che una delle condizioni del tragico elaborate da Aristotele è proprio quella domestica. I rapporti sono tragici perché appartengono alla famiglia; è nel seno della famiglia che hanno luogo l’incesto, il parricidio e il matricidio. Al di fuori di questo quadro eco-logico o eco-tragico, la tragedia non è possibile» (in Filosofìa ‘89, a cura di G. Vattimo, Laterza 1990, p. 200). Che avrei, io, da aggiungere di più o di meglio?
Diverso, invece, è il caso Ruby. Non me ne occupo perché, non votando, nulla di ciò che agita il Palazzo mi interessa. Non appartenendo a, né facendo il tifo per, questo o quello schieramento; non rischiando di veder compromesse posizioni o prebende; non temendo ricatti o ritorsioni in caso di sconfitta/vittoria dell’uno o dell’altro — non soggiacendo dunque a nessuna di queste miserie contemporanee, mi permetto il lusso raffinatissimo di (ri)tenermene a distanza. Noto soltanto che un personaggio pubblico e di potere dovrebbe mostrarsi un po’ più accorto nella scelta delle sue compagnie, o quantomeno nella condotta da tenere — se arrestano me, per dire, in tasca non mi trovano di certo il numero privato del caposcorta di nessuno.
Ma il potere, se è vero che logora chi non ce l’ha, è vero pure che dà alla testa e crea dipendenza più di qualsiasi miscuglio chimico; e se non è sempre letale è quasi sempre dannoso: tutti possono superare le avversità, ma per vedere di che pasta è davvero fatto un uomo basta dargli un briciolo di potere e osservare come si comporta (o come va a finire). Mi chiedo solo per quanto tempo ancora si starà qui alla finestra.

1 commento:

lambertibocconi ha detto...

Ciao Stefano! Molto d'accordo. Ne approfitto per comunicarti che leggo il tuo blog. A prima o poi.

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