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venerdì 6 agosto 2010

Io non scordo




IO NON SCORDO
Doveroso ricordo dell’Olocausto atomico di Hiroshima e Nagasaki

Parte con il doveroso ricordo dell'Olocausto atomico di Hiroshima Nagasaki la campagna mediatica dell'Associazione l'Uomo Libero titolata "IO NON SCORDO".
Detta campagna è volta a ri-sensibilizzare l'opinione pubblica tutta e le istituzioni a non dimenticare importanti e tragici eventi della nostra Storia che, per ragioni di opportunismo, sono stati contorti e ridimensionati rispetto alla Verità dei fatti.
Non a caso si parte con le bombe atomiche sulle città giapponesi, in un momento in cui il timore di una nuova proliferazione nucleare disegna scenari inequivocabili di Male Assoluto.
La campagna proseguirà con il ricordo di eventi che saranno resi noti di volta in volta. •
 Arco, 5 agosto 2010


Il mattino del 6 agosto 1945, l'Aeronautica militare statunitense lanciò la boma atomica
"little boy" sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell'ordigno
“Fat man” su Nagazaki. Per la gravità dei danni diretti ed indiretti causati dagli ordigni,
e per il fatto che si è trattato del primo e unico utilizzo in guerra di tali armi, i due
attacchi atomici vengono considerati fra gli episodi bellici più significativi dell'intera storia
dell'umanità. La prima bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti provocò 140 .000 morti a
Hiroshima, la seconda, a Nagasaki, altre 70 .000 vittime. La bomba atomica emise grandi
quantità di radiazioni che portarono gravi danni. Penetrando profondamente nel corpo
umano, queste danneggiavano cellule, alterarono il sangue, diminuirono la funzione di
generazione del sangue, danneggiarono i polmoni, fegato e altri organi. I danni da radiazioni
variavano considerabilmente a seconda della lontananza dall'ipocentro o dalla presenza
di alti corpi di riparo. Le radiazioni iniziali emesse entro il primo minuto furono letali
fino alla distanza di un chilometro. La maggior parte delle persone in quell'area morirono
in pochi giorni. Molti di coloro che sembravano rimasti indenni ebbero conseguenze di
vario genere e morirono pochi giorni o mesi dopo. L'esplosione lasciò radiazione residua
nel suolo per un lungo periodo. Di conseguenza, molti di coloro che entrarono in città
dopo l'esplosione alla ricerca di parenti o colleghi di lavoro, nonché coloro che arrivarono
per aiutare i superstiti, ebbero sintomi simili a quelli con esposizione diretta alle radiazioni,
molti di questi morirono. Sintomi da radiazioni, onda d'urto e calore apparivano inesorabilmente
subito dopo l'esplosione, questi comprendevano, oltre alle lesioni esterne,
vomito e perdita dell'appetito, insonnia, perdita dei capelli, vomito di sangue, sangue nelle urine, febbre, disordini mestruali, riduzione di
leucociti e eritrociti. Pochi minuti dopo si mise a piovere grosse gocce di pioggia contenevano fango e polvere tirata su durante l'esplosione
nonché fuliggine provocata dalle fiamme. La "pioggia nera" era inoltre piena di radioattività che causò la morte dei pesci nei fiumi. Gli effetti delle radiazioni andavano ben oltre ciò che poteva essere visto a occhio nudo subito dopo l'esplosione della bomba atomica. Conseguenze si susseguirono per decadi a venire e continuano a persistere ancora al giorno d'oggi.
Racconto ti un testimone oculare del bombardamenti di Hiroshima: «Ero nella mia stanza alle 8.15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un'esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c'era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un'enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l'effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l'un l'altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile».
Shoji Sawada, professore di fisica all’Università di Nagoya: «Avevo tredici anni, quel giorno stavo male e dormivo nel letto di casa mia, che
stava a 1400 metri di distanza dal ground zero. La bomba era esplosa in aria, 600 metri sopra quel punto. Proprio perché non stavo fuori casa
non vidi il flash di luce né fui investito dall’ondata terribile di calore o dall’onda d’urto dell’esplosione. Successe tutto in un istante e quando
ripresi i sensi mi ritrovai seppellito sotto le macerie della mia casa. Lottai per liberarmi e ad alzarmi, mi resi conto che fuori era come notte: la
luce del sole era bloccata dall’aria marrone scuro, che poi divenne gialla, poi bianca e finalmente trasparente. (..) Subito dopo sentii mia madre
che mi chiamava da sotto le macerie. La sua voce mi arrivava appena e mi disse che aveva le gambe bloccate dalle travi crollate. Cercai di
liberarla con tutta la forza che avevo, ma era un’impresa più grande di me: non ce la facevo. (..) Le fiamme si stavano diffondendo ovunque e
quando dissi a mia madre che il fuoco stava arrivando, mi disse “Tu devi salvarti, devi studiare sodo e diventare una bella persona”. Il fuoco
era sempre più minaccioso, lei non poteva vederlo, ma mi disse. “Ora devi andartene! Non dimenticarmi mai. Vattene subito!” Scappai chiedendole
perdono. Quella fu l’ultima conversazione con mia madre. (..) Scappai verso il fiume, nuotai e poi mi misi seduto su un punto del
fiume in secca. Guardavo la città che bruciava: il pensiero di mia madre in mezzo alle fiamme mi spezzava il cuore e mi chiedevo in continuazione
se non potesse esserci un modo per salvarla. Ancora oggi ci penso e riprovo quello stato d’animo, quando penso a lei».

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