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sabato 4 settembre 2010

Un cavallo di Troia nel centrodestra

Delle magagne del centrodestra potremmo benissimo fregarcene ma non si può dimenticare un passato pulito pieno di passione politica che è costato lacrime e sangue a centinaia di migliaia di uomini e donne e ora calpestato da una figura così squallida come l'attuale Fini Gianfranco. Speriamo nella sua fine politica.

Tirerà la corda ma non la spezzerà. Resterà in casa, ma farà il cavallo di Troia, senza offesa per nessuno. Non fonderà il partito farfalla di cui si parlava ma il partito-tarma che corrode la mobilia dall’interno. Dicono che parlerà chiaro e forte, e sul tono e il timbro di voce non c’è dubbio che sarà così: è sui contenuti che sarà chiara e forte la sua ambiguità, vorrà tenere il piede in due staffe. Non fonderà ma annuncerà, non deciderà ma minaccerà. Che statista, ma che bravo, diranno i giornali che faranno la ola ad ogni antiberlusconata.
L'estate finissima volge alla fine e vorrei tentare un bilancio dell'impresa alla vigilia della sua riapparizione terrestre a Mirabello. Qual è in estrema sintesi il suo attuale fatturato politico? Gode di un potere e di buona stampa perché può azzoppare il governo Berlusconi. Ha un potere in negativo.
In origine Fini aveva un partito, il terzo per numero di voti, pari al 12-15 per cento. Era il leader più piazzato nel centrodestra per la successione a Berlusconi e questa popolarità, in una formazione populista e presidenzialista, conta assai. Essendosi esposto poco a governare, a fare, a esplorare, preferendo piuttosto parlare, seguire e lasciar fare, Fini aveva ancora una sua verginità di immagine e di prospettiva come leader. Infine aveva avuto un trattamento di favore da media e magistrati perché appena il suo nome spuntava in qualche inchiesta giudiziaria, a Perugia o a Roma, su affari, sanità, assicurazioni e altri campi, toccando i suoi famigliari e il suo entourage, finiva tutto in un beato nulla di fatto e la sua integrità restava inviolata. Insomma aveva un patrimonio buono da spendere. Ma poi lo prese la second life, ovvero la fregola di cambiar vita, privata e pubblica; il suo partito lo infastidiva, i suoi colonnelli gli stavano sugli zebedei, i suoi alleati pure e sopra tutti non sopportava Berlusconi. Quando devi a qualcuno larga parte del tuo successo hai due molle: una è la gratitudine, l’altra è la voglia ingrata di liberartene, perché lui ti ricorda i tuoi limiti, i tuoi debiti, le tue origini. Insomma, Fini partì per la sua impresa, munito di tutor. La prima, brutta avvisaglia, fu quando pensò di far nascere la fondazione Fini che avrebbe dovuto incamerare i beni del vecchio Msi; ma l'idea, denunciata in tempo e sgradita a molti ex, fu resa impraticabile e si ripiegò su Fare Futuro. Però la marcia fu innestata e vi risparmio le tappe seguenti, fin troppo note, per arrivare agli esiti finali.
Il risultato è che Fini guidava un partito grande e ora capeggia un mezzo partito senza identità e collocazione, che è la terza parte di Alleanza nazionale o forse meno nei suffragi e che probabilmente regredirà a corrente o setta. Era il leader più popolare nel centrodestra e ora lo è tra i suoi avversari, che lo usano ma non lo voteranno mai. Era il successore naturale di Berlusconi ed ora è percepito dal suo stesso elettorato come il suo nemico interno, il cavallo di Troia. Era gradito ai moderati, ai cattolici, ai conservatori, ai postfascisti ed ora è la bestia nera di tutti questi. Ed appare dopo le storie emerse sul filo di Montecarlo come un politicante come gli altri, che sistema parenti e usa la Rai per appalti famigliari, che usa o lascia usare in modo indecente il patrimonio di un partito accumulato attraverso donazioni di idealisti e sacrifici, anche umani, dei suoi militanti. In più appare come il coperchio istituzionale di una famiglia fino a ieri nullatenente e ora ricca e possidente, accaparrandosi prima la fortuna di Gaucci nei modi ben noti; poi usando il potere di Fini per acquisire contratti milionari, auto lussuose, privilegi vari. Chi dice che questo è becero linciaggio, dimentica che per molto meno fu linciato e si dimise Scajola. Molti di quelli che oggi si sentono feriti dalle inchieste su casa Fini, ieri ululavano di piacere per le inchieste su casa Berlusconi. Ci sono intimità inviolabili e altre esposte al pubblico ludibrio. La privacy lampeggia a intermittenza...
Ma sul piano politico che prospettive ha ora Fini? Diventare il vice di Casini in un'alleanza terzista? Entrare nel mitico cartello degli Stati generali dell’antiberlusconismo, da Vendola a lui? Fondare un partitino o una corrente di futuristi passatisti, che nel nome di Marinetti elogiano la velocità e la macchina e poi nel nome del sociologo comunista Franco Cassano, evocato da Granata a base dei finiani, elogiano la lentezza e la natura col pensiero meridiano? Ma per Fini l’unico barese Cassano che conosce è il calciatore. E se Fini è Marinetti, allora Berlusconi è D'Annunzio e Bossi è Montale...
Non so cosa verrà fuori dagli accertamenti sul patrimonio immobiliare del vecchio Msi, dalle società fondate ai Caraibi e dal rientro in patria del giovane Tulliani. Ma so che si può tracciare un bilancio politico. Fini non è un mostro e non è un losco affarista; però si è confermato un modesto politicante, dall'ottima loquela comiziale e televisiva, che si fa pilotare ed è disposto a vendersi chiunque e ogni idea, se serve alla sua carriera.
Un politicante non diverso da quelli della prima Repubblica, che abusavano del loro potere; per anni ha campato sull’idealismo nostalgico di un partito emarginato, poi ha goduto i vantaggi e le comodità di un'alleanza che lo ha portato al governo e nelle istituzioni; e infine, quando doveva dimostrare la sua effettiva statura, si è mostrato un inaffidabile opportunista di corte vedute e mosso solo da fini personali, che non sa cogliere nemmeno le grandi opportunità al momento giusto. Qualunque cosa accadrà adesso, perfino la ricomposizione o addirittura la reintegrazione del figliol prodigo nella Casa, abbiamo misurato definitivamente Fini: è un pezzo di meringa, e si scioglie in bocca.

Marcello Veneziani

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